Airbus Germanwings: "Vi spiego perché si è trattato di suicidio del pilota"
Thomas Salme per 13 anni ha pilotato aerei (con un brevetto falso). Qui analizza tutte le ipotesi e arriva a una agghiacciante conclusione
Si è trattato di suicidio del pilota.
Come fai a essere certo?
Ascoltami, te lo spiego.
Thomas Salme non ha alcun dubbio: l’aereo della compagnia low cost Germanwings non è caduto in Francia per un malore del pilota o un atto terroristico, e neppure per un incidente. Per lui c’è dietro una volontà deliberata.
Thomas Salme non è un uomo qualsiasi. Svedese, 46 anni, nella sua vita ne ha viste tante, e ne ha fatte altrettante. Per 13 anni, dal 1997 al 2010, ha volato come pilota e comandante d’aereo per diverse compagnie europee, compresa una italiana, di fatto senza brevetto.
Come un autista di un autobus che guida senza patente, anzi peggio, con una patente fatta in casa. Thomas ha imparato da solo, di notte, davanti a un simulatore di volo. Non aveva i soldi per studiare, voleva fare il pilota e c’è riuscito. In tredici anni ha superato tutti i controlli e le visite mediche. Tra i colleghi veniva considerato uno dei più bravi, fra i pochi autorizzati ad atterrare in certi aeroporti a rischio.
Perché sei sicuro del suicidio?
L’aereo completa la salita, arriva a 38 mila piedi, quota di crociera, subito dopo uno dei piloti esce dalla cabina.
Fin qui tutto normale.
Sì, succede spesso che uno dei due piloti esca dalla cabina alla fine della salita.
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Poi il pilota rimasto fuori prova a rientrare. Come fa?
Ha un codice segreto, lo digita da fuori e dentro la cabina viene emesso un segnale.
Ipotizziamo che il pilota rimasto dentro abbia avuto un malore.
Se lui non alza un dito dopo il segnale acustico, dopo 30 secondi la porta della cabina si apre automaticamente.
Da sola?
Sì, ma normalmente il pilota dentro schiaccia il pulsante e apre la porta.
Quindi se sta bene schiaccia il pulsante e apre, se sta male, la porta si apre da sola. E se non vuole che l’altro rientri nella cabina che fa?
Quando sente il segnale acustico schiaccia l’altro pulsante accanto, dove c’è scritto "blocca".
Mettiamo in fila le ipotesi: quello fuori ha dimenticato il codice.
Bussa, quello dentro gli apre.
Il pilota dentro si è sentito male.
La porta rimane chiusa ma si blocca solo con un comando volontario del pilota.
Per quanto si tratta di una coincidenza ai limiti dell’assurdo, può essere andata così.
No.
Perché?
Perché anche gli altri membri dell’equipaggio conoscono il codice.
Pure gli assistenti di volo?
Sì. Ma in ogni caso, anche in questa ipotesi assurda, non ci sta che l’aeroplano perda subito quota. Ricorda che sta procedendo con il pilota automatico in crociera e condizioni climatiche buone.
Sei sicuro del fatto del codice?
Certo.
Quando hai fatto il tuo ultimo volo?
Febbraio 2010.
Nove anni dopo l’11 settembre.
Sì, quindi con le nuove procedure.
Fra l'altro, il tuo ultimo volo si è concluso ad Amsterdam, con la polizia che ti ha prelevato dall’aereo e ti ha portato in carcere.
Acqua passata.
Ma è vero che i poliziotti venivano a chiederti gli autografi?
Sì, il capo della polizia olandese, prima di interrogarmi, mi disse: "Sei un grande".
Com’è finita al processo?
Sono stato condannato a 2 mila euro di multa.
Così poco? Stai scherzando?
Non è mai successo nulla, non ho mai fatto nulla di male, ero bravo. E non avevo falsificato.
Come no? Avevi un brevetto fasullo.
No, creato da me, avevo fatto qualcosa che non esisteva, non avevo falsificato.
Ora che fai?
Fotografo e filmaker.
E della tua storia cosa ne è stato?
È stato scritto un libro in Svezia, un altro in inglese scritto da Tom Watt, biografo di David Beckham.
Torniamo alle nuove procedure post 11 settembre. Cosa prevedono?
Porte blindate e apertura con codice, in tutti gli aeroplani.
Codice che conoscono pure gli assistenti di volo. Perché?
Metti che i due piloti dentro si sentano male, qualcuno deve poter entrare e prendere in mano l’aereo.
Va bene, tolto il malore, rimane la possibilità dell’atto terroristico.
Inverosimile.
Perché?
L’unica possibilità è che il terrorista fosse il pilota rimasto dentro. Altra possibilità non esiste.
Come mai?
Perché la porta è sempre rimasta chiusa. E poi perché l’aeroplano comincia ad andare giù subito dopo che il secondo pilota è uscito dalla cabina.
Come fai a saperlo?
Ho visto il grafico del volo pubblicato su Internet.
E chi te lo dice che qualcuno non sia entrato?
Non c’era nessun messaggio, nulla di nulla, né da parte del pilota rimasto dentro né da parte del probabile attentatore.
Quindi?
Suicidio.
Il pilota che vuole farla finita?
Sì, non sarebbe la prima volta.
È già successo in passato?
Sì, quattro volte.
Quando ?
Il 31 ottobre 1999, per esempio, da New York al Cairo, volo 990 della compagnia Egypt Air. L’inchiesta della National Transportation Safety Board concluse che la causa probabile dell’incidente era dovuto all’intervento sul comando effettuato dal primo ufficiale per un motivo non ufficialmente riconosciuto: nel rapporto c’è scritto che l’aereo è stato deliberatamente tirato giù come atto suicida deliberato. Anche perché l’ufficiale aveva detto più volte prima dello schianto mi affido a Dio.
Qui però non c’è un messaggio del pilota.
Fino ad adesso sembra di no, ma la dinamica è simile.
Come si accerta se è stato suicidio o no?
Scavando nella sua vita, cercando un suo messaggio, se non c’è nessuna traccia allora ufficialmente non si potrà stabilire.
Lufthansa e Germanwings hanno rilasciato la lista dei passeggeri, tutti, nome per nome, ma non quella dell’equipaggio.
Ecco. Normalmente viene fatto, quando c’è un incidente. Evidentemente stanno facendo delle indagini proprio sull’equipaggio.