Ius soli, il finale mancato della legislatura PD
Addio alla legge sulla cittadinanza. Tutti gli errori del Partito Democratico che ha regalato così una vittoria alla Lega
Si erano illusi anche loro che lo ius soli alla fine sarebbe diventato legge. Mancava davvero poco e poteva essere l’atto finale di una legislatura che si era distinta per l’approvazione di importanti leggi sui diritti civili dalle unioni civili al biotestamento. Invece Luigi Manconi, Gianni Cuperlo, Barbara Pollastrini alla fine hanno dovuto ricredersi, insieme a tutti quelli che da ottobre in poi sono tornati nelle piazze a chiedere l’approvazione della legge sulla cittadinanza. Persino Piero Grasso ne aveva fatta una questione di principio, inserendo il tema all’ultimo punto del calendario del Senato.
Ma che il vento fosse cambiato lo si era capito già da qualche giorno e la mancanza del numero legale il 23 dicembre ne è stata solo la conferma. Se oggi gli appelli a sciogliere le Camere qualche giorno più tardi appaiono tardivi è semplicemente perché neppure i nostri esponenti politici si sono resi conto di quello che stava accadendo. Molti si sono fidati della parola del presidente del Senato Grasso, che nel frattempo è diventato leader, di Gentiloni, di Delrio che ha anche partecipato allo sciopero della fame e del Pd che ha lavorato seriamente a questa legge, salvo poi battere la ritirata.
La renzianissima vice presidente del Senato, Maria Rosa De Giorgi, mentre lo ius soli affondava ha spiegato “la metà degli italiani è ostile” come a voler dire che il calcolo elettorale ha prevalso sul principio di civiltà. Peccato che il Pd esca doppiamente sconfitto da questa decisione. Intanto perché oggi, a brindare è la Lega Nord e poi perché con questa decisione Matteo Renzi continua a perdere terreno a sinistra.
Quella che poteva trasformarsi nella giusta fine di una legislatura del Partito Democratico che ha recuperato un gap ventennale sul tema dei diritti civili, si è trasformato in un boomerang, l’ennesimo. E comincia a diventare imbarazzante la sfilza di errori compiuti a livello parlamentare, tra cui la commissione banche, che sta mettendo in cattiva luce il partito e i suoi membri.
I calcoli sbagliati del Pd
In questi anni, i tre governi che si sono succeduti hanno spesso sbandierato i provvedimenti volti all’inclusione e alle politiche giovanili e questa che poteva essere la madre di tutti i provvedimenti, per riconoscere la cittadinanza a quei 800 mila ragazzi che già parlano i nostri dialetti, giocano nelle nostre squadre dilettantistiche e studiano nelle nostre scuole, è naufragata per un banale e probabilmente sbagliato calcolo elettorale.
Ma peggio degli appelli tardivi, ci sono le promesse dell’ultima ora. Perché chi oggi promette che il tema sarà prioritario nella prossima legislatura, omette di dire che i sondaggi danno per favorite quelle forze politiche che hanno fatto di tutto per affossare lo ius soli, che a questo punto non è rimandato solo di qualche mese, ma probabilmente di anni.
Senza l’approvazione della legge sulla cittadinanza la legislatura rimane incompiuta, 800mila ragazzi senza cittadinanza e il Pd senza l’orgoglio di poter dire di essere un partito riformista. È mancato un colpo di reni per arrivare alle urne con orgoglio, perché in questo caso anche una sconfitta parlamentare avrebbe restituito ad un partito sotto attacco, il riscatto delle scelte coraggiose. Invece, il Pd ha scelto la difesa, regalando una vittoria preziosissima alla Lega.
Una scelta che chiude la XVII legislatura senza happy end e una punta di delusione, soprattutto a sinistra.