Giungle urbane, i migliori luoghi dove «respirare» tra i grattacieli
La natura sta diventando un tratto caratteristico delle metropoli moderne. Andar per parchi o alla scoperta di giardini segreti è una nuova tendenza globale, non solo per appassionati di trekking.
Dentro New York si contano più specie che nel parco nazionale di Yosemite». Lo scrive Ben Wilson nell’introduzione al suo ultimo libro, Giungla urbana, in uscita l’11 ottobre per Il Saggiatore. Lo storico e ricercatore dell’Università di Cambridge esplora il legame tra uomo e natura, anzi, più precisamente tra urbanizzazione e natura e del suo giro del mondo lungo il lato più selvatico delle città, c’è una cosa che lo ha colpito particolarmente: «Quella parte», svela, «è frenetica, cosmopolita e in costante fermento, al pari di quella umana».
E di questa convivenza racconta da Taiwan a New York, lungo esempi eccellenti di un cosmopolitismo animale e vegetale che viaggia per le metropoli del mondo. Così si scopre che Londra nel 2019 si è guadagnata il titolo di prima città parco nazionale della Terra: «Quasi la metà del suo territorio è verde e il 60 per cento è composto da aree non edificate», spiega Wilson. «Ci sono 14 mila specie diverse di piante, animali e funghi nella capitale inglese; circa il 20 per cento della superficie dell’area metropolitana consiste in “siti importanti per la conservazione della natura”». Da allora il lato selvatico del mondo urbano ha cominciato a essere preservato. Berlino ne è un altro esempio straordinario perché il suo Tiergarten è una foresta naturale nel cuore della città, ripristinato al suo stato originario di bosco paludoso dopo la guerra. E se il più grande è il parco nazionale della Tijuca, a Rio de Janeiro, con quasi 4 mila ettari di superficie, gli esempi non mancano. Come suggerisce Wilson, «fatevi un giro nei prati che stanno spuntando nel Freshkills Park di New York, o nella foresta che sta maturando nel Südgelände a Berlino; entrate nella microgiungla di Bangalore o in un prato di fiori selvatici a Francoforte; perdetevi nella Trinity Forest di Dallas o nella Mangar Bani di Delhi: la natura selvatica sta diventando un tratto caratteristico delle città moderne». Il lato selvatico fatto di piccole giungle e foreste urbane, fa tendenza. Non solo tra gli appassionati di trekking urbano e gli amanti di giardini e paesaggi: a raggiungere queste mete sono viaggiatori curiosi, anche in Italia. Ecco dove andare.
A Venezia si fa rotta sulle isole della laguna. La Certosa, non lontano dai Giardini della Biennale, è un paradiso di vegetazione locale: 22 ettari di pioppi bianchi e neri e di frassini, ma anche di arbusti tipici del litorale e canneti mescolati ad alberi da frutto e altre specie che si sono fatte adottare dall’isola sono da esplorare, insieme alla sua storia. Furono gli agostiniani a stabilire lì la loro comunità nel 1119 e Napoleone a trasformarla in un’isola militare. Nel 1997 i lavori di bonifica l’hanno resa quella che è oggi, con una piccola marina. Poco distante è l’isola di Vignole, un tempo luogo di villeggiatura e oggi ricoperto di orti privati tra i quali passeggiare fino ad arrivare alla minuscola isola antistante, regno di una piccola giungla lagunare. Imperdibile è l’isola di San Francesco nel deserto (Sanfrancescodeldeserto.it). La sua storia comincia nel 1200 ed è tuttora custodita dall’ordine dei frati minori che curano un parco meraviglioso appoggiato sull’acqua, una vera oasi di pace. Tutti questi luoghi si raggiungono con il servizio pubblico locale.
A Milano compie 50 anni il Bosco in città (Boscoincitta.it). Gestito dal Centro forestazione urbana di Italia Nostra, vanta boschi, prati, zone umide, un giardino d’acqua, un frutteto, l’apiario e un piccolo lago su 120 ettari. Altra realtà significativa è il Parco delle Cave (Parcodellecave.it), unico per il suo paesaggio. Il suo nome è dovuto alle cave che negli anni 20 del secolo scorso fornivano ghiaia e sabbia e che, in seguito al loro abbandono, sono diventate laghi pescosi. E proprio le associazioni di pescatori hanno mosso i primi passi per trasformare la zona in parco. Era il 1976 e oggi il bosco, le marcite, gli orti, i prati fioriti e le zone umide, ne fanno 135 ettari di paradiso. Nel castello di Grazzano Visconti (Piacenza) va in scena ogni anno la manifestazione Verde Grazzano (27 - 29 settembre, verdegrazzano.it ), ma il parco merita attenzione: risistemato ai primi del Novecento dal duca Giuseppe Visconti di Modrone è un esempio pionieristico di biodiversità, dove il giardino all’italiana si fonde con romantiche selve da scoprire.
Cagliari si distingue per il Parco del Monte Urpinu. Oggetto di due rimboschimenti sul finire dell’Ottocento e poi di attenzione militare che lo ha scelto per stabilirvi un grosso deposito di carburante negli anni Trenta, dismesso solo nei primi del Duemila, il parco è popolato da una ricca fauna, dai cigni ai pavoni, dalle gallinelle d’acqua alle tartarughe. Merita una passeggiata per la grande biodiversità e per il paesaggio: la città è avvolta dal suo abbraccio verde. Roma, poi, è città verde, grazie ai meravigliosi parchi delle sue ville, aperti al pubblico. Ma meritano attenzione particolare due indirizzi. L’orto botanico (Ortobotanicodiroma.it) ospitato nel parco di Villa Corsini e su parte dell’area archeologica Horti Getae, anticamente costituita dalle terme di Settimio Severo, è uno dei più grandi d’Italia. Una meraviglia: ci sono varietà naturalistiche provenienti da tutto il mondo, insieme ad alberi secolari e flora locale.
Quello meno noto al pubblico è però il giardino della Villa del Priorato di Malta sul Colle Aventino. Si può visitare solo su prenotazione nella mattina del venerdì inviando una mail a Visitorscentre@orderofmalta.int. Varcare il portone è qualcosa di straordinario, con il suo giardino affacciato sulla cupola della basilica di San Pietro, ma in caso di chiusura basterà guardare dal buco della serratura: l’inquadratura è perfetta! Ultima tappa è Palermo che vanta due luoghi mitici per i cercatori di alberi: l’orto botanico (Ortobotanico.unipa.it) e piazza Marina. Ospitano due tra i più antichi (e giganteschi) ficus, tanto che quello visibile qui è stato insignito del titolo di Albero italiano dell’anno nel 2022.