Il difficile per Jannik Sinner, «condannato» alla vittoria, comincia adesso
L'altoatesino ha dimostrato di essere tra i primi tre giocatori del mondo. E questo comporta aspettative e pressioni non facili da sostenere
Il sogno di Jannik Sinner e di un’Italia, abituata agli innamoramenti improvvisi, scopertasi tennista come non accadeva dagli anni ’70 e con ascolti tv da record storico, si è infranto ieri a Torino contro la solidità mentale e tecnica di Novak Djokovic, ed alla tensione che ha attanagliato l’altoatesino (comprensibilmente). Ma mentre le luci del Pala Alpitour di Torino, casa delle Finali Atp, si spegnevano la cosa chiara a tutti è che il difficile per l’azzurro arrivi adesso. Ora è evidente al mondo, primo tra tutti ai tennisti stessi, che Sinner sia con Alcaraz e Djokovic uno dei tre giocatori più forti del mondo e questo comporta oneri oltre che onori. L’onere, ad esempio, è che il livello delle attese è ormai arrivato al massimo possibile, cioè ai tornei del Grande Slam. Da Melbourne, dal prossimo open d’Australia di gennaio il nostro campione lo giocherà da favorito, lo giocherà per vincere. Il minimo sindacale diventa la semifinale, tutto il resto sarebbe un fallimento.
È la legge dello sport, è la legge non scritta a cui sono stati sottoposti per un ventennio Djokovic, Nadal, Federer, campionissimi per cui o vinci è sei uno sconfitto.
Questo cambia tutto a livello mentale, è una sorta di zaino, di pressione con cui Sinner dovrà convivere d’ora in avanti. E non tutti sono in grado di reggere con addosso questo carico di tensione (basti guardare che fine ha fatto Berrettini dopo la famosa finale di Wimbledon persa, guarda caso, sempre contro il serbo).
Dal punto di vista tecnico l’azzurro ha tutte le carte in tavola per prendersi i titoli che contano. La lacuna al servizio è stata colmata, sia per le velocità raggiunte (ben oltre i 200km/h, quando un anno fa si superavano a fatica i 190km/h) che per precisione ed efficacia nei momenti cruciali. Sul ritmo nel palleggio poi al momento non ci sono rivali capaci di stare al suo passo. Continua anche il progresso nel gioco offensivo dove il lavoro del suo coach, l’australiano Darren Cahill grande attaccante di una 30ina di anni fa, sta facendo vedere i suoi frutti. In ultimo dal punto di vista fisico Sinner ha raccontato per primo che «ora che ho smesso di crescere posso cominciare un lavoro diverso, di potenziamento, che prima era impossibile».
Tutto quindi è pronto per sedersi ai tavoli che contano; è ora di vincere e di alzare le coppe che restano nella storia, più di un torneo Master 1000: Roland Garros, Wimbledon, New York e Torino tra un anno oltre che, come dicevamo sopra, a Melbourne.
Ps. un plauso a Torino, città dove per una settimana si è percepita un’energia pazzesca. Il Pala Alpitour ha un solo limite, la capienza, non all’altezza di tanta passione e di tale palcoscenico ma l’organizzazione dell’evento è stata di livello internazionale. La paura che però L’Arabia Saudita, asso pigliatutto nel mondo anche dello sport, possa strappare tra due anni la sede del torneo alla città che fu dei Savoia era forte e palpabile. Si faccia di tutto per difenderci dall’assalto degli arabi.