Forza Italia al 4%: i motivi del crollo
Oltre alle beghe in Trentino Alto Adige ha pesato l'inadeguata gestione del partito. Impossibile (e sbagliato) contare sempre e solo su Silvio Berlusconi
Nemmeno qui all’Inferno ce la sentiamo di ironizzare sul 4% ottenuto da Forza Italia domenica in Trentino Alto Adige: Lucifero in persona si sentirebbe mosso a pietà. D’altra parte, provare a difendere l’indifendibile è un esercizio deprimente e – in questo caso – superiore alla nostra fantasia.
E quindi non rimane che mettere alcuni punti fermi, partendo da una premessa: il risultato di Forza Italia è decisamente negativo, così negativo da non essere realistico. È come il 7-1 inflitto dalla Germania al Brasile ai Mondiali di calcio: indica una giornata sbagliata, e una formazione sbagliata, non i reali valori delle forze in campo.
Detto questo, per obbiettività bisogna aggiungere un paio di considerazioni.
A differenza del Brasile in quella sciagurata semifinale, Forza Italia non giocava affatto in casa. Alle ultime elezioni politiche, quando a livello nazionale l’allora Popolo della Libertà prese il 21,5%, in Trentino Alto Adige ottenne il 10,9%, esattamente la metà.
Questo cambia un po’ la prospettiva, anche perché per fare un confronto omogeneo questa volta occorre considerare anche il risultato delle liste civiche di centro-destra, non presenti alle politiche, che hanno ottenuto a Trento quasi l’11% e a Bolzano il 6,3% (la gran parte di questi voti, soprattutto a Bolzano, proviene da Forza Italia). Vi è inoltre l’1,7% a Trento e il 2,1% a Bolzano di Fratelli d’Italia, che del Popolo della Libertà faceva parte. Se sommiamo queste percentuali al 4% di Forza Italia, il risultato non è molto diverso da quello delle elezioni politiche.
Bisogna anche aggiungere, per completare le attenuanti, che in elezioni amministrative votare per chi non ha alcuna possibilità di vittoria motiva poco gli elettori, mentre in un’elezione politica generale come quella del 2013 c’era la concreta speranza di favorire la vittoria nazionale di Berlusconi, allora candidato premier.
Comunque la si metta, però, sempre di attenuanti si tratta. In nessun caso il 4% è un risultato accettabile o giustificabile per una forza politica che si propone come forza di governo del Paese.
Per paradosso, proprio i risultati del Trentino Alto Adige dimostrano che il PD di Renzi non è affatto imbattibile: nonostante l’impegno diretto del Presidente del Consiglio, il PD cala sia a Trento che a Bolzano, in percentuale e in cifra assoluta, rispetto alle precedenti amministrative, che risalgono a cinque anni fa, molto prima dell’era Renzi. Il fatto che il candidato del PD e della Sudtiroler Volskpartei a Bolzano sia costretto al ballottaggio è una notizia quasi clamorosa. Insomma, lo sperato effetto-Renzi, almeno in quella regione, non si vede affatto.
Ma allora perché questo semi-disastro di Forza Italia? I motivi sono diversi. Alcuni assolutamente locali: una elevatissima litigiosità interna, fra Trento e Bolzano, resa più incandescente dalla presenza di una bionda signora dal nome e dall'aspetto soave: Micaela Biancofiore. Ma chi pensasse, non conoscendola, a una tenera immagine floreale, o addirittura alla vecchia, paciosa, accomodante DC (il cui inno si intitolava appunto “o biancofiore”) si sbaglia di grosso. Alcuni l’adorano, altri la detestano cordialmente: quello che è certo è che Micaela determina, ogni volta che interviene, un terremoto che scuote dalle fondamenta il centro-destra locale.
Ma guai se Forza Italia commettesse l’errore di ridurre la lettura del risultato a queste beghe locali. Anche perché, se beghe locali sono, è nazionale il partito che avrebbe dovuto occuparsene. Forza Italia oggi è in una situazione paradossale: mentre si aspetta la nascita del Partito Repubblicano, nessuno si occupa più della gestione del partito, oltre tutto paralizzata dalla mancanza di fondi.
Come sarà il Partito Repubblicano di Berlusconi
L’uomo macchina, Denis Verdini, è più fuori che dentro dopo la fine del Patto del Nazareno, del cui fallimento è a torto o a ragione imputato. I pochi che lavorano davvero sono totalmente assorbiti dai rispettivi compiti (e come ricompensa sono circondati da sarcasmi e da critiche in qualità di "cerchio magico"): quello più ingrato e coraggioso di tutti, far quadrare i conti, tocca a Maria Rosaria Rossi, mentre Deborah Bergamini regge brillantemente la sfida su un terreno ostile come quello della Comunicazione, Giovanni Toti sta affrontando la candidatura in Liguria, con risultati finora sorprendentemente positivi (che gli fanno sperare di vincere in una regione storicamente rossa) mentre Gregorio Fontana gestisce un tesseramento che contro ogni aspettativa funziona e porta molti aderenti e qualche risorsa e Marcello Fiori mantiene viva l’attività dei Club e lavora a riorganizzare le fila della presenza azzurra negli Enti Locali.
Per il resto, in Piazza in Lucina, il deserto.
In queste condizioni, solo Berlusconi poteva tentare il miracolo. Chissà se gli sarebbe riuscito anche questa volta, se si fosse impegnato direttamente nella regione alpina? Non lo sapremo mai. Ma una cosa la sappiamo ben chiara: un partito che vuole avere un futuro non può contare ogni volta su un taumaturgo, anche perché prima o poi il taumaturgo potrebbe stancarsi davvero.