Ritratto di Giulia Bongiorno, neoministra silenziosa
Nel governo in cui non esisti se non twitti e non gridi, lei è muta. "Prima devo studiare". Ha difeso in aula Andreotti, Sollecito e Totti. E ha vinto. Adesso però deve riformare la macchina dello Stato, per dimostrare che non è una causa persa
Appena diventata ministro, e dopo essere finita in una trincea difficile come la Funzione pubblica, ha detto: "Mi aspetta un lavoro enorme, mi sento come Atlante". Poi ha aggiunto: "Prima di impadronirmi dei dossier non dirò nulla".
E così zero dichiarazioni - per ora - sulle sue materie di competenza. Muta. Senonché, siccome la sua vita a volte sembra un film, il 4 giugno, subito dopo il giuramento del governo, Giulia Bongiorno si ritrova per puro caso, nelle vie di Roma, a salvare una donna aggredita da uno sbandato che si era calato i pantaloni. Finisce in tutt ii tg come una eroina, ma racconta: "Non ho fatto nulla di straordinario, anzi, ho avuto paura per mio figlio che era come me". E aggiunge: "Mi ha aiutato un'altra donna che nessuno ha citato: l'idea che lo Stato siamo noi per me si radica nei piccoli-grandi gesti che si fanno per spirito civile, quando si sceglie di non voltarsi dall'altra parte".
Uno schiacciasassi inesorabile
I nemici dicono di lei che è determinata fino al cinismo. Gli amici che è una missionaria della legge. Sia i primi che i secondi però sono concordi sul fatto che Giulia è uno schiacciasassi inesorabile e quando si pone un obiettivo lo raggiunge a qualsiasi costo. Una dote che le servirà, visto che a Marianna Madia, suo predecessore, la Consulta ha demolito una intera riforma per vizi di forma e aspetti di incostituzionalità.
La neoministra è sicuramente popolare, ma anche la meno populista del governo gialloverde. Veste come una buona newyorkese, elegante e sobria - tailleur blu, camicette bianche minimali - se hai pazienza la puoi trovare che corre nelle ville di Roma con le cuffie nelle orecchie. Ha un figlio - Jan- che alleva da sola, con qualche acrobazia, da mamma single.
Da scolara modesta al riscatto all'università
Ha alle spalle almeno tre o quattro vite, e il bello è che a scuola andava male: "Fino alla maturità ho vissuto di voti stentati". Lei giustifica questo curriculum spiegando che giocava a pallacanestro e a calcetto a livello agonistico e che all'epoca per lei quelle erano le cose importanti.
Nel basket è arrivata fino alla serie A2 con le Freccine azzurre di Palermo: "Ero un'ottima playmaker". Ne ha tratto una massima per la vita: "L'organizzazione del gioco è tutto. Dettavo schemi alla squadra: in uno studio legale è più o meno lo stesso". Le piacerebbe che fosse così anche alla Funzione pubblica, dove deve guidare la squadra più disastrata e importante del Paese.
Il riscatto di Giulia è iniziato all'università, dove ha iniziato a prendere 30 e lode e non ha più smesso.
La celebrità con il processo Andreotti
Il suo primo maestro, Gioacchino Sbacchi, un principe del foro, le diceva: "Non esiste un solo processo in cui non ci sia una pagina che fa vincere l'assistito. Bisogna solo trovarla".
Da allora Giulia spiega ai ragazzi del suo studio: "Se sei su un dossier, bisogna leggere fino all'ultimo rigo dell'ultimo foglio!".
Nota penalista, diventa celebre come avvocato di Giulio Andreotti. Viene immortalata persino da J-Ax in una canzonetta (Voglio avere l'avvocato / di Andreotti e Amanda Knox), diventa volto televisivo ed entra in tutte le case proprio con il processo di Perugia. Subito dopo aver ottenuto un'assoluzione clamorosa (lei difende Raffaele Sollecito, ma si rende conto che per farlo deve salvare anche Amanda) inaugura una carriera fuori dai riflettori (e molto remunerativa) come avvocato d'affari, e una al centro della scena (con un'associazione a tutela delle donne fondata con Michelle Hunziker). In politica ci perde: "Un grande avvocato guadagna 800 l'euro l'ora. Io un po' di più".
Rileva il celebre ufficio del senatore più noto della Repubblica di piazza In Lucina, conquista la grande ribalta con difese spettacolarie mediatiche (come quella di Francesco Totti davanti alla giustizia sportiva) e attraversa ben tre carriere politiche: una con An, una con Mario Monti, e - l'ultima - da front woman della Lega (dopo che Matteo Salvini rimane folgorato dai suoi interventi televisivi sul caso Sicignano: "La difesa è sempre legittima").
