Genova alluvionata: 3 cose da fare subito
L'Ordine regionale dei geologi della Liguria: spostare le abitazioni o almeno ridurre le acque in arrivo e fare un nuova legge di difesa del suolo
In Liguria il 98% dei comuni ha parte del territorio a rischio idrogeologico per un totale di circa 100mila persone che vivono in "zone rosse''. Sono i dati elaborati da Coldiretti dopo l'ondata di maltempo che ha colpito per la seconda volta in tre anni, la Liguria e Genova.
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Ma il pericolo frane e smottamenti non riguarda solo la Regione Liguria ma l'intera penisola dove ci sono ben 6633 comuni con aree a rischio idrogeologico (l'82% del totale) e con oltre 5 milioni di cittadini che vivono o lavorano in aree considerate ''pericolose per frane ed alluvioni''.
''A questa situazione - denuncia la Coldiretti - non è estraneo il fatto che un modello di sviluppo sbagliato ha tagliato del 15% le campagne e fatto perdere, negli ultimi 20 anni, 2,15 milioni di ettari di terra coltivata determinante nel mitigare il rischio idrogeologico”.
“Ogni giorno - conclude la Coldiretti - viene sottratta terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari) che vengono abbandonati o occupati dal cemento che non riesce ad assorbire la violenta caduta dell'acqua''
Abbiamo intervistato Carlo Malgagrotto , Presidente dell’Ordine Regionale dei Geologi della Liguria, chiedendo quali sono le tre cose da fare urgentemente per salvare Genova e la riviera ligure.
Scelta coraggiosa
Unica soluzione per avere il rischio zero è spostare fisicamente i fabbricati in area non esondabile, lasciando finalmente liberi i torrenti e fiumi. "Sembra una “mission impossible” ma l'uomo ne sa fare anche di più difficili. Inoltre in tutta Europa si demoliscono e ricostruiscono interi quartieri, possiamo farlo anche qui" dice Malagrotto.
Scelta di mitigazione del rischio
Se non si interviene sui fabbricati, allora bisogna necessariamente ridurre il quantitativo di acque che arriva. "Bisogna partire dalle colline, cercando di trattenere l'acqua per ritardarne l'arrivo e diluire nel tempo la piena riducendo l'altezza dell'acqua, non essendoci lo spazio per grandi aree di laminazione bisogna necessariamente pensare a tanti piccoli interventi, a partire da vasche di raccolta delle acque dei tetti, alla verifica e sistemazione delle strade, all'incentivazione della manutenzione delle aree incolte, al vero presidio idrogeologico del territorio, fatto da geologi e non da vigili urbani come adesso (con tutto il rispetto per i vigili urbani che però fanno un altro lavoro), fondamentale è sedersi insieme a un tavolo, politici e tecnici e trovare le soluzioni senza compromessi, non si può più aspettare. Questi tavoli tecnici possono evidenziare anche altre soluzioni, qui ho riportato “a caldo” le prime idee", illustra il presidente.
Scelta legislativa
Serve senza dubbio una nuova legge di difesa del suolo, "che abbia la capacità anche di rendere operative subito le proprie disposizioni, la Commissione Difesa del Suolo del Consiglio Nazionale dei Geologi e degli Ordini Regionali dei Geologi, che ho l'onore e onere di coordinare, sta redigendo una proposta di legge in tal senso, scritta e pensata da chi il territorio lo conosce davvero, nel suo intimo", conclude Malagrotto.