Intervista a Giancarlo Giorgetti: "Chiamatemi Pirlo"
Potente sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio, è sempre lontano dai riflettori. Instancabile tessitore, dice: "Tanti vogliono fare gol, io so stare a centrocampo". Con Panorama non si tira indietro e parla di Berlusconi e di voltagabbana, dei migranti e dei grillini, delle lobby e dei litigi con Conte
"Non puoi più pretendere di avere tutti quanti attorno a te, non puoi più trattare i tuoi amanti come fossero bigné". Immaginarlo al karaoke come uno dei Decibel, in effetti fa un po’ impressione. Anche se Giancarlo Giorgetti, nato 51 anni fa sotto il segno del Sagittario, a quanto dicono è capace di fare tutto, non solo di cantare Contessa.
Per esempio, pare sia un bravo esecutore di risotti e un’ottima forchetta se a tavola compare il gubbino, pesce di lago in via di estinzione. Piatto insuperabile, pensa chi lo ha assaggiato a Cazzago Brabbia, dove il regista della nuova Lega (e non solo) è nato e cresciuto. L’androne di Palazzo Chigi che ospita la segreteria di Giorgetti è un silenzioso alveare dove si batte sulla tastiera e si dirige composti un traffico da bollino rosso. Lui, il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, si affaccia in maniche di camicia celeste, barba non rasata e le solite labbra serrate. È il giorno delle intercettazioni sullo stadio di Roma, delle "cene segrete", e il suo nome è su tutti i titoli di giornale. Ma è anche venerdì e per fortuna si torna a casa.
È vero che almeno una decina di parlamentari di Forza Italia vuole fare armi e bagagli e passare alla Lega? "Molti di più". Persino qualche big? "Lo dice lei, io non lo so… dall’inizio della legislatura, dopo aver visto i sondaggi, molti si sono avvicinati, ma non è nel nostro interesse coltivare questi, chiamiamoli così, movimenti. Devono essere decisi dagli elettori quando votano. Noi rispettiamo il vincolo di mandato, come da programma".
Ritratto di un uomo silenzioso e riservato
Si rilassa sul divano bianco. È online anche mentre mi parla, sbircio il mio telefono per averne conferma. "La giornata inizia con i problemi e finisce con i problemi. Anzi, non si sa mai quando finisce". La telefonata all'alba, un dossier dopo l'altro, e soprattutto "un governo di pazzi da gestire". Giorgetti scherza, ma neanche tanto. "Quando ti trovi da solo con i ministri, senza funzionari né commessi, a prendere certe decisioni, ti senti addosso un peso enorme".
Sono passati solo 15 giorni dall'insediamento dell'esecutivo gialloverde e c'è molto da fare. "Staffe squadre da comporre, i dipendenti della struttura che vogliono farsi conoscere, centinaia di persone che chiedono di presentarsi". Non deve essere facile per un uomo considerato in questo momento tra i più potenti d'Italia. "Macché potente, io ho un problema: parlo poco e tutti sono autorizzati a millantare, a dire che sono amici miei. In realtà sono umile e riservato, cerco solo di fare andare d'accordo la gente". Ma intanto c'è la corsa a tenerselo buono, visto il suo ruolo centrale.
Matteo Renzi aveva azzerato tutti i vertici delle aziende di Stato. Questo governo che cosa farà? "Chi è bravo resta, chi non lo è va a casa. Certo che chi sarà nominato dovrà essere di qualità, magari giovane, ma con grandi capacità, altrimenti questo non sarebbe un governo del cambiamento".
Colpiti e affondati quelli che hanno la coda di paglia. Perché di nomi non si parla. "Ne scrivono tante, scrivono quello che vogliono, tanto io non smentisco, evocano una potenza che non c'è. È importante quello che faccio, cioè raccordare politicamente e a livello ministeriale tanta gente nuova che affronta per la prima volta la politica in queste stanze".
Il suo modello non è Richelieu ma Pirlo
A forza di raccordare Giorgetti si è guadagnato più soprannomi di un imperatore: Letta della Lega, Richelieu del centrodestra, Penelope di via Bellerio. "Se devo essere qualcun altro preferisco Andrea Pirlo, chiamatemi Pirlo. Siccome tanti vogliono giocare in attacco e fare gol, c'è bisogno di stare a centrocampo e io sono capace di fare quello".
Ma su quanti amici veri può contare in questo comporre e ricomporre? "Tre in tutto". Qui dentro? "No, non qui, gli amici non li puoi trovare nella politica, troppi conflitti. Invece quei tre che sono fuori mi consigliano, osservano la giostra che va a 200 all'ora".
