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L’Ospedale 68: un capitolo italiano nella Guerra di Corea

L’Ospedale 68: un capitolo italiano nella Guerra di Corea

La Guerra di Corea (1950-1953) è spesso ricordata come uno dei fronti più brutali della Guerra Fredda, ma pochi sanno che, in quel conflitto devastante, un angolo di umanità e solidarietà portava il marchio italiano. Si tratta dell’Ospedale da campo 68, un’iniziativa della Croce Rossa Italiana (CRI) che, pur in un’Italia ufficialmente non coinvolta nella guerra, rappresentò un contributo medico fondamentale per la popolazione coreana e i militari coinvolti.

L’Italia del dopoguerra, pur non partecipando attivamente alle operazioni militari in Corea, aderì alle richieste delle Nazioni Unite e della Croce Rossa Internazionale per fornire supporto umanitario. La scelta cadde sull’invio di un ospedale da campo con 100 posti letto, destinato a operare sotto l’autorità dell’8ª Armata statunitense, ma orientato principalmente alla cura di civili coreani. Questa decisione rappresentò un compromesso delicato, in un Parlamento italiano diviso tra chi voleva mantenere una neutralità assoluta e chi sosteneva l’importanza di schierarsi almeno simbolicamente con l’Occidente.

L’Ospedale 68, allestito inizialmente in una scuola abbandonata a Yong Dung-Po, si rivelò presto una struttura moderna per l’epoca, con sala operatoria, laboratorio di analisi, reparto radiologico e ambulatorio. Durante la sua attività, il personale italiano eseguì oltre 590.000 prestazioni mediche e fornì un supporto essenziale in situazioni critiche, come disastri ferroviari e calamità naturali.

Per molti membri dello staff dell’Ospedale 68, l’esperienza in Corea lasciò un segno profondo. Tra loro, spicca la figura di Emilio Donatoni, italiano che dedicò una parte cruciale della sua vita a questa missione.

Durante un recente incontro tra veterani e familiari tenutosi a Seoul e Busan, abbiamo incontrato la figlia di Donatoni. Con emozione, ha condiviso con Panorama.it i ricordi di suo padre e il legame speciale che lui aveva con la Corea del Sud. “Non capivo questo amore così forte che mio padre provava per la Corea,” ha raccontato, “ma ho iniziato a comprenderlo troppo tardi, solo scavando nei suoi ricordi e nei suoi racconti.”

Tra gli aneddoti più significativi, la figlia ha rivelato l’impegno di Donatoni nel mantenere vivo il suo legame con la lingua coreana. “Per non dimenticare, aveva creato un piccolo dizionario personale di termini medici, scrivendo la traduzione coreana accanto a parole come ‘occhio’, ‘mano’ o ‘cuore’.” Per Donatoni, la Corea non era solo un episodio della sua carriera, ma una parte indelebile della sua vita e identità.

L’Ospedale 68 rappresenta un esempio straordinario di solidarietà internazionale, testimoniando come l’Italia, in un momento di ricostruzione interna, seppe comunque rispondere alla chiamata dell’umanità. Oggi, il sacrificio e il lavoro dei medici, degli infermieri e del personale tecnico impiegato in Corea continuano a essere ricordati come un gesto di pace in un mondo diviso.

L’amore di Emilio Donatoni per la Corea del Sud ci ricorda che, dietro i grandi eventi della storia, ci sono persone che costruiscono ponti tra culture e nazioni, lasciando un’eredità di speranza e comprensione. Il suo piccolo dizionario, custodito ancora oggi dalla sua famiglia, è il simbolo di questo legame che il tempo non ha mai spezzato.

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