Italicum: perché Renzi vuol fare in fretta
Il premier punta a sfruttare le divisioni nella minoranza dem ed evitare i contraccolpi delle regionali in caso di sconfitta
Matteo Renzi ci riprova. Spiazza di nuovo tutti e decide che l'Italicum deve diventare legge a fine maggio, prima delle elezioni regionali che nel frattempo sembrano destinate a slittare ancora dal 31 maggio al 7 giugno per evitare che con il mega ponte del 2 giugno la gente diserti le urne.
Le divisioni nella minoranza dem
L'idea è quella di sfruttare al massimo le divisioni nella minoranza PD emerse sabato scorso durante l'incontro all'Acquario di Roma. Per lunedì è convocata la Direzione del partito. All'ordine del giorno proprio la nuova legge elettorale. Sicuramente verranno chieste modifiche soprattutto per quanto riguarda i capilista bloccati ma è difficile immaginare che vengano accolte visto che eventuali rimaneggiamenti rispedirebbero il testo al Senato dove Renzi rischia davvero di non avere i numeri per l'approvazione. Più probabile, invece, che si discuta – più o meno ufficialmente – dei posti in lista da garantire alla minoranza in cambio del via libera. L'impianto dell'Italicum è dunque destinato a rimanere lo stesso, e quindi capilista bloccati, premio di maggioranza alla lista, e non la coalizione, che raggiunge al primo turno il 40%, divisione del territorio in 100 collegi, alternanza di genere nell'espressione delle preferenze.
Il timore di perdere in Veneto e Campania
Ma perché portarlo in Aula proprio prima delle regionali? Dalle parti del premier i timori per l'esito del voto in alcune regioni non mancano. Ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti ha incontrato il candidato governatore della Campania Vincenzo De Luca. Sono solo indiscrezioni ma è possibile che gli abbia chiesto di farsi da parte visti i suoi guai giudiziari. De Luca è infatti stato condannato in primo grado da sindaco e quindi, per effetto della legge Severino, anche se eletto, sarebbe sospeso immediatamente per almeno 18 mesi.In Veneto si andrebbe invece verso un accordo tra Forza Italia e Lega sul nome di Luca Zaia. A quel punto, per la democratica Alessandra Moretti che già in partenza aveva poche chance, la partita sarebbe praticamente già persa.
I rischi per il premier
Andasse così, ossia vincessero Caldoro in Campania e Zaia in Veneto, il contraccolpo per il premier non sarebbe indifferente. La sua minoranza interna ne approfitterebbe sicuramente e a quel punto anche altri avversari di Renzi, sia fuori che dentro il perimetro della sua maggioranza, potrebbero avere gioco forza nel bloccare il cammino di una della riforma simbolo del governo insieme a quella sulla trasformazione del Senato e la fine del bicameralismo perfetto. Il famoso “combinato disposto” contro cui tanto si sta spendendo l'ex segretario dem Pier Luigi Bersani e i suoi.