Guerra in Siria: Turchia-Curdi-Russia-Usa. La guida per capirci qualcosa
Guida ragionata all'attacco lanciato dai turchi contro i curdi nel Paese martoriato da otto anni di guerra civile. Un conflitto che sta modificando l'intero scacchiere medio-orientale
La Turchia che invade il Nord della Siria, Washington che tradisce i curdi, le truppe Usa che si ritirano dal Nord Est del Paese, i soldati russi che si insediano in quelle che fino a ieri erano basi militari americane, i curdi che si alleano con l'avversario Assad... Il terremoto che a inizio ottobre ha colpito la Siria, già devastata da una guerra civile che ha provocato oltre 400 mila morti e milioni fra sfollati e rifugiati, sta cambiando lo scacchiere dell'intero Medio Oriente. E non solo a causa degli almeno 150 mila civili costretti a fuggire dalle loro case. Per capire che cosa sta succedendo nel Paese che da otto anni è il teatro di una serie di guerre per procura fra varie potenze, Panorama ha elaborato una guida ragionata. Dai ricatti di Erdogan al voltafaccia di Trump, dai giri di valzer di Assad al trionfo di Putin, tutto quello che bisogna sapere sulla tragedia siriana.
Che cosa vuole la Turchia?
Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, due sono gli obiettivi del sultano di Istanbul, Recep Tayyip Erdogan. Anzitutto vuole cacciare dall'area vicino al confine con la Turchia i miliziani curdi dell'Ypg, l'Unità di protezione popolare che ritiene una minaccia alla sicurezza interna turca. Ankara considera il braccio armato dell'alleanza a guida curda delle Forze democratiche siriane un'organizzazione terroristica. A suo parere, l'Ypg non sarebbe altro che un'estensione del Pkk, l'organizzazione paramilitare che in Turchia lotta per l'autonomia dei curdi dal 1984. In secondo luogo, Erdogan vuole creare uno spazio all'interno della Siria in cui reinsediare i 2 milioni di rifugiati siriani al momento stazionati in Turchia. In quest'ottica, la Turchia vuole creare una «zona di sicurezza», che inizialmente dovrebbe estendersi per 32 chilometri per poi allargarsi all'interno della Siria.
In che cosa consiste la «zona di sicurezza»?
Dopo che, lo scorso dicembre, Donald Trump aveva annunciato la sconfitta dell'Isis e preannunciato il ritiro dei 2 mila soldati che aiutavano i miliziani curdi, Ankara iniziò a parlare della creazione di una «zona di sicurezza» nel Nord Est della Siria. Come spiega la Bbc, la questione tornò fuori dopo che l'Ypg aveva conquistato l'ultima sacca del territorio dello Stato Islamico nel marzo 2019. Ad agosto, Washington aveva concordato con Ankara la creazione di un «meccanismo di sicurezza» sulla parte siriana della frontiera. E i curdi avevano iniziato a smantellare le fortificazioni sul confine. Ma quando, due mesi dopo, Erdogan ha annunciato a Trump che stava per iniziare un'operazione miliare al fine di creare una «zona di sicurezza», i soldati Usa hanno iniziato a ritirarsi. A quel punto, la Turchia ha lanciato un durissimo attacco contro le milizie curde di protezione popolare, Ypg. Per tutta risposta, il 14 ottobre Washington ha imposto sanzioni contro i ministeri della Difesa e dell'Energia turchi, oltre che contro i ministri della Difesa, dell'Energia e dell'Interno. L'amministrazione Trump ha anche aumentato i dazi sull’acciaio turco.
Che cosa prevede la tregua stabilita il 17 ottobre?
L'accordo per il «cessate il fuoco» in Siria raggiunto fra il presidente turco Erdogan e il vice-presidente Usa Mike Pence prevede uno stop dell'offensiva militare della durata di cinque giorni. Durante queste precarie 120 ore, nel corso delle quali la Turchia ha continuato a lanciare razzi, gli Stati Uniti dovrebbe favorire l'evacuazione dei combattenti curdi dalla zona di sicurezza concordata con Ankara. In tal modo la Turchia otterrà l'agognata zona di sicurezza oltre il suo confine, in territorio siriano. Pence ha specificato che gli Stati Uniti toglieranno le sanzioni alla Turchia, una volta che il cessate il fuoco diventerà permanente. Di fatto, si tratta di una vittoria per Erdogan.
I curdi come hanno reagito?
Un portavoce delle Forze democratiche siriane ha definito quella degli Stati Uniti «una pugnalata alle spalle». Ad ogni modo i curdi, che hanno accusato le forze turche di aver utilizzato «fosforo bianco e napalm», hanno resistito all'attacco, in particolar modo nelle città di frontiera. Ma, abbandonati dagli Stati Uniti, hanno avuto bisogno di sostegno. Ecco perché il 13 ottobre i curdi siriani hanno firmato un accordo con Bashar al-Assad, che prevede il dispiegamento di truppe di Assad vicino alla frontiera per scoraggiare le incursioni turche e cercare di proteggere i civili curdi. Il 20 ottobre è iniziato il ritiro delle forze curde, seguite dai civili, dalla città siriana di Ras al-Ayn, vicino al confine turco. La prima ritirata dalla sigla del cessate il fuoco apre la strada al ritiro completo delle forze curde, che secondo gli accordi dovrebbe avvenire entro il 22 ottobre sera.
Che ripercussioni geopolitiche ha avuto l'accordo fra curdi e Assad?
L’intesa ha sancito la fine della separazione politica de facto dell’Est del Paese dal resto della Siria, che ormai è quasi interamente tornata sotto il controllo di Damasco. Non solo: ha anche mutato gli equilibri nella regione. «Questo nuovo accordo ridefinisce i fronti di guerra e della partita geopolitica siriana» si legge su un'analisi sul sito Ispionline dedicata all'accordo. «Gli Stati Uniti hanno di fatto lasciato che i curdi trovassero un nuovo alleato nei loro avversari: Damasco, e quindi Mosca. Dall’altra parte, la Turchia e i ribelli anti-Assad potrebbero andare oltre l’obiettivo di assicurarsi il controllo del confine. Nel mezzo pende l’incognita dello Stato Islamico».
Nella partita che ruolo gioca Mosca?
Come ha titolato il New York Times, «In Siria la Russia è contenta di colmare un vuoto americano». Il quotidiano statunitense ha spiegato che «mentre gli Stati Uniti si ritirano dalla Siria, la Russia subentra, mandando pattuglie a separare le fazioni in guerra, trovando accordi e aiutando il presidente Bashar al Assad ad avanzare». Come ha detto Aleksandr Shumilin, specialista di Medio oriente all'Accademia delle scienze di Mosca, riferendosi al ritiro delle truppe statunitensi, «questo è un regalo inaspettato per Putin». Donald Trump, dal canto suo, minimizza. «La Siria può ottenere l'aiuto dalla Russia e va bene: c'è molta sabbia con cui giocare lì» ha commentato il presidente durante l'incontro a Washington con Sergio Mattarella. In realtà il leader del Cremlino si sta rivelando il deus ex machina del nuovo Medio Oriente. Mentre i soldati Usa stavano lasciando le loro basi vicino alla città siriana di Manbij, il 15 ottobre, Vladimir Putin si trovava in visita di Stato negli Emirati Arabi Uniti, dopo aver visitato il giorno prima l'Arabia Saudita. «Penso a Mosca come alla mia seconda casa» ha commentato il principe di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed, il sovrano de facto degli Emirati.