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Il ritorno alla realtà: I giovani e il rifiuto dei social

La generazione zeta desidera una vita più libera dal mondo virtuale. Il racconto di due adolescenti che ci spiegano come la loro generazione stia rivalutando l'uso del cellulare, preferendo attività e relazioni più genuine

“Sono stufa di usare il cellulare e soprattutto di stare ore sui social. Invidio i miei genitori perché alla mia età erano meno tecnologici, ma più liberi di me”. Chiara ha 16 anni, capelli neri e ricci, magliettina sopra l’ombelico e giacca oversize.

Ammette di parlare a lungo con i suoi genitori e di chiedere come vivevano alla sua età. “Ultimamente, quando parlo con i miei genitori sono interessata a capire come vivevano alla mia età. Cosa facevano nel tempo libero, quali erano i loro interessi. A 16 anni erano Paninari, amavano vestirsi con i jeans El Charro e il Moncler, ma non avevano il cellulare. I social non erano un luogo virtuale dove trascorrere il tempo. Leggevano i giornalini per scoprire le tendenze, oppure viaggiavano e quando incontravano ragazzi della loro età mantenevano i contatti scrivendosi le lettere. Non scrollavano i reel, non guardavano le storie e non gareggiavano sulle foto con i loro contatti. Il loro mondo era più libero del mio, più normale. Il loro massimo svago era andare in discoteca, ma oggi le discoteche sono in controtendenza e ne stanno chiedendo parecchie. Vorrei che gli adulti ci aiutassero a ridurre il silenzio e quindi l’utilizzo del cellulare. Ci devono restituire la nostra adolescenza perché la loro era migliore della nostra. Sono loro che ci hanno regalato il cellulare quando eravamo ragazzini. Il cellulare è uno strumento senza regole e prima dei 16 anni non ha senso averlo”.

I ragazzi italiani cercano soluzioni per gestire la loro vita al meglio senza avere dipendenze. Anche le parole di Cristina, 19 anni, sembrerebbero condurre il filo del discorso verso un’inversione di tendenza. “Oggi avere un cellulare di ultima generazione non è più importante come lo era fino a qualche anno fa. Non ci sfidiamo più sull’ultimo modello. Adesso è più importante parlare e casomai giocare con i nostri amici. E’ vero, in questo periodo tra i miei amici è molto frequente giocare a scacchi virtualmente. Con Giorgio ci sfidiamo ogni volta, ma sarebbe più interessante giocare a scacchi dal vivo. In fondo, una partita virtuale a scacchi è come una sfida in solitaria, quindi una sfida a metà perché guardare la persona che si ha di fronte aiuta a prevenire gli errori personali e dell’altro. Si impara a conoscersi meglio. Penso che gli spazi virtuali saranno sempre più vuoti perché noi ragazzi chiediamo di portare avanti una realtà vera, fatta di esempi concreti e non immaginari. L’immaginazione ci allontana dalla realtà e tutto questo non ci va più bene. Tanto più che, parliamoci chiaro, il mondo dei social è poco rappresentativo e non racconta la vita di una persona. Noi abbiamo nostalgia del passato dei nostri genitori e i momenti della loro giovinezza erano molto migliori dei nostri. Colpa del cellulare? Forse”.

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Rosita Stella Brienza

Laureata in Scienze della Comunicazione all'Università Lumsa di Roma; Master in Business e Comunicazione all'Istao di Ancona. Giornalista dal 2008 per Repubblica, La Nuova del Sud e Panorama.it. Dal 2015 collaboratrice a Radio Laser

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