L'Iran sceglie il presidente: perché è importante
Rohani vs Raisi: in gioco l'accordo sul nucleare, i rapporti con l'occidente e il processo di moderata liberalizzazione dei costumi nel paese
L'Iran vota venerdì per il nuovo presidente.
Alle urne sono chiamati 56,4 milioni di cittadini, fra i quali 1,3 milioni di giovani, al voto per la prima volta. Secondo i sondaggi l'affluenza dovrebbe superare il 72%.
Si contendono la presidenza, con possibilità di vittoria, due candidati:
- Hassan Rohani (68 anni), il presidente uscente, considerato - nel contesto relativo della politica di regime iraniana - un moderato progressista, che punta alla riconferma e che sondaggi e previsioni danno come favorito.
- Ebrahim Raisi (56 anni), ultra conservatore, vicino alla guida suprema Ali Khamenei, da molti anche indicato come suo probabile successore. Raisi fu uno dei grandi inquisitori durante i processi degli anni '80 e '90, quando, giovanissimo, fece il pubblico ministero a Teheran e chiese decine di condanne a morte, nel periodo di massima repressione della Repubblica islamica nata dopo la rivoluzione dell'Ayatollah Ruhollah Khomeini nel 1979.
Sono elezioni che suonano come un referendum sull'operato di Rohani in questi quattro anni, soprattutto per quanto riguarda l'accordo sul nucleare dei 5+1 del 2015, voluto fortemente dall'ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che ha portato alla fine delle sanzioni e dell'isolamento internazionale del paese.
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L'Economia e la disoccupazione
Sul voto a favore di Rohani, pesa però la situazione economica. La fine delle sanzioni non ha ancora fatto sentire effetti positivi sull'economia e la disoccupazione è attorno al 12%, addirittura aumentata nei quattro anni di presidenza Rohani. Che ha però dovuto rimettere in sesto un'economia stagnante e afflitta da un'inflazione molto alta che in questi quattro anni si è invece stabilizzata.
Raisi, oltre che dimostrarsi conservatore duro e puro nei costumi, ha usato un messaggio vagamente sociale nella campagna elettorale, con generici riferimenti alle "difficoltà economiche del popolo". Ha così costruito una minacciosa coalizione che tiene insieme i religiosi, le forze più ostili all'occidente e più isolazioniste e alcuni gruppi sociali più sensibili al suo vago populismo.
Anche se si tratta indubbiamente di un regime complesso dalle marcate caratteristiche autoritarie e confessionali, le elezioni presidenziali in Iran sono considerate libere e solitamente prive di brogli e comportamenti scorretti in grado di falsarle.
I poteri del presidente
Il presidente dell'Iran non ha un controllo vero e completo della direzione politica del paese, che spetta invece alla guida suprema. Il presidente però ha una considerevole influenza e concorre all'indirizzo generale. Una vittoria di Raisi, per esempio, comporterebbe probabilmente la fine del dialogo dell'Iran con l'occidente, e metterebbe in discussione l'accordo nucleare. Avrebbe inoltre un impatto di notevole freno al processo lento di liberalizzazione dei costumi all'interno del paese.
Ruolo strategico in Medio Oriente
L'Iran ha un ruolo strategico decisivo nella regione, è il principale sostegno e alleato di Assad nello scacchiere siriano, è il burattinaio dietro a Hezbollah, che usa come minaccia costante contro Israele, ed è il portabandiera della mezzaluna sciita che contende l'egemonia medio orientale all'Arabia Saudita sunnita.
Proprio in queste ore Donald Trump è andato in Arabia Saudita per confermare e rinsaldare l'alleanza fra Washington e Riad.