Giorgio Mulè racconta il suo primo giorno sui banchi del Parlamento
È stato il direttore di Panorama per anni, poi due mesi fa il salto in politica. Potevamo non chiedergli di descrivere il suo esordio a Montecitorio?
Per l'emozione del nostro primo giorno di scuola, a Giusy le gambe hanno giocato un brutto scherzo. La circostanza potrebbe anche suonare come un'orribile battuta dal momento che Giuseppina Versace detta Giusy, eroina della vita e neodeputata di Forza Italia, di gambe non ne ha. O meglio: amputate dopo un incidente d'auto dal quale ne uscì viva per miracolo, al posto delle gambe ha due protesi in carbonio. Se la resilienza avesse le sembianze di una persona avrebbe certamente le sue, capace com'è stata di reinventarsi una vita di successi e soddisfazioni. Tra i mille pregi di Giusy c'è l'autoironia, la capacità di ridere del suo handicap.
Così, la mattina del 23 marzo in occasione della "prima" alla Camera dei deputati quando ci sediamo alla destra della presidenza in quinta fila vicini ai posti 453 e 454, Giusy un po' imbronciata mi dice: "Mannaia la miseria (tipica espressione calabrese, lei è originaria di Reggio Calabria, ndr), stamattina ho rischiato di arrivare in ritardo perché le protesi non si infilavano... un altro po' e mi rompevo pure le gambe finte...".
La disposizione dei deputati di FI, Lega e M5S
Ore 11, Camera dei deputati. Ci siamo accomodati con mezz'ora di anticipo perché alla "prima" in Parlamento non ci sono posti assegnati: chi è più lesto ad arrivare occupa quelli che vuole. Esattamente come a scuola. Noi di Forza Italia abbiamo simulato una formazione a testuggine che richiama le imprese degli eserciti di Cesare in battaglia: presidiato il portone di ingresso sul lato destro del grande corridoio chiamato Transatlanico (tra poco vi spiegherò perché a mio giudizio è giusto che si definisca così) e schierati in prima linea gli "ufficiali" di lungo corso, non appena i commessi della Camera hanno aperto abbiamo conquistato lo spazio prestabilito. È stato il primo successo della legislatura, che visti i tempi è già qualcosa: compatti e uniti, altroché.
In termini di disciplina mi hanno colpito i deputati della Lega, che entrano ed escono come un plotone, mentre quelli dei 5 Stelle probabilmente per la nuova e obbligata veste istituzionale stanno in aula con un ordine che manco lontanamente ricorda le scorribande alle quali ci hanno abituato negli scorsi anni.
L'emozioni del primo giorno
Siete curiosi di sapere se mi sono emozionato? Ebbene sì e pure tanto. A me è parso vedere sfilare in quell'enorme e meraviglioso spazio progettato da un siciliano come me, l'architetto Ernesto Basile, come nei fotogrammi di una pellicola in bianco e nero, padri della Patria e statisti, martiri della Repubblica e vabbé anche un paio di onorevoli-macchiette: ho visto scorrere la storia, anzi la Storia. E io adesso ne sono la continuazione, certo di non essere all'altezza dei padri nobili e con la fondata speranza di non essere ricordato come una macchietta. Basta e avanza comunque per avere battiti accelerati, salivazione da grande siccità e contemporaneamente sudorazione immotivata.
I militari all'ingresso conoscono tutti per nome
Io ci credo e non solo non me ne vergogno ma ne vado anche fiero. Così come non ho timore a confessare il mio imbarazzo quando i militari all'ingresso principale su piazza Montecitorio battono i tacchi in segno di saluto e, imbarazzo degli imbarazzi, sentire di essere chiamato "onorevole" dai commessi. O meglio: "Onorevole Mulè, buongiorno". Non ce n'è uno che sbaglia. Precisi e decisi. Il fatto è che studiano. Dal 5 marzo, uno di loro mi ha confessato che si sono esercitati a riconoscere le facce dei nuovi deputati come fosse l'album delle figurine dei calciatori: hanno tutte le foto. Certo, nel mio caso magari erano facilitati dalla mia precedente vita ma vi assicuro che ho visto numerosi carneadi ricevere lo stesso identico trattamento.
