Pace in Ucraina: ecco i nodi da sciogliere
Dall'assedio di Debaltsevo all'adesione di Kiev alla Nato: i punti su cui il vertice di Minsk potrebbe fallire
Occhi puntati sulla Bielorussia
Angela Merkel vola Washington per trovare un accordo che veda Europa e Usa uniti al tavolo di Minsk, mercoledì, dove è previsto un vertice-chiave tra i leader di Francia, Germania, Russia e Ucraina. Obiettivo: congelare la situazione sul terreno nelle zone orientali del Paese, in vista di un accordo di più lunga durata che soddisfi un po' tutti gli attori regionali, ma anche locali - le milizie filorusse e quelle filoucraine - che costituiscono un fattore di destabilizzazione nelle regioni est dell'Ucraina. Il punto, al di là degli attriti tra europei e americani sull'invio di armi a Kiev, è capire quali sono i nodi da risolvere perché il negoziato possa avere successo, evitando il fallimento del precedente accordo di Minsk del settembre 2014. Nodi alcuni dei quali (come il sanguinoso assedio di Debaltsevo o il salvacondotto per i miliziani) possono essere sciolti abbastanza agevolmente, altri invece sono considerati scogli insormontabili (come la questione dell'adesione alla Nato dell'Ucraina) sulla via di qualsiasi accordo di lunga durata lungo l'asse Kiev Mosca
I territori contesi
I secessionisti nell'Ucraina dell'est - che nei mesi scorsi hanno conquistato la città di Marijupol, l'areoporto di Donesk e circondato ottomila soldati ucraini nella sacca di Debaltsevo - non intendono ritirarsi dalle posizioni acquisite. O comunque, se lo faranno, è perché Mosca ha dato il suo assenso ed ampie garanzie. Putin intende congelare queste nuove «invisibili» frontiere, per addivenire a un accordo di pace che riconosca il carattere di fatto indipendente delle nuove province in mano ai filorussi. Non pare sufficiente, per Kiev, la promessa moscovita di isolare le frange più estreme della resistenza. Poroshenko chiede la fine della fornitura degli aiuti militari russi ai ribelli e il ritiro dei soldati dal territorio ucraino, nonché aiuti e armi agli americani, un'ipotesi che però gli europei guardano con sospetto, temendo una «balcanizzazione» del conflitto. Uno scenario ex-jugoslavo, di cui qualche segnale è già presente. Il rischio di un congelamento della situazione sul terreno, sul modello dell'Abkhazia o della Transnistria, è molto alto. E non offre garanzie solide per un accordo che stabilizzi la regione
Immunità per i miliziani
Che cosa fare dei ribelli indipendentisti e dei miliziani ucraini che si sono macchiati di crimini di guerra? Putin insiste per un salvacondotto che eviti di spaccare le forze filorusse in Ucraina. Kiev insiste per processi contro i leader delle formazioni secessioniste che hanno comesso atrocità durante il conflitto. Come se ne esce? Se ne discuterà a Minsk, ma l'ipotesi più probabile è quella di un accordo Kiev-Mosca che un po' in sordina fornisca una immunità alle milizie ucraina e filorusse che hanno commesso stragi o omicidi contro i civili. In questo caso l'accordo potrebbe essere realistico
L'adesione alla Nato
Una delle richieste chiave dell'Ucraina è quella di entrare a far parte della Nato. Su questo terreno però l'opposizione di Mosca è assoluta. La necessità per la Russia di avere una zona cuscinetto ai propri confini non è un capriccio, è un punto chiave su cui qualsiasi trattativa che punti a un ritorno della situazione ex ante rischia di deflagrare. Benché Putin non abbia mai detto di volere una annessione tout court dei territori filorussi e insista per un Ucraina neutrale e federale, la richiesta di una forte autonomia regionale è di fatto un modo per congelare una situazione che ha spezzato la sovranità nazionale e territoriale di Kiev sui propri territori. Quello dell'adesione dell'Ucraina nella Nato, ancora di più del nodo dell'adesione all'Ue, è il vero scoglio della trattativa possibile. Nessuno, tanto meno Mosca, vuole retrocedere
Le forniture energetiche
Una delle armi che ha in mano Mosca per convincere Kiev ad accettare una pace che riconosca il carattere di fatto autonomo dei territori orientali è quello delle forniture energetiche attraverso un gasdotto Gazprom che rifornisce un terzo del fabbisogno europeo e, passando per il sud del Paese, la gran parte dei bisogni energetici di Kiev. Queste forniture, interrotte dopo la rivoluzione di piazza Maidan, poi riprese grazie alla mediazione Ue che ha fatto da garante per il pagamento del gas nei confronti dell'Ucraina, sono un'arma potentissima in mano Mosca, che però si trova in una condizione di grave crisi valutaria ed economica che appesantisce il bilancio dello Stato e rende l'instabilità strategicamente svantaggiosa. Se è vero che Mosca può isolare energeticamente Kiev e far male all'Europa, è altrettanto vero che la chiusura delle forniture all'Ucraina e quindi all'Europa significa per Mosca una perdita netta di miliardi di rubli ogni trimestre