I soldati americani tornano in Iraq
Barack Obama ha deciso di inviare un contingente di 275 soldati. Ma, il coinvolgimento militare Usa potrebbe essere presto maggiore
I soldati americani tornano in Iraq. Li invia a Baghdad lo stesso presidente che aveva deciso di ritirare l'intero contingente tre anni fa. Doveva mantenere la sua promessa elettorale, mettere fine alla guerra iniziata da George W. Bush. E lo aveva fatto.
L'ultimo marine aveva lasciato il territorio iracheno nel dicembre del 2011. Ora, invece, Obama è costretto a fare una parziale marcia indietro. La grave crisi innescata dall'offensiva dell'esercito fondamentalista islamico dell'Isis obbliga gli Stati Uniti a un nuovo coinvolgimento militare in Iraq.
Marines e truppe speciali
Per ora, si tratta di una mossa quasi simbolica. Sono 275 i marines che sbarcheranno in Iraq. La loro missione ufficiale è quella di difendere l'ambasciata americana a Baghdad, ma secondo fonti anonime della Casa Bianca, dopo di loro dovrebbero atterrare nella capitale irachena un altro centinaio di soldati delle truppe speciali. Il loro compito sarà quello di addestrare i soldati dell'esercito del premier Al Maliki impegnati contro i guerriglieri dell'Isis.
Non è chiaro se questo centinaio di soldati si dirigerà verso nord, verso le zone dove si combatte o rimarrà nelle retrovie; così come non è certo che - nonostante le assicurazioni dell'amministrazione americana - questi militari non siano impegnati direttamente in azioni di guerra. La strategia di Obama sembra essere come al solito molto prudente.Ma, è facile pensare che se la situazione si complicasse, il coinvolgimento americano possa essere maggiore.
Il Pentagono ha mandato nel Golfo Persico una piccola squadra navale. A bordo di una di queste navi c'è un contingente di altri 500 marines, pronti a sbarcare. Così come sono pronti a intervenire gli aerei della George H.W.Bush, la portaerei inviata nella zona. Dentro l'amministrazione è in corso una discussione su di possibili azioni dall'aria. Il Segretario di Stato John Kerry ha dato per certo l'inizio di raid con i droni contro le basi dell'Isis. In realtà, le posizioni sono diverse. Obama sembra non aveve alcuna voglia di ordinare l'avvio di un'azione militare. Non vuole una "sua" guerra in Iraq dopo aver messo termine a quella del suo predecessore.
Per risolvere la crisi, gli Usa puntano in parte sull'Iran. Un primo contatto diretto c'è già stato. Ai margini dei colloqui di Ginevra sul nucleare, inviati degli Stati Uniti hanno parlato con quelli iraniani. Sono state escluse azioni militari congiunte, ma le basi di un'alleanza indiretta per impedire il crollo del governo Al Maliki sono state poste
Il conflitto tra sciiti e sunniti
La Casa Bianca si muove con grande cautela perché ha il timore di finire intrappolata nel conflitto tra sciiti e sunniti. Da una parte l'Iran e la maggioranza della popolazione irachena; dall'altra l'Isis che ha coagulato il fronte sunnita in Iraq e che sembra avere appoggi tra i paesi della penisola arabica, formalmente alleati degli Usa. Per Obama un vero e proprio ginepraio. Che lui stesso ha contribuito a creare con la sua politica piena di errori in Medioriente. E che ora lo costringe a inviare i soldati americani in Iraq. Una piccola Nemesi della Storia.