Follia green: i costruttori europei di auto costretti a finanziare Tesla e i cinesi
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Follia green: i costruttori europei di auto costretti a finanziare Tesla e i cinesi

Certificati verdi, il paradosso europeo che finanzia la concorrenza cinese e frena l’innovazione dell'Ue

Le principali case automobilistiche europee stanno dando vita a due gruppi strategici, uniti dall’obiettivo di aggirare le normative europee sulle emissioni di CO2. Una dimostrazione dell’assurdità delle regole. Si è, infatti, aperto il mercato dei “certificati verdi”. Si tratta dei crediti di carbonio venduti dai fabbricanti di auto elettriche ai concorrenti che fabbricano motori tradizionali (gli unici graditi al mercato) per ottenere l’indulgenza ambientale. Servono ad abbattere le multe imposte dall’Unione europea alle case automobilistiche che non rispettano i limiti sulle emissioni provocate dalle loro vetture. Ovviamente i maggiori beneficiari saranno i cinesi dalle cui catene di montaggio escono solo auto a batteria. Insomma le regole europee stanno provocando una situazione assurda visto che le imprese europee, acquistando i certificati verdi, finanziano la concorrenza per miliardi di euro.

A partire dal 2035, inoltre, le normative stabiliranno lo stop definitivo alla produzione di veicoli a benzina e diesel, mettendo sotto pressione i produttori tradizionali. Per evitare sanzioni pesanti, i costruttori stanno cercando soluzioni alternative, tra cui la creazione di due distinti "pool" per la condivisione dei crediti di emissione di CO2, annullando i peccati di chi non raggiunge gli obiettivi di vendita di veicoli elettrici.

Il primo "pool" si sta formando sotto la guida di Tesla, coinvolgendo Stellantis, Toyota, Ford, Mazda, Subaru, Alfa Romeo e Peugeot. La dichiarazione di intenti depositata alla Commissione europea lo scorso 7 gennaio rende ufficiale questa alleanza strategica. Stellantis ha dichiarato che aderire al pool di Tesla consentirà all’azienda di raggiungere gli obiettivi europei per il 2025evitando le sanzioni.

Il secondo "pool", al momento più ridotto, si sta formando attorno a Mercedes-Benz, utilizzando i crediti che stanno in pancia ad aziende europee (Polestar, Volvo e Smart) ma di proprietà cinese..

Il modello dei pool di emissioni, pur se legale, solleva interrogativi sull’alto contenuto ideologico delle norme Ue. Sono sempre più simili alle famose “grida” manzoniane. Severissime nel testo, inapplicabili nella realtà. Se non addirittura a parametro inverso. Le case automobilistiche, infatti, anziché investire sul prodotto preferiscono partecipare al bazar dei certificati verdi. Abolire queste norme servirebbe almeno ad abbassare il tasso di ipocrisia lasciando finalmente le aziende libere di sviluppare le auto secondo le preferenze del pubblico che ha mostrato di non avere alcun interesse per l’elettrico.

Stando alle informazioni diffuse dall’Associazione dei Costruttori Europei di Automobili (ACEA), i produttori che partecipano al pool di Tesla rappresentano quasi il 30% delle vendite in Europa nei primi 11 mesi del 2024.

Questa evoluzione del mercato automobilistico segna un momento cruciale nella transizione energetica ma mette anche in luce le difficoltà che l'Europa sta affrontando nel forzare un cambiamento radicale e tempestivo del settore verso un futuro a basse emissioni. La domanda che rimane aperta è se tali alleanze contribuiranno davvero alla decarbonizzazione del settore o solo a finanziare i produttori cinesi che a questo punto avranno ancora più interesse a vendere le loro auto. Tanto a sussidiarli non c’è solo il governo di Pechino ma anche i concorrenti.

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Nino Sunseri