Gerusalemme: storia della città contesa
La capitale universale delle tre religioni monoteiste, dalla proclamazione dello Stato di Israele all'annuncio dell'arrivo dell'ambasciata americana
Gerusalemme è l’ombelico del mondo, luogo santo per le tre più grandi religioni monoteiste: ebraismo, cattolicesimo e islamismo. Su una collina, lontana dal mare e senza fiumi che l’attraversano, la città è da sempre contesa sia per il suo valore simbolico religioso sia per le derive politiche che l'hanno messa al centro di uno scontro tra culture e civiltà.
La città sacra
È sacra per gli ebrei, in quanto patria ebraica dove si trova il Tempio Santo e capitale del Regno di Giuda oltre che d’Israele. È sacra per i cristiani perché sarebbe qui che Cristo ha vissuto ed è risorto. È sacra per i musulmani che credono che qui sia avvenuta l'ascesa al cielo del profeta Maometto.
Ironia della sorte, uno dei significati del nome "Gerusalemme" è “città della pace” ma da decenni rappresenta uno dei punti chiave del conflitto fra Israele e Palestina.
"Gerusalemme è la capitale di Israele, non vi sono est e ovest", hanno detto recentemente anche i ministri dello Sport Miri Regev, e del Turismo, Yariv Levin, quando è scoppiato il caso diplomatico all'annuncio del Giro d'Italia sul cui materiale tecnico è stata posta la dicitura "Gerusalemme Ovest".
E ora la tensione rischia di raggiungere un nuovo apice di scontri con la decisione di Donald Trump (dal 2018) di spostare proprio a Gerusalemme l’ambasciata americana, un atto che non fa altro che destabilizzare l'intero Medio Oriente.
La storia dal 1947
Riconosciuta dall’Onu al termine della seconda guerra mondiale come città indipendente di una regione divisa in due stati (Israele e Palestina) nel 1949, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ne proclamò l'internazionalizzazione sotto il controllo dell'ONU per favorire la convivenza di cristiani, musulmani ed ebrei. La componente ebraica pre-israeliana accettò il piano generale di partizione della Palestina in due Stati, uno ebraico e uno arabo, mentre la componente araba palestinese e il resto del mondo arabo e islamico lo respinsero.
Entrambe le parti non erano tuttavia disposte in alcun modo a rinunciare alla Città Santa, dunque tutte le forze, ebraiche e arabe la occuparono, le prime a ovest le seconde a est.
Gli accordi (con il diritto degli ebrei di poter andare al Muro del Pianto e al cimitero ebraico sul monte degli ulivi) non vengono però rispettati: i giordani di fatto non permettono agli israeliani l’accesso nella loro zona e fanno scempio del cimitero sul Monte degli ulivi usando le 60 mila pietre tombali per costituire strade e altre opere urbanistiche.
Di rimbalzo, Israele trasferisce i ministeri e la Knesset (il parlamento) a Gerusalemme, dichiarando nel 1950 la città capitale dello Stato ebraico. La mossa non viene però riconosciuta in ambito internazionale: sia gli americani che gli inglesi non spostano le loro ambasciate da Tel Aviv. Fino a oggi.
La guerra dei Sei Giorni
Il 5 giugno 1967 gli Stati vicini attaccarono nuovamente Israele. L’apice della guerra dei Sei Giorni (combattuta contro una coalizione di paesi arabi) viene toccato quando al termine le truppe israeliane vincitrici occupano la parte orientale di Gerusalemme aprendo l’accesso agli ebrei al Muro del Pianto, e dando la garanzia a credenti di fede cristiana e mussulmana di poter comunque accedere ai luoghi di culto.
Poi nel tentativo di non scatenare la rabbia del mondo islamico, a seguito dell'annessione del settore orientale, viene deciso di lasciare l’amministrazione della Spianata delle moschee in mano ai capi spirituali mussulmani.
Inoltre vengono rimosse le barriere di separazione tra le due parti della città in modo da creare un’unica Gerusalemme e nel quartiere medievale Mughrabi, nella Città Vecchia, viene realizzata una grande piazza di fronte al Muro occidentale a scapito di oltre cento abitazioni palestinesi.
Sempre nel 1967 la città si estende ampliando i suoi confini da 38 km quadrati a 108.
Le Nazioni Unite intervengono, chiedono a Israele di conformarsi alle risoluzioni adottate con lo smantellamento degli insediamenti, ma Israele il 30 luglio 1980 risponde politicamente e la Knesset proclama Gerusalemme capitale indivisa dello Stato di Israele.
Negli anni sono stati espropriati altri ettari dai vicini villaggi arabi per la costruzione di appartamenti per le famiglie ebree e ad oggi Gerusalemme controlla anche la zona Est a maggioranza araba, oltre che la città vecchia.