Hillary Clinton: quante differenze con Barack Obama
Dalla politica estera all'elettorato di base fino alla posizione contro la sinistra di Occupy Wall Street
I repubblicani da tempo dicono con disprezzo che una vittoria di Hillary Clinton alle prossime elezioni non sarebbe altro che un terzo mandato di Obama, un avvicendamento di volti senza un vero cambiamento politico. Con tutt’altro intento, anche il vicepresidente, Joe Biden, ha detto la stessa cosa: il vincitore della nomination democratica farà bene ad abbracciare e promuovere la continuità. "Si tratta soltanto di riconoscere le politiche che funzionano", ha spiegato Biden. Squadra che vince non si cambia, insomma. Ma Hillary è davvero pronta ad accettare il ruolo di continuatrice dell’opera obamiana? Quali sono le effettive differenze nell’impianto politico di due candidati che se le sono date di santa ragione alle primarie del 2008?
Il nodo della politica estera
Nel suo libro di memorie, "Hard Choices", Hillary offre le coordinate fondamentali per tracciare le sue differenze con Obama, specialmente sulla politica estera, l’ambito in cui l’ex first lady ha lavorato, spesso scontrandosi, con il presidente. Hillary aderisce a una visione liberal della politica internazionale e pensa che l’America debba attivamente impegnarsi per favorire la transizione dei regimi dittatoriali verso la democrazia.
Pur concordando in linea teorica, Obama in questi anni ha invece usato molta prudenza e senso della realpolitik, ora rovesciando i dittatori, ora tollerandoli; ora assecondando le primavere arabe ora abbandonando i manifestanti nelle piazze del medio oriente e non solo. Hillary ha criticato uno degli informali motti della politica estera di Obama: “Don’t do stupid stuff”, non fare cose stupide, dicendo che non è un principio strategico.
Quand’era segretario di stato avrebbe voluto dalla Casa Bianca una presa di posizione più dura contro Putin e contro Assad, più accondiscendenza verso le richieste di Israele (anche se poi ha negoziato le basi del pre-accordo nucleare per cui Teheran esulta), e allo stesso tempo si aspettava più prudenza nel trattare con Mubarak in Egitto e più flessibilità sul ritiro delle truppe dall’Afghanistan, secondo il principio per cui il nemico è avvantaggiato se la tua presenza ha una data di scadenza.
Quel che Hillary è riuscita ad ottenere è stata la deposizione di Gheddafi, propiziata dall’avventurismo interessato di Francia e Inghilterra, e si sa com’è andata a finire. Qualche tempo fa anche Robert Kagan, lo storico neoconservatore che ha molto influenzato la strategia di George W. Bush, ha detto che con il suo atteggiamento aggressivo Clinton potrebbe essere la federatrice dei falchi di destra e di sinistra. La candidata promette un ritorno della centralità della leadership americana dopo gli anni del “leading from behind”.
L'elettorato ispanico e afroamericano
Hillary non gode di particolare popolarità presso l’elettorato ispanico, decisivo per arrivare alla Casa Bianca, ma i decreti con cui Obama ha aperto la porta alla regolarizzazione degli immigrati clandestini che lavorano e si mettono in regola con il fisco le offrono un assist d’oro: la candidata ha dato il suo endorsement alla riforma, e i latinos hanno preso nota. Un sondaggio dell’istituto Latinos Decisions dice che l’85% degli elettori ispanici darà il suo voto a qualunque candidato democratico prometterà di proseguire sulla strada aperta da Obama.
Più complicato il discorso per la comunità afroamericana, che vota tendenzialmente a sinistra ma giudica Hillary troppo bianca ed elitaria per diventare un bastione credibile della difesa dei diritti civili.
Le donne e gli omosessuali
Per quanto riguarda l’appeal presso le donne, teoricamente Hillary dovrebbe avere un vantaggio naturale, eppure Obama nelle due tornate elettorali vinte ha conquistato circa il 56 per cento dell’elettorato femminile, aumentando enormemente il “gender gap” in favore dei democratici rispetto alle elezioni del 2004. I sondaggi dicono che Hillary attrae una percentuale analoga, prova che la sua partecipazione alla corsa non le garantisce automaticamente un plebiscito rosa.
Come Obama, invece, la sua posizione si è "evoluta" sul fronte dei matrimoni gay. Per quanto i suoi avversari la accusino di avere issato la bandiera arcobaleno per puro opportunismo politico, Hillary ha in realtà soltanto seguito il cambiamento generale dell’opinione pubblica americana sulle nozze omosessuali.
Gli Occupy Wall Street
Infine, contrariamente a Obama, Hillary è vista con sospetto, per non dire con livore, dalla sinistra di Occupy Wall Street che si è fatta largo in questi anni a suon di battaglie contro i banchieri di Wall Street e messaggi populisti contro le disuguaglianze economiche. L’imbarazzo della corrente più radicale è perfettamente espresso nel modo in con cui il sindaco di New York, Bill de Blasio, si è rifiutato di dare la sua benedizione alla candidata democratica. E dire che de Blasio deve tutta la sua carriera politica alla famiglia Clinton. Per il suo elettorato radicale, però, lei è soltanto l’erede privilegiata di una dinastia politica che ha fatto fortuna anche grazie al caldo abbraccio con Wall Street quando Bill era presidente. Obama nel 2008 era riuscito nell’impresa di riunire tutte le correnti del partito sotto il suo brand.