I privilegi che così privilegi non sono
La Camera, si sa, è una piccola città. I dipendenti diretti sono oltre 1.500, ma sono almeno il triplo le persone che ogni giorno ci vivono per i motivi più diversi. In questa enorme città dove è facilissimo perdersi ma dove c'è sempre e in ogni angolo qualcuno che ti fa ritrovare la strada, ci si imbatte in alcuni luoghi eretti a simbolo della casta: la buvette, il ristorante, la barberia.
Sarà la valanga pauperista oramai in voga, ma vi assicuro che la corsa forsennata a classificare tutto come privilegio ha avuto come conseguenza quasi la vergogna a tendere all'eccellenza propria invece delle strutture della Camera. La buvette non è né più né meno che la copia di un affollato bar di semiperiferia (il cibo è presentato con francescana normalità), il ristorante è paragonabile a una buona mensa (a cominciare dalle tovaglie), la barberia si limita al servizio base (non è neppure previsto il panno caldo in viso). Si paga tutto, ovviamentee giustamente, a prezzi sicuramente non da scandalo se si vuole con il tesserino di riconoscimento dei deputati che all'interno è come una carta di credito: 90 centesimi per un caffè o 2,50 euro per una spremuta di arancia, circa 20 euro per un pranzo light, 15 euro per il taglio dei capelli.
I rapporti tra colleghi parlamentari
Fatto questa veloce deviazione per i privilegi molto presunti torniamo al cuore della Camera. Che è quello di provare a migliorare il Paese. In questo senso, l'immediata percezione è di una straordinaria capacità ed efficienza degli uffici dedicati al supporto dell'attività legislativa. Tra colleghi parlamentari, dovendo vivere si spera per cinque anni nello stesso condominio, quanto meno all'inizio si tende a essere dei buoni vicini. Ho dunque sorriso e salutato con molta cordialità, a mia volta ricambiato, deputati di partiti diversi con i quali abbiamo incrociato in campagna elettorale le lame della polemica anche ferocemente.
In questo senso, la Camera gode di una sorta di extraterritorialità comportamentale: non è buona cosa litigare fuori dall'aula, è tutto improntato a un morbido savoir-faire. Il numero di "abitanti" della Camera è così alto anche perché, oltre ai 630 deputati in carica, hanno libero accesso anche gli ex onorevoli. Ne ho incontrato parecchi, molti della primissima Repubblica: quasi tutti hanno conservato il conto corrente alla filiale interna della banca (condizioni ottime, ça va sans dire), altri bivaccano tra i divanetti del corridoio riservato ai fumatori. Dispensano analisi e consigli a giornalisti che sembrano interessati o se non lo sono fingono benissimo.
E rieccoci allora nel grande corridoio dei passi perduti più conosciuto come Transatlantico. In questo enorme spazio sembra davvero di essere sul ponte di una nave gigantesca quando giunge il momento fatidico di votare: per richiamare i deputati a rientrare in aula e fare il proprio dovere inizia a squillare in continuazione una campanella assai simile a una sirena, più precisamente all'allarme evacuazione. Il primo giorno di scuola ho visto Giusy Versace correre (sì, correre) appena l'ha sentita: "Sono una velocista, che ti credi...", mi ha fulminato. Ho controllato: è vero e ha vinto tra l'altro 11 titoli italiani e medaglie di vari metalli alle paralimpiadi. Guardandola mentre guadagnava la quinta fila di banchi dell'aula, ho avuto la prima certezza di questa legislatura: Giusy è molto più avanti di me.
[Giorgio Mulè è deputato di Forza Italia, giornalista già direttore di Panorama dal 2009 a febbraio 2018]
(Articolo pubblicato sul n° 15 di Panorama in edicola dal 29 marzo 2018 con il titolo "Il mio primo giorno sui banchi del Parlamento")