Garissa, Kenya, una chiesa sul luogo del massacro
Riapre l'università, dopo la strage di 148 giovani compiuta dai terroristi islamici. Ma sorge anche una chiesa grazie alla Fondazione Santina.
Primo giorno di lezione nell'Università di Garissa, in Kenya. Sono solo una sessantina di studenti, circondati da decine di agenti che controllano il campus. Appena un anno fa erano un migliaio. Poi il 2 aprile scorso il massacro: gli Shabab somali penetrano nel campus alle 5.30 del mattino, irrompono nei dormitori e massacrano 148 ragazzi e ragazze. La loro colpa era quella di voler studiare e di essere cristiani. Inaccettabile per gli integralisti islamici della vicina Somalia.
Ora la vita nel campus riprende, con fatica, tra gli incubi e i segni ancora evidenti del passato. Non si vuole dimenticare ma si cerca di ricominciare. C'è anche un altro segno: la costruzione di una chiesa, realizzata grazie alla Fondazione Santina Zucchinelli (www.fondazionesantina.org), intitolata alla mamma di un inesauribile sacerdote bergamasco, monsignor Luigi Ginami, che nel settembre scorso è stato a Garissa per mettere le basi di questo progetto. Il pezzo di terra c'è già, non lontano dal campus, e un coraggioso missionario guatemalteco che vive laggiù da anni, padre Ernesto è già al lavoro.
Il racconto dei testimoni di quell'eccidio, raccolto da don Ginami, è sconvolgente: «I terroristi sono entrati alle cinque del mattino dall'ingresso principale. Gli studenti che si dichiaravano cristiani sono statu uccisi immediatamente. Poi è stata la volta della sala di preghiera». Alcuni si sono nascosti, come la giovane Lydia che «verso le otto del mattino chiama la mamma dicendo che si trova nascosta in una camera del dormitorio». Passano sette, drammatiche ore, ma «alle 13.30 il papà di Lidia chiama la figlia e la sente gridare che sta per essere uccisa. Prima che possa finire uno dei terroristi le strappa di mano il telefono e dice al padre che quella sarà l'ultima volta che parla con la figlia .. poi lo sparo».
Il racconto di questa visita sui luoghi del martirio, anzi di questo «pellegrinaggio» , come lo chiama don Ginami, è contenuto in un volume intitolato «Opere di Luce» (edizioni Marna), uscito nei giorni scorsi e scritto dal sacerdote insieme con la giornalista di Rainews 24, Vania De Luca.
Ora l'università risorge e accanto a essa ci sarà un segno di pace e di dialogo, una chiesa con una scuola per bambini. Commenta monsignor Guillermo Karcher, uno dei più stretti collaboratori del pontefice: «La scommessa di costruire un luogo di culto cristiano in una terra bagnata dal sangue di 148 giovani martiri uccisi per il semplice fatto di essere cristiani costituisce un seme di speranza, un faro di luce nelle tenebre della disperazione e dello sconforto». Un messaggio di riconciliazione nell'anno del Giubileo della misericordia.
Ma le «Opere di Luce», raccontante nel libro e realizzate dalla Fondazione Santina e dall'Associazione Amici di Santina Zucchinelli coprono tutto il mondo: dall'oratorio parrocchiale nella striscia di Gaza alla cucina in Brasile, dalla chiesa in Perù all'orfanotrofio in Vietnam. Incluso un programma di adozione a distanza. E' la testimonianza di una Chiesa che, come chiede il Papa, ha scelto le periferie per incontrare Cristo nei più poveri e sofferenti.