Come studia i dossier e prepara le arringhe
La Bongiorno studia i dossier con un metodo tutto suo. Prepara gli appunti adoperando fogli trasparenti di diversi colori, che usa per dividere gli argomenti per intensità e temi. "Giallo pallido argomentazione soft, parti descrittive in bianco, rosa, verde, azzurro, arancione, in crescendo fino al giallo sole". Pausa, sorriso: "Ma un giallo-sole deve proprio essere una bomba atomica!".
Fanatica delle arringhe brevi e folgoranti, da ministro vuole seguire la stessa regola. Non aspettatevi discorsi parlamentari sterminati o conferenze stampa-fiume: "Per poter dire molto bisogna parlare poco: io per discutere 38 minuti esatti provavo davanti allo specchio cronometrandomi".
Frasi-slogan, regole e frasi-cult
Frase-slogan per gli assistiti: "Non sarò mai l'avvocato acquasantiera" (lo tocchi e ti fai il segno della croce). Citazione verità: "Nessuno, né un colpevole né un innocente, dice la verità al suo avvocato".
Prima regola nel trattare gli omicidi: "Non credetegli. Il prototipo umano è quello che, se ha accoltellato qualcuno ed è stato colto in flagranza, ti dice con gli occhi sgranati: Avvocato, è stata la vittima a sbattere violentemente contro la mia lama!".
Spiega: "Un buon avvocato deve essere anche un discreto psicologo. I clienti mentono: non sempre per calcolo, quasi sempre per un meccanismo di tutela".
Frase-cult: "Per fare l'avvocato ci vuole un fisico bestiale". Perché le piace Luca Carboni? "No, perché servono forza fisica e intellettuale. Il resto viene dopo".
La Bongiorno è una maniaca del dettaglio rivelatore. "Anche un grande principe del foro dovrebbe avere due doti. La prima: sapere fare con precisione un faldone di fotocopie a tempo di record. La seconda: saper trovare l'errore procedurale, in pochi secondi, frugando tra decine di faldoni, magari sparpagliando tutte le carte a terra e leggendole accovacciati per ore".
Suo nonno e suo padre erano avvocati civilisti. Ma lei decise di non ereditare il loro studio: "Per scelta e per testardaggine" ha spiegato. "Per trovare la mia specializzazione, per costruire il mio percorso senza avere il vantaggio o il vincolo di rendite di posizione". Nell'Italia delle dinastie e degli ordini professionali, di fatto, una vera mosca bianca.
Due aneddotti per spiegare il metodo-Bongiorno
Due episodi per spiegare come funziona il metodo-Bongiorno tra fogli colorati e culo di pietra. Il primo è noto a tutti, ma nessuno ne conosce il retroscena. Nel processo Kercher, la prova regina che incastra Amanda e Raffaele è un dettaglio, un gancetto del reggiseno con impronte di Dna compatibili. Era la cosiddetta prova regina. Inattaccabile.
Decide di visionare il filmato integrale dell'acquisizione prove. Trenta ore di girato, una follia. Ma alla fine sul taccuino della Bongiorno resta impresso un numero che vale un foglio giallo-sole. Il ferretto è stato toccato ben 14 volte, e addirittura spostato. La prova regina si dissolve nel nulla, i due ragazzi sono assolti.
Secondo aneddoto, Francesco Totti. Ha sputato, rischia una squalifica che gli farà saltare il Mondiale. Non c'è tempo nemmeno per preparare la difesa. La federazione carica la Bongiorno su un aereo per Lisbona. Lei guarda i video durante il volo. Non può negare il gestaccio, ma trova un calcio che le telecronache non avevano visto.
Istruisce Totti, che si spiega davanti al giudice. Il capitano ottiene una giornata in meno, proprio quello che serviva alla Nazionale.
Il rapporto con Andreotti la sua scuola di vita
La Bongiorno, però, considera il suo rapporto con Andreotti la sua scuola di vita. Quando il Senatore viene condannato per l'omicidio Pecorelli in secondo grado, lei racconta che avrebbe voluto vergare un comunicato di fuoco. Ma lui scosse la testa: "Ricordati che sono stato un uomo delle istituzioni".
Così nel comunicato che la Bongiorno diffonde il Divo Giulio scrive: "Credo ancora nella giustizia". Colpì tutti. E in terzo grado Andreotti fu assolto.
Andreotti era anche le sue freddure, l'ironia affilata: "Un giorno" racconta la Bongiorno "ero con lui, entrò una segretaria dicendo: telefonata urgente! E lui con faccia seriosa disse: Urgente per chi? Ridemmo come matti".
Ma Andreotti è anche l'uomo dei misteri. Un giorno le diede questo consiglio: "Ai segreti quando parli non devi nemmeno pensarci. Se lo pensi, mentre parli già si sa. Te lo leggono negli occhi". Un giorno, anni dopo la morte di Andreotti, gli operai che ristrutturano il suo studio di Piazza in Lucina trovano una cassaforte a combinazione. Le dicono: "Sarà difficile aprirla". E lei: "Non sarà necessario. Muratela". Adesso la cassaforte arrugginita dello Stato dovrà scassinarla.