Come il costruttore Luca Parnasi? "Parnasi è stato mio vicino di casa per 15 anni, ho bevuto con lui il caffè chissà quante volte, abbiamo parlato di calcio, se fai il politico parli anche di politica con interlocutori che hanno dei ruoli".
Il giorno in cui si è deciso di fare il governo, hanno scritto che il via libera sia arrivato proprio dal mediatore Giorgetti, il quale a sua volta aveva parlato con il Demonio. Forse Mario Draghi. "Ma va, quale demonio... Prima cosa: noi della Lega eravamo gli unici senza niente da perdere, volevamo andare a votare subito. Sicuramente a Salvini ho detto che negli ambienti dei poteri forti volevano il governo politico. Meglio un governo anomalo come questo che l'ipotesi Cottarelli senza voti e con lo spread in salita. E Draghi lo sento quando serve".
Cosa pensa del caso Aquarius
Giorgetti si sente un buono convinto che in politica si debba essere buoni. Senza la sua mediazione, forse Umberto Bossi non sarebbe mai stato ricandidato. Ma se Bossi è stato un maestro di politica, è normale chiedersi chi siano quelli che hanno fatto di lui un decisionista sui generis. "Oltre a mio padre, che mi ha insegnato tutto a partire dal senso del dovere che viene molto prima del diritto, una persona stupenda che è volata in cielo il giorno in cui io entravo a Palazzo Chigi: Gianluca Ponzellini, il commercialista dove ho cominciato a lavorare. Un maestro di professionalità e comportamento. Devo a lui, al suo esempio, quello che sono oggi".
Mai un dubbio, dunque, anche da cattolico, sulla gestione della rotta di Aquarius, la nave carica di migranti che l'Italia non ha fatto sbarcare? "Sono cresciuto leggendo Il piccolo missionario, una rivista dei comboniani. Sarà per quello che penso agli anziani, alle mamme e ai bambini che restano nei villaggi di origine e muoiono di fame. Senza telecamere e retorica a buon mercato. Per loro sì che provo compassione. Nonostante la prudenza degli uffici tecnici, né Salvini, né Di Maio, né Danilo Toninelli (ministro pentastellato dei Trasporti, ndr) hanno avuto la minima incertezza su tutta la vicenda. E questo deriva dal coraggio incosciente che fa parte della politica".
Una politica disposta anche a pagare alcuni Paesi d'origine pur di fermare l'ondata. "Prioritario è bloccare gli arrivi e Matteo sta facendo un'autentica rivoluzione. Poi si faranno gli accordi bilaterali e di rimpatrio, ma un principio deve essere chiaro: chi farà patti di questo tipo avrà cooperazione anche finanziaria, per gli altri linea dura e zero aiuti. Stiamo mettendo giù un piano: credo che l'Europa, ma non solo l'Europa visto che facciamo parte anche di altre alleanze, possa fare qualcosa in questa emergenza epocale. La guardia costiera europea? Suggestiva, ma al momento inattuabile".
Com'è cambiato il rapporto con Berlusconi
E l'opera di tessitura, intanto, va avanti. Con Silvio Berlusconi che cosa è cambiato? "Non dico che ci guardi con favore, ma per le cose utili al Paese collabora. Legittimamente, secondo lo schema della vecchia politica, ha cercato di portare avanti un governo di centrodestra che però non aveva i numeri. Siamo una coalizione, ma in competizione sui consensi".
Sulla delega alle Telecomunicazioni finita ai Cinquestelle, in realtà, è nato un altro scoglio. C'era o no un accordo con la Lega? "È una questione che ha gestito Salvini, so solo che il gruppo di Berlusconi sarà trattato come tutti gli altri e che non ha niente da temere. Non è un sottosegretario a garantire, mai nostri principi di governo".
E se si ragiona su un futuro col centrodestra di nuovo unito, Giorgetti lo fa dipendere da quello che succederà nei prossimi sei mesi: "Il perché è evidente, c'è un sistema di potere che gioca a demolire questa alleanza di governo, sulla carta siamo un po' tutti destinati al massacro, pure io per un aperitivo con Parnasi".
Riflettendo sull'inchiesta di Roma, sulla quale la Lega dice di non avere nulla da rimproverarsi, più che cambiare la legge sul finanziamento dei partiti bisognerebbe intervenire sulle fondazioni che fiancheggiano i partiti. Per il sottosegretario "ci vorrebbe una sorta di bilancio consolidato, in modo che sia tutto chiaro e trasparente".
