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MAHMUD HAMS/AFP/Getty Images - maggio 2018
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Iran e nucleare: 5 cose che potrebbero succedere adesso

Ecco cinque possibili scenari, da una guerra imminente, estesa a tutto il Medio Oriente, alla firma di un nuovo accordo

L'annuncio degli Stati Uniti di uscire dall'accordo sul nucleare iraniano ha già avuto le prime conseguenze, ma gli scenari che si prospettano potrebbero essere ben più gravi. L'Unione Europea corre ai ripari, con vertici per delineare nuovi assetti e mantenere in vita il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPA), che garantisce (anche) stabilità economica e non compromette gli scambi commerciali tra Paesi europei - Italia compresa - e Iran.

Mentre tra Israele e Iran sono già iniziati gli attacchi reciproci, dopo gli scontri più limitati degli scorsi mesi, il ministro degli Esteri di Teheran ha già annunciato la prossima mossa della Repubblica islamica: riprendere l'attività di arricchimento dell'uranio. Come reagirà Washington? Che ruolo ha la Russia nella crisi mediorientale? Le incognite e le variabili sono molte, anche perché non esiste un caso analogo precedente.

Ecco 5 possibili scenari che, secondo un'accurata analisi del New York Times, si prospettano a breve.

1) Fallisce la "linea morbida" tra Europa e Iran

In questo scenario l'Europa non riesce a tenere in piedi l'accordo sul nucleare con l'Iran, senza gli Stati Uniti. È l'ipotesi che parte dal presupposto che Washington faccia scattare le annunciate nuove sanzioni contro Teheran, con il primo effetto di danneggiare anche l'Europa nei suoi scambi commerciali con il paese mediorientale. Per superare queste difficoltà i leader europei valutano se varare provvedimenti di contrasto, aprirebbero però una crisi diplomatica senza precedenti con gli Usa.

Per evitare questo, puntano allora a ridurre la propria partnership commerciale con l'Iran, senza però azzerare il rischio: anche nel caso in cui l'economia iraniana non subisse le pesanti ricadute delle precedenti sanzioni in vigore fino al 2014, la linea soft è destinata a non avere effetto sull'opinione pubblica iraniana, schierata contro le posizioni troppo "morbide". I falchi della Repubblica islamica giocano proprio su questo: in questo scenario la conseguenza è l'affermazione della linea dura di Teheran, con l'uscita da un accordo "dimezzato" (perché senza gli Usa) e l'estromissione di Ruhani, visto come troppo diplomatico.

A questo punto, gli Stati Uniti, che si sono inimicati sia gli alleati europei che l'Onu, non sono in grado di guidare un'azione a livello internazionale e l'Iran può proseguire nel suo programma militare e atomico.

2) Lo scenario nord-coreano

Questa ipotesi si basa sulla valutazione di cosa è successo dopo la rottura dell'accordo nucleare con la Corea del Nord nel 2002, con la premessa che si trattava di un'intesa molto meno stringente rispetto a quella iraniana e che Pyongyang è di gran lunga un paese più povero, quindi l'Iran potrebbe ipoteticamente fare progressi in modo più rapido. Ecco come.

I sostenitori della linea dura in Iran aumentano la loro influenza e arrivano a espellere gli ispettori dell'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'Energia Atomica. Il prezzo del petrolio schizza alle stelle, per timore di una guerra, arricchendo la Repubblica islamica. Gli Stati Uniti, ritenuti responsabili di questa situazione, non sono in grado di coalizzare la comunità internazionale per agire in modo univoco e dunque reintroducono solo parte delle sanzioni minacciate.

Nell'arco di un anno (ma meno di due) l'Iran riesce a testare missili balistici intercontinentali in grado di raggiungere gli Stati Uniti. La comunità internazionale si allarma e Teheran annuncia di essere in possesso di armi atomiche. Scattano sanzioni più severe, che finiscono con il danneggiare ulteriormente l'Iran, alimentando l'ostilità dell'opinione pubblica nei confronti degli Stati Uniti.

Nel giro di un altro anno, la Repubblica islamica annuncia di avere realizzato armi nucleari così sofisticate da fare concorrenza a quelle degli Stati Uniti, che reagiscono con un accordo che impone misure restrittive in termini di quantità e potenza all'arsenale, senza però distruggerlo.

3) La linea "morbida" tra Europa e Iran ha successo

L'America decide ulteriori sanzioni che colpiscono gli scambi commerciali e le banche europee che continuano a investire in Iran. L'Europa, allora, vara contromisure per continuare a collaborare con la Repubblica islamica che, nonostante gli effetti negativi dei provvedimenti statunitensi, continua a veder crescere la propria economia, anche con l'aumento del prezzo del petrolio.

