Franco Grillini: "La sentenza sulle adozioni gay è una rivoluzione"
Parla il leader del movimento gay dopo la decisione del tribunale di Firenze di riconoscere a una coppia gay l'adozione avvenuta all'estero
È soddisfatto Franco Grillini, voce storica del movimento omosessuale italiano ed ex parlamentare Ds. La sentenza con cui il Tribunale dei minori di Firenze ha di fatto ieri riconosciuto l'adozione da parte di una coppia gay italiana che risiedeva da anni a Londra è un altro passo verso il riconoscimento dei pieni diritti delle coppie omosessuali.
«La sentenza del tribunale è di per sé rivoluzionaria, perché per la prima volta in Italia viene riconosciuta l’adozione omosessuale, ancorché avvenuta all'estero, non solo la stepchild adoption», sulla quale - aggiunge - «esisteva una giurisprudenza già piuttosto consolidata».
Una sentenza rivoluzionaria, non esagera?
No, perché la duplice sentenza del tribunale dei minori di Firenze - che non riguarda solo la coppia toscana che risiede in Inghilterra, ma anche un'altra coppia che vive a New York - è scritta così bene, e fondata su un'attenta ricostruzione dell'affidabilità delle due famiglie adottanti, che difficilmente in futuro qualche giudice potrà far finta che non sia avvenuta. Siamo a un punto di svolta, dopo la sentenza della Cassazione che ha riconosciuto erga omnes la stepchild adoption. Naturalmente, un conto è la giurisprudenza, un altro conto sono le leggi. E su questo aspetto siamo ancora in attesa che il parlamento riscriva finalmente la norma sulle adozioni del 1983, arenatasi proprio sullo scoglio delle adozioni gay.
Che cosa cambia dopo questa sentenza?
È una novità che, dal punto di vista giurisprudenziale, recepisce semplicemente il principio dell'omogeneizzazione della legislazione europea sulle adozioni. Un principio che nel 2015 aveva già richiamato la Corte europea di Strasburgo quando chiese all'Italia di eliminare la discriminazione basata sull'orientamento sessuale in materia di adozioni. Il punto vero, rivoluzionario, di questa sentenza sta nel suo contenuto sociale. Siamo a un altro passaggio chiave che riconosce il diritto alla famiglia anche per le coppie gay.
Come storico leader del movimento gay che cosa vede se si guarda indietro?
Le racconto un episodio che risale, credo, al 1991, a Bologna, la mia città. Durante un'assemblea sull'edilizia popolare, l'assessore Carlo Sassi, un mio caro amico, disse che avrebbe esteso il diritto ad avere la casa popolare anche alle coppie conviventi. Anche ai gay? chiese qualcuno. Lui rispose di sì e ricordo che scoppio il finimondo. I comunisti bolognesi erano i più aperti di tutta l'Italia. Non credo che quel «sì» oggi susciterebbe tanto scandalo. Sta cambiando davvero tutto. È solo questione di tempo e anche l'Italia, nonostante il Vaticano, dovrà adeguarsi alla normativa Ue.
Che cosa risponde a chi dice che un bambino ha bisogno di una mamma e di un papà?
A questo femminismo reazionaio risponderei che già oggi in Italia ci sono un milione e duecento mila bambini in Italia che sono allevati da un solo genitore. Che cosa vuol dire senza madre, quando ci sono migliaia di bambini spesso già grandi che vivono negli istituti e che, come accade da decenni a New York, sono solo i gay a voler adottare?
Perché solo i gay?
È il famoso caso dei cosiddetti bambini spazzatura a New York, di cui si è parlato anche in Italia: spazzatura perché gli wasp alla Trump vogliono adottare solo i bambini piccolissimi e di pelle bianca, mentre negli istituti newyorchesi ci sono migliaia di bambini poveri, anche sieropositivi, latinos o neri, che nessuno vuole adottare e che finiscono a crescere lì. Lo sa chi sono gli unici disponibili ad adottarli, da anni, anche quando sono già grandi, anche se sono malati? Le coppie gay, che spesso hanno un forte istinto per l'accudimento, per la cura. Per tornare all'Italia ci sono 50 mila bambini che stanno negli istituti e che spesso, essendo già grandi, nessuno vuole adottare. Di cosa stanno parlando esattamente quelli che dicono no?
Quanto al Vaticano...
Le racconto un altro episodio per capire l'assurdità del punto di vista, ritornando al diritto alle case popolari. Quando scoppiò la polemica per quello che disse l'assessore di Bologna, chiesi al cardinale Oddi, che era un signore molto ciarliero, se riteneva che i gay non avessero diritto alle case popolari. Lui mi rispose: certo che no, hanno anche loro diritto alla casa, ma non insieme, solo uno per uno. Io risposi: Affare fatto! Due case sono meglio di una, anche per il benessere della coppia. Capisce l'assurdità? Alla Chiesa interessa solo quello: che non sia riconosciuta formalmente la coppia gay.
Mi dica una cosa: lei è pronto a sposarsi?
Perché no? Se il mio compagno vuole. Per certe cose, legge o meno, bisogna essere in due.
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