Rifugiati nel mondo Oxfam
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I rifugiati nel mondo sono 65,6 milioni: mai così tanti - Foto

Nella giornata mondiale del rifugiato, l'analisi di Oxfam sulla più grave crisi umanitaria dai tempi della Seconda Guerra Mondiale

Alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato, che dal 2001 commemora l'approvazione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati da parte dell'Assemblea generale ONU, avvenuta il 20 giugno 1951, l'UNHCR ha diffuso nuovi sconvolgenti dati sulla crisi globale dei rifugiati e degli sfollati.

65,6 milioni di rifugiati e sfollati

Secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sono a oggi 65,6 milioni le persone che sono state costrette a fuggire dalle proprie case, senza alcuna speranza di una vita migliore, a cause di guerre, persecuzioni, disastri naturali e povertà

Come sottolinea la confederazione internazionale di organizzazioni non profit Ofxam, il numero sempre crescente di persone che ha bisogno urgente di sostegno, protezione e accoglienza testimonia che ci troviamo di fronte alla più grave crisi umanitaria dai tempi della Seconda Guerra Mondiale

La tragedia della Siria

Una delle situazioni più drammatiche è quella della Siria, devastata da oltre 6 anni di guerra, che alla fine del 2016 aveva causato oltre 2 milioni di vittime e feriti e più di 12 milioni di sfollati. In questo martoriato Paese sono inoltre intrappolate decine di milioni di persone sono sull'orlo della carestia.

"La comunità internazionale deve intervenire"

"Il numero enorme di sfollati raggiunto oggiil più alto da quando l'ONU ha cominciato a diffondere i dati su questa tema – è composto da persone costrette spesso a sopravvivere in circostanze inimmaginabili", afferma il direttore generale di Oxfam Italia, Roberto Barbieri, secondo cui di fronte a tali dati "la comunità internazionale ha il dovere di fornire immediatamente alternative sicure a queste persone, lavorando insieme per affrontare le cause principali di una delle questioni centrali della nostra epoca." 

Sottolineando come, nell'ultimo anno, Oxfam abbia lavorato ogni giorno per aiutare oltre 6,7 milioni di persone in Paesi colpiti da conflitti, Barbieri evidenzia che le soluzioni approntate fino ad ora dalle organizzazioni internazionali "si sono dimostrate quasi del tutto insufficienti", aggiungendo che "i membri della comunità internazionale dovrebbero imparare dall'esempio offerto da quei Paesi che, seppur poveri, sono disposti ad aprire le proprie porte, per offrire quel poco che hanno a chi ha più bisogno. Come l’Uganda, che ha accolto centinaia di migliaia di rifugiati”.

Un nuovo accordo ONU sui rifugiati

Nel 2018 le Nazioni Unite lavoreranno a un nuovo accordo sui rifugiati e i migranti: un negoziato che, per avere efficacia, secondo Oxfam dovrà spingere i singoli Stati a condividere le medesime responsabilità, per la protezione di tutti coloro che sono costretti ad abbandonare le proprie abitazioni e i propri Paesi per cercare salvezza.

"L'inadeguatezza del sistema accoglienza in Italia"

A un anno dall'inizio del progetto Open Europe, nato con l'obiettivo di fornire assistenza legale, sanitaria e di prima accoglienza ai migranti esclusi dal sistema per richiedenti asilo in 6 province siciliane, Oxfam denuncia inoltre come siano ancora moltissimi i migranti che, giunti sulle nostre coste, si vedono negare i diritti più essenziali, e spesso finiscono per strada, rimanendovi per mesi interi, senza alcun aiuto.

Sono uomini, donne e bambini in fuga da paesi come Eritrea, Somalia, Nigeria o Sudan, a causa di conflitti, persecuzioni e carestie, arrivate in Italia a costo della vita, che il nostro sistema respinge con fogli di via, non potendo che andare a ingrossare le fila degli irregolari, costretti in alloggi di fortuna, senza nessuna prospettiva.

Queste persone, infatti, anche se volessero, non avrebbero i mezzi economici per rientrare nel proprio Paese, né potrebbero farlo, in assenza di documenti e titoli di viaggio. 
Per la stragrande maggioranza (85%) sono arrivate attraverso la Libia e il Mediterraneo. Nel 18% dei casi dichiarano di essere state vittime di tortura e di altri trattamenti inumani e degradanti.

I minori non accompagnati

Una situazione che non risparmia le persone più vulnerabili, inclusi minori non accompagnati, il cui numero è in crescita: secondo i dati del Ministero degli Interni, sono oltre 6.200 i minori sbarcati sulle nostre coste solo nel 2017.

Dal lavoro realizzato negli ultimi 12 mesi dalle unità mobili di Oxfam (grazie alla collaborazione con la Diaconia Valdese e le associazioni Borderline, MEDU e AccoglieRete) emerge una fotografia eloquente in merito. Su oltre 900 migranti intercettati e assistiti - nelle province di Catania, Messina, Siracusa, Ragusa, Caltanissetta e Agrigento – circa il 31% è costituito da minori non accompagnati (il 16%) e da genitori con figli piccoli (il 15%).

Servono corridoi umanitari

Per evitare il susseguirsi e l'intensificarsi di continue tragedie nel Mediterraneo durante l’estate, Oxfa ritiene necessario che il governo "affronti ora e nel modo più inclusivo possibile, quella che resta una vera e propria emergenza sociale, dando il prima possibile piena applicazione alla legge Zampa", garantendo l'accesso regolare per motivi di lavoro, procedure più efficaci per la protezione internazionale, anche attraverso la concessione di visti per motivi umanitari, e politiche più flessibili per i ricongiungimenti familiari.

Il potenziamento di Corridoi umanitari sicuri verso l'Italia e l'Europa resta prioritario. Fino ad ora, l'unica risposta concreta di accesso sicuro in Europa, che ha adottato politiche di chiusura delle frontiere come unico strumento di gestione dei flussi migratori, risulta essere in Italia il progetto Corridoi umanitari realizzato da Oxfam insieme alla Comunità di Sant’Egidio, alla Diaconia Valdese e alla Federazione delle Chiese evangeliche, con l'obiettivo di garantire accoglienza e un accesso sicuro a 500 siriani entro l’anno da paesi di transito come Libano, Marocco e Etiopia.

Sam Tarling/Oxfam
16 gennaio 2016. Un accampamento temporaneo per rifugiati siriani nei pressi della città di Baalbek, nella Valle della Beqa', in Libano.

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