Il Fuorisalone spiegato a mia figlia
Arfio Marchini commenta a modo suo l'evento della settimana a Milano
Cara figlia mia, quando diventerai grande è possibile che qualche tuo amico hypster (tuo padre è democratico e ti fa giocare con tutti) ti chiederà di andare al Fuorisalone. Abituata come sei alla bellezza gli risponderai : “No grazie, se vuoi un fuori salone possiamo vederci sul pianerottolo di casa mia che è grande 300 mq2”, ma lui insisterà dicendoti che è “l’evento cool del momento”. Si, cara figlia mia, gli hypster dicono “cool” come Renzi.
Prenderai un Frecciarossa e in poche ore sarai a Milano. Lì ti chiederai perché tanta gente che passa i pomeriggi all’Ikea e vive con i mobili di Mondo Convenienza perde tempo a fare la fila in una enorme fiera del mobile e del design salvo poi non avere soldi neanche per una rustichella.
La Fiera si tiene abitualmente a Rho-Pero e scorgerai uomini e donne che sulla linea Rossa si caricano comodini e lampade dai design futuristici che andranno ad ornare i loro spogli saloni, come ricordo eterno di quel memorabile salone. Ti accorgerai però che la vera attrazione non è quella, infatti resterai solo il tempo di sentire il tuo amico hypster: “We ragà andiamo sui Navigli che ci sono dei negozi di cucine che fanno delle esposizioni da paura!”. In quel momento ti ricorderai di tuo padre, che ti ha sempre detto di evitare certi posti. Ma sfiderai i nostri valori familiari e entrerai in un negozio Scavolini che sarà addobbato come il Festival di San Remo.
Lì mangerai delle tartine di seconda categorie, avanzate dal compleanno di qualche agente di borsa, ti serviranno del prosecco fatto con le cartine e il tuo amico hypster dirà: “Arriva una violinista bulgara con passaporto filippino che ci intratterrà con della music fusion etnica angolana, da paura raga!”. Ascolterai questa giovane promessa della musica e penserai che in fin dei conti se la modernità passa di lì, tu sei felice.
Dopo ti sposterai verso Porta Genova, per la precisione in via Tortona, dove un tempo sorgevano delle Fabbriche della Ansaldo e dove uomini piegati dalla fatica mettevano insieme un salario. Oggi è il tempio della moda, degli happy hours, del design, delle feste, degli studi di architettura senza architetti, delle fondazioni di pittura senza pittori. Lì passerai gran parte del tuo tempo in fila per entrare ad un concerto di musica indie, berrai degli spritz annacquati e inizierai ad odiare il tuo amico hypster quando dirà: “Raga, questi che stiamo per sentire sono il gruppo più hard cool metal empire state builing del secolo venturo”. E quando ti domanderai cosa ci sei andata a fare sarà troppo tardi.
Cara figlia mia, sarai sballottata da una presentazione di un libro non scritto ad uno spettacolo di teatro sperimentale, talmente sperimentale che non ci saranno neanche le poltrone per mettersi seduti, perché in fin dei conti il “Fuorisalone” trasforma il disagio in moda, la classe ipertrofica e priva di contenuti in tendenza con il bene placido delle istituzioni che pensano che quella roba lì sia cultura, sia classe, sia bellezza.
Ci saranno file di architetti e intellettuali, che solo in quei giorni dell’anno riesco ad uscire dai salotti imbellettati dove di solito albergano e svolgono le loro funzioni fisiologiche e sociali per tutto l’anno che parleranno delle prossime elezioni, del Governo e parleranno male del Sindaco chiunque esso sia, perché per l’intellettuale radical chic “il Sindaco ha tradito sempre la spinta emotiva su cui è stato eletto”. Per loro ogni anno viene istituito un premio particolare il “Fuorisalotto”, dedicato all’intellettuale più ordinario e rispettoso dei luoghi comuni dell’anno. Per par condicio non posso rivelarti i vincitori degli anni passati.
All’alba tornerai a casa e godrai dell’unica cosa bella: l’alba. Quell’alba milanese che lenta cresce sovrastando i monti e irradia di una tiepida luce i grattacieli, le case antiche con larghi finestroni. Entrerai Quando in casa di una sconosciuta, che ti ha affittato il suo posto letto a quaranta euro a notte, stanca e sconsolata, ripenserai al tuo amico hypster e dirai: “me lo aveva detto babbo Arfio di non dare retta a quelli di vintage vestiti”.
Cara figlia mia, se puoi evita di andare, ma tanto non lo farai, quindi ti dico fin da adesso di non portarmi nessun regalo da quella trasferta, ho ancora una lampada in vetroresina con un motore a scoppio, in garage che mi portò tua madre una volta e che non è mai stata utilizzata.
Fuorisalone ti evito. Milano ti salvo. Figlia ti avverto. Hypster ti censuro. Roma ti amo.