All'interno dell'Iran la linea morbida e la fiducia nella diplomazia tengono. Gli Stati Uniti decidono allora di non inasprire i loro contrasti con l'Europa. Ma i vertici militari iraniani, temendo un'invasione statunitense incrementano il loro programma missilistico e violano, seppure limitatamente, l'accordo nucleare. Vengono subito scoperti, ma i leader europei, lasciati soli nel mantenere in vita l'accordo nucleare, rinunciano ad agire.

Al termine del mandato di Trump, il suo successore riprende l'accordo nucleare con l'Iran che, insieme ai capi di Stato e di governo europei, sfiduciati nei confronti degli Stati Uniti, permettono loro di esercitare solo un'influenza limitata sul rafforzamento dell'intesa.

4) La guerra con l'Iran

È lo scenario più drammatico, che parte dal presupposto che in Iran prevalgano i sostenitori della linea dura che, temendo un'invasione americana, espellono gli ispettori dell'Aiea e avviano una corsa alle armi atomiche. Secondo gli esperti è sufficiente un anno perché Teheran arrivi a possederne una.

Ma Russia e Cina bloccano ogni intervento internazionale, per scongiurare che si ripeta quanto accaduto nel 2012 in Libia. Lo stesso fanno i leader europei, per evitare una nuova guerra come quella in Iraq. Israele, invece, attacca le postazioni militari iraniane, dove ritiene che si lavori al nucleare, mentre l'Iran risponde con raid contro Tel Aviv e le forze statunitensi in Iraq e Siria. La politica dell'occhio-per-occhio e dente-per-dente peggiora l'escalation, estendendo il conflitto a Siria, Iraq e Yemen, con missili lanciati dalle basi iraniane in Yemen che vanno a colpire Ryad, capitale dell'Arabia Saudita, che reagisce.

La Russia risponde dispiegando le proprie forze a Damasco, capitale siriana, per impedire che Stati Uniti e Israele tentino di rovesciare il regime di Assad. Fallisce anche il tentativo di questi di rallentare la corsa al nucleare militare iraniano, che prosegue attraverso una rete di siti difficilmente individuabili, collocati in edifici urbani e bunker sotterranei.

Washington allora aumenta il proprio dispiegamento militare in Iraq, Afghanistan e Arabia Saudita, nel tentativo di intimidire l'Iran, spingendolo però ad accelerare ulteriormente il perfezionamento di bombe nucleari, viste come unica arma di difesa contro gli Usa.

5) La resa unilaterale iraniana

Questa ipotesi parte sempre dalla decisione americana di varare ulteriori sanzioni contro l'Iran, che colpiscono anche gli interessi dei Paesi europei, che dunque decidono di sospendere i loro affari con Teheran per non correre ulteriori rischi. Gli Stati Uniti non tentano di un fronte comune con Russia e Cina, come prima dell'accordo sul nucleare. Il risultato è che l'economia iraniana rallenta, ma senza tornare ai livelli precedenti al 2015.

Gli Usa aumentano le pressioni militari, inducendo l'Iran a cedere e a interrompere così 40 anni di storia di opposizione a Washington. Nonostante l'umiliazione dell'uscita degli Stati Uniti dall'accordo sul nucleare, in Iran cresce l'influenza dei sostenitori della linea morbida, che annunciano di essere pronti a sottoscrivere una nuova intesa, più stringente della precedente.

Russia e Cina si dicono pronte a sostenere il nuovo accordo, nonostante questo significhi di fatto aumentare il potere americano. Lo stesso fa l'Europa, preoccupata che le sanzioni possano danneggiare la propria economia.

Il secondo accordo nucleare viene firmato nel 2020, con maggiori vincoli per Teheran e impegni più duraturi. Dopo questa dimostrazione di sottomissione, l'Iran ridimensiona la propria sfera di influenza in Medio Oriente.

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Eleonora Lorusso

Nata a Milano, laureata in Lettere Moderne all’università Cattolica con la specializzazione in Teoria e Tecnica dell’Informazione, è giornalista professionista dal 2001. Ha lavorato con Mediaset, Rai, emittenti radiofoniche come Radio 101 e RTL 102,5, magazine Mondadori tra i quali Panorama dal 2011. Specializzata in esteri e geopolitica, scrive per la rivista di affari internazionali Atlantis, per il quotidiano La Ragione e conduce il Festival internazionale della Geopolitica europea dal 2019. Dal 2022 vive negli USA.

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