I litigi con il premier Conte
Tessitura, incessante e silenziosa, anche con il Movimento. ("Luigi di Maio? È diligente e sta affrontando una sfida enorme nonostante la giovane età"), con Giorgia Meloni ("Dall'opposizione ha un atteggiamento ambivalente che a volte confligge, da un lato capisce che si va contro i poteri forti, dall'altro non può accettare le componenti di sinistra che esistono nei Cinquestelle") e, dulcis in fundo, con il premier Giuseppe Conte. "Io e Matteo lo abbiamo conosciuto insieme, non è ambizioso e si è messo a disposizione. Digiuno di politica, ha già mostrato al G7 una grande capacità relazionale, perché se entri in feeling con Trump... Simpatico non saprei, diciamo che non è un musone. Poi è capace di comporre, trovare mediazioni".
Un doppione di Giorgetti a Palazzo Chigi? Sarà per questo che vi accapigliate spesso... "Abbiamo litigato almeno due volte. Una su come organizzare gli uffici (ma gli addetti ai lavori sanno che è stato sulla nomina del cinquestelle Giuseppe Busia a segretario generale, ndr). A un certo punto gli ho detto che ero stanco e che non era il caso di proseguire, sono andato via".
Il dna da pescatore che riflette in solitaria
L'abitudine ai vaffa grillini non l'ha ancora presa, ma che lo facciano disperare è un dato di fatto. "Cerco di dare consigli, in base alla mia esperienza, rispetto a trovate geniali che non sono proprio fattibili o opportune". Per esempio togliere il limite ai contanti? "Ah, quella è una cosa che il sistema non vorrebbe farci fare, ma la fervida fantasia di Salvini produrrà sicuramente qualche altra idea".
Michel Platini diceva che se giochi a centrocampo devi sapere dove mandare la palla prima che ti arrivi. Questo insolito successore di Maria Elena Boschi sembra più concentrato a gestire gli strappi che ad apparire simpatico. "Non vivo la politica come comunicazione. Sono figlio di un pescatore che viveva sulla barca per gran parte della giornata. Mio nonno era pescatore, il mio bisnonno pure, se risalgo agli ultimi 400 anni, nella mia famiglia erano tutti pescatori del lago di Varese. Abituati a lavorare riflettendo da soli, se parlavano lo facevano in famiglia o con altri pescatori che incrociavano sul lago. Qualcosa nel Dna dovrà essermi rimasto. E vuole sapere che cosa faceva mia madre? Era tessitrice, lavorava in orditura". Più di così...
L'opposizione interna dei grillini sembra a volte più forte del clamoroso feeling tra Di Maio e Salvini. L'ostilità ideologica che a volte si avverte nei Cinquestelle potrebbe far saltare il banco e travolgere anche le più sottili capacità di mediazione? "Come tutti i movimenti nuovi e con tanti parlamentari esordienti ci sono difficoltà a comprendere le regole scritte e non scritte dei lavori parlamentari e le dinamiche di maggioranza e minoranza. Ma la legge è una: chi sta all'opposizione parla, chi sta nella maggioranza vota. Dura, ma da comprendere in fretta. E vale anche per i nuovi della Lega".
La passione per il Southampton
Tra un dossier, uno strappo e una ricucitura, "il Gianka" non dimentica il Southampton. Lo sanno tutti che appena può prende l'aereo per volare sui campi di calcio in Inghilterra. "Quest'anno per la prima volta abbiamo vinto ai rigori il torneo dei tifosi delle squadre inglesi, a Milano".
Parla come un ultrà, Giorgetti, dice che Mourinho l'anno scorso ha rubato la coppa inglese ai suoi giocatori e mostra, appoggiata sulla scrivania, la maglia biancorossa che l'ex ministro Luca Lotti gli ha regalato insieme alla delega allo Sport. "Mi sono invaghito del Southampton giocando al Subbuteo, a 11 anni. Sono cresciuto affamato di curiosità e cercando notizie sul Guerin sportivo. Solo dopo ho scoperto che eravamo in tanti, tantissimi in Italia a tifare The Saints".
Ma quando ha tempo, il centrocampista si trasforma in un giardiniere che coltiva ribes e more su al Nord. E mentre culla i suoi frutti di bosco, estirpa con pazienza le erbacce, interrotto da troppe telefonate. "Ora sto seguendo la crescita di un melone mantovano, me ne hanno regalato una piantina in campagna elettorale nella bassa padana, se prende bene anche a Varese è un successone". Tempo sei mesi e si saprà come va a finire.
(Articolo pubblicato sul n° 27 di Panorama in edicola dal 21 giugno 2018 con il titolo "Il mio modello non è Richelieu ma Pirlo")