Gli orfani invisibili vittime della violenza contro le donne
Ogni anno, il 25 novembre, si celebra la Giornata contro la violenza sulle donne, ma restano spesso nell’ombra i bambini e i ragazzi che, perdendo le madri, diventano vittime della stessa violenza che ha spezzato le loro vite.
Spesso, quando una donna viene uccisa per mano di chi diceva di amarla, dietro di lei restano dei figli. che si trovano improvvisamente privati della madre, spesso l’unico punto di riferimento stabile della loro vita. Sono loro che, dopo il clamore iniziale, restano nell’ombra, a raccogliere i pezzi di un’esistenza stravolta.
Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, dovrebbe essere anche il momento per ascoltare queste storie. Perché dietro ogni femminicidio non c’è solo una vita spezzata, ma dei minori, che cercano di sopravvivere al dolore e ricostruire un futuro tra le macerie di un passato impossibile da dimenticare.
Ogni anno, in Italia centinaia di bambini e ragazzi perdono la madre a causa di un femminicidio, spesso per mano del padre o del partner di lei. Questi minori non sono solo orfani, ma vittime invisibili di un trauma che segnerà per sempre le loro vite. La violenza non si limita alla perdita della madre. Questi orfani devono affrontare il senso di abbandono, la rabbia, e in molti casi il senso di colpa. Spesso diventano testimoni diretti dell’omicidio o hanno vissuto per anni in un ambiente familiare segnato da abusi. Le conseguenze psicologiche sono profonde: disturbi dell’ansia, depressione, difficoltà a relazionarsi con gli altri e problemi scolastici sono solo alcune delle manifestazioni del trauma. Senza un supporto adeguato, il rischio è che questi bambini e ragazzi rimangano imprigionati in un ciclo di sofferenza, che può ripercuotersi anche sulla loro vita adulta.
Nonostante la gravità della loro condizione, gli orfani dei femminicidi continuano a ricevere attenzioni limitate. La legge n. 4/2018, che ha introdotto il riconoscimento dello status di “orfani speciali”, rappresenta un importante passo avanti, offrendo strumenti come il diritto al gratuito patrocinio, l’assistenza psicologica e l’accesso prioritario a borse di studio. Ma, la sua applicazione resta disomogenea e spesso insufficiente per affrontare le reali necessità di questi giovani.
“La legge n. 4/2018 riconosce tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni non autosufficienti delle vittime di un omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, l’altra parte dell’unione civile anche se l’unione è cessata, o da chi conviveva con la vittima in una relazione affettiva stabile.
Dal punto di vista processuale, la normativa rafforza la protezione dei figli già nelle prime fasi del procedimento penale. Ad esempio, modifica il testo unico sulle spese di giustizia, garantendo loro l’accesso al patrocinio gratuito, indipendentemente dal reddito.
La legge interviene anche per rendere automatico l’istituto dell’indegnità a succedere, in caso di condanna per omicidio domestico, e modifica la disciplina sulla pensione di reversibilità, escludendone l’autore del reato. Inoltre, prevede l’assegnazione di una provvisionale per anticipare il risarcimento del danno subito dalle vittime.
Eppure, non basta. Assistendo tanti figli di femminicidio, posso dire che è necessario fare molto di più. Questi ragazzi vivono una tragedia doppia: perdono la madre e, spesso, ogni punto di riferimento affettivo e materiale. Non è accettabile che si sentano rispondere che non ci sono fondi. È indispensabile garantire loro un supporto psicologico e materiale adeguato, e iniziare a considerare i femminicidi non come fatti privati, ma come un crimine di Stato”, commenta a Panorama l’avvocato penalista Daniele Bocciolini.
Molti di questi minori infatti si trovano a vivere con nonni o parenti, che affrontano da soli le difficoltà economiche e il peso emotivo di una tragedia così devastante. In alcuni casi, il trauma è aggravato da una giustizia lenta o incapace di garantire un pieno risarcimento dei danni, o dal fatto che il responsabile del femminicidio – spesso il padre – non venga privato immediatamente della potestà genitoriale.
I numeri
Non esistono stime ufficiali sul numero degli orfani delle vittime di femminicidio in Italia, ma il fenomeno è drammaticamente evidente. Solo nel mese di settembre, a Torino, Caserta e Pesaro, sette minori hanno assistito all’omicidio delle loro madri. Un dato che si somma ai 157 orfani già presi in carico dai progetti dell’impresa sociale Con i Bambini. Questo numero è in costante crescita: altri 260 minori in tutta Italia stanno per avviare il loro percorso di sostegno.
I progetti Orphan of Femicide Invisible Victim nel Nord Est, S.O.S. – Sostegno Orfani Speciali nel Nord Ovest, Airone nel Centro Italia e RESPIRO – Rete di Sostegno per Percorsi di Inclusione e Resilienza al Sud, offrono supporto concreto a questi bambini e ragazzi. La percentuale più alta di orfani assistiti si registra nel Sud Italia, con 100 minori presi in carico dal progetto RESPIRO solo fino a ottobre 2023, un dato in forte aumento. La maggior parte dei beneficiari ha un’età compresa tra i 7 e i 17 anni, ma ci sono anche bambini sotto i 6 anni e giovani adulti tra i 18 e i 21 anni.
Di questi orfani, il 56% sono maschi e il 43% femmine. La maggioranza ha cittadinanza italiana, anche se un 5% proviene da paesi dell’UE o extra-UE. Un dato particolarmente allarmante è che il 36% dei minori era presente al momento dell’omicidio della madre, con conseguenze devastanti sulla loro vita emotiva e psicologica, tra cui il rischio di sviluppare la sindrome da lutto traumatico, che impedisce di elaborare il dolore.
Il 13% degli orfani presenta disabilità preesistenti, come difficoltà intellettive o relazionali, mentre un altro 8% manifesta Bisogni Educativi Speciali o disturbi psicologici. Sul piano delle sistemazioni familiari, il 42% vive con famiglie affidatarie, il 10% in comunità, un altro 10% con coppie conviventi e solo il 5% è stato dato in adozione. Tuttavia, molte famiglie affidatarie affrontano condizioni economiche precarie: l’83% dichiara difficoltà a far fronte alle spese mensili, nonostante dispongano di abitazioni adeguate. Il peso del trauma, unito a queste difficoltà economiche, rende indispensabile un supporto adeguato.
Anche se il 52% degli orfani riceve misure di sostegno al reddito, la povertà rimane una criticità importante. Le famiglie affidatarie devono affrontare ulteriori sfide per garantire opportunità educative e sociali adeguate ai minori. Inoltre, molti di questi bambini provengono da contesti già vulnerabili prima dell’omicidio, caratterizzati da dipendenze, problemi legali o violenza assistita (fisica, psicologica o sessuale), che hanno contribuito ad aggravare i traumi preesistenti.
Tra i principali interventi promossi da Con i Bambini c’è l’accompagnamento psicologico e sociale, che supporta i minori nel superamento del trauma e aiuta le famiglie affidatarie a gestire situazioni complesse. L’obiettivo del progetto è creare una rete di sostegno affettivo e relazionale che coinvolga scuole, psicologi, attività sportive e orientamento al lavoro, offrendo così un percorso di crescita olistico per questi ragazzi segnati da esperienze dolorose.