Morto George Foreman. Addio al “bad boy” leggenda del pugilato
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Morto George Foreman. Addio al “bad boy” leggenda del pugilato

Dalla medaglia d’oro olimpica al leggendario match “Rumble in the Jungle” contro Muhammad Ali, con la morte di George Foreman si chiude l’epoca d’oro della boxe.

“Diventeremo vecchi e saremo amici”. Chissà se sono diventati davvero amici Mohammed Alì e George Foreman, ma la frase pronunciata dal bad boy cresciuto a Marshall, nel Texas e scomparso poche ore fa resta iconica nel mondo del pugilato perché richiama alla mente il match di Kinshasa del 30 ottobre 1974. Forse l’incontro di pugilato al mondo di cui si è parlato di più. L’ottavo round di quell’incontro resta nella leggenda: il Rumble in the jungle. Foreman era il campione in carica nei pesi massimi (imbattuto in 40 incontri con 37 ko). Alì cercava di riconquistare il titolo a 32 anni dopo che gli era stato sottratto nel 1967 per aver rifiutato di combattere la guerra in Vietnam. Foreman era il favorito e Alì scelse una tattica di attesa per sette round, lasciando che il texano si stancasse. Poi si scatenò all’ottava ripresa approfittando della stanchezza del rivale, gli sferrò una serie di colpi violentissimi e lo mise al tappeto mentre sessantamila tifosi in delirio cantavano: “Alì bomaye!” (“Alì uccidilo”).

Su quell’incontro ci furono mille polemiche anche perché l’organizzatore, il mitico Don King, si avvalse di un finanziamento di dieci milioni di dollari del dittatore dello Zaire Mobutu Sese Seko. Foreman disse basta con la boxe tre anni dopo la notte di Kinshasa, diventò un ministro della religione, ma non seppe resistere alla nostalgia del ring e tornò sul quadrato a 45 anni diventando il più anziano campione del mondo dei pesi massimi grazie alla vittoria su Michael Moorer.

Era considerato un bad boy, ma ha sempre gestito con intelligenza il suo patrimonio. L’unico vero vizio erano le auto, come lui stesso ammise: “Ogni volta che vedo un’auto dalla finestra mi viene voglia di comprarla e poi mi succede la stessa cosa con l’auto successiva, alla fine ho dovuto costruire un garage enorme”. Le curava in maniera maniacale, tanto che all’interno del suo garage aveva strumentazioni degne di un team di Formula 1. E nonostante la passione per i motori non è mai stato protagonista di imprese folli. “La polizia mi ha fermato una sola volta” ha raccontato Foreman. “Ma solo perché guidavo una Lamborghini e non avevano mai visto come era fatta”. Partendo da una Volkswagen Maggiolino Cabriolet collezionò Chevrolet, Bmw, Porsche e una Ferrari Testarossa che venne venduta a oltre un milione e mezzo di dollari.

La sua infanzia, in un quartiere difficile di Marshall, era vissuta soprattutto in palestra dove Foreman aveva subito messo in mostra la sua potenza: gli bastava un colpo per mandare ko gli avversari. Alle Olimpiadi di Città del Messico, a 19 anni, Foreman vince la medaglia d’oro nella categoria dei pesi massimi battendo in finale il russo Cepulis e alla premiazione gli mettono addosso due bandiere statunitensi. Sono i giorni della contestazione di Thommie Smith e John Carlos che sul podio della premiazione dei duecento metri fecero il famoso pugno chiuso. A Foreman la politica non interessa, vuole diventare campione del mondo e fare soldi. E ci riesce nel 1973, quattro anni dopo essere diventato professionista, battendo un altro mito del pugilato: Joe Frazier. Poi arrivò la sconfitta di Kinshasa, troppo bruciante per lui tanto da convincerlo a uscire dalla boxe. Diventa amico di Alì e quando nel 1979 si incrociano in una strada del Texas George decide di telefonargli: “Io e te siamo più vicini di quanto immagini. Dovresti chiamarmi almeno una volta al mese”. Fu Alì a registrare quella telefonata e a renderla pubblica in una intervista molti anni dopo.


Foreman ha avuto dodici figli, a molti dei quali ha dato un soprannome e nel 2019 ha perso la figlia Freda, anche lei pugile, trovata morta nella sua casa a Houston. Nella sua carriera ha affrontato un solo pugile italiano: successe nel 1988 quando Foreman era tornato sul ring dopo il primo ritiro e fu sfidato dal brindisino Rino Trane che fu sconfitto alla quinta ripresa al Cesar Palace di Las Vegas e si ritirò dopo quel match. Il suo benessere economico, oltre che alle ricche borse per i suoi incontri, è dovuto anche al successo di una bisteccheria elettrica chiamata George Foreman Grill venduta in centinaia di milioni di esemplari in tutto il mondo. Con lui, dopo Joe Frazier (scomparso nel 2011) e Mohammed Alì che ci ha lasciato nel 2016, se ne va l’ultimo grande protagonista di un’epoca irripetibile per la boxe.

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Mimmo Cugini