A Tallin è l'ora di una donna: ecco chi è Kaja Kallas, futura premier di governo
Le elezioni del 3 marzo hanno sancito la vittoria dell'opposizione di centrodestra. Affermazione record anche per i populisti. E ora la Kallas dovrà faticare per formare una coalizione senza ricorrere all'estrema destra nazionalista
Avvocato specializzato in antitrust, eurodeputata liberale, grande esperta di temi digitali ma soprattutto figlia del «padre della corona estone» Siim Kallas, la 41enne Kaja Kallas è destinata, con ogni probabilità, a diventare la prima premier donna dell'Estonia. Salvo imprevisti, infatti, sarà lei a formare un nuovo governo a Tallin. Ma la strada è tutta in salita.
Alle urne vince l'opposizione di centrodestra, ma è un exploit per i populisti.
Sgominando i pronostici della vigilia, che prevedevano una conferma dell'attuale maggioranza del Partito di Centro Estone (orientamento di centro ma più spostato a sinistra) il Partito Riformatore - finora all'opposizione - ha ottenuto il 29,4 per cento di voti, conquistando 34 dei 101 seggi del Riigikogu, il Parlamento unicamerale. A favore della biondissima Kallas, ha pesato soprattutto il voto espresso online da circa un quarto degli 881 mila elettori (come noto, l'Estonia è uno dei paesi più avanzati nell'e-government) più sensibile ai temi della sua campagna elettorale quale il taglio delle tasse.
Per il governo uscente del primo ministro Jüri Ratas, più vicino alla minoranza russa nel paese (che qui rappresenta circa un quarto della popolazione), l'asticella si è fermata al 23,1 per cento (pari a 26 seggi). Va detto che entrambi gli schieramenti politici, europeisti e pro-Nato, a Strasburgo siedono nella famiglia dell'ALDE: in pratica, i due "avversari" si sono alternati al governo fin dall'indipendenza del paese baltico.
La vera novità, semmai, sono stati i nazionalisti del partito di estrema destra EKRE: risultati terza forza del paese, hanno più che raddoppiato il consenso passando dall'8,1 delle precedenti elezioni al 17,8 per cento (equivalente a 19 seggi). Un risultato che, considerate anche le imminenti elezioni europee di maggio, li rende ora più rilevanti nello scenario politico, tanto più che solo altre due formazioni hanno superato lo sbarramento previsto del 5 per cento (si vota con il sistema proporzionale): i conservatori di Pro Patria (12 seggi) e i socialdemocratici, principale forza di centrosinistra del paese, con appena 10 seggi.
I Kallas padre e figlia: da comunista a liberale.
Kallas, sposata a settembre scorso con l'analista finanziario Arvo Hallik, è per così dire «figlia d'arte». Suo padre Siim (nella foto del profilo Instagram, padre e figlia nel giorno delle nozze n.d.r), con un trascorso comunista ai tempi dell'Urss (fece parte del Comitato centrale del Pcus dal 1972 al 1990), all'indomani della caduta del Muro di Berlino diventò governatore della Banca centrale estone. Uscito indenne dallo scandalo del cosiddetto «affaire da 10 milioni di dollari» (un ammanco che gli costò l'accusa di false informazioni nel 1994), il «comunista liberale» Kallas è entrato in politica: prima ricoprendo l’incarico di ministro degli Esteri e delle Finanze, poi come premier dell'Estonia. Quindi, all'ingresso del paese baltico nell'Ue nel 2004 durante l'Esecutivo di Romano Prodi, la sua carriera è decollata a Bruxelles. In qualità di commissario europeo ha seguito prima gli Affari amministrativi, audit e antifrode nel gabinetto di Barroso I (a lui si deve la prima bozza del registro delle lobby europeo), poi i Trasporti nel secondo mandato di Barroso.
La figlia Kaja, deputata nel Parlamento nazionale dal 2010 e poi a Strasburgo dal 2014, è al timone del partito dei riformisti dalla fine del 2017 e ha condotto una battaglia elettorale tutta incentrata sulla creazione di nuovi posti di lavoro. Nel piccolo paese dove è nato Skype e che è fra le punte di diamante dell'economia digitale (il governo di Tallin è stato il primo Stato al mondo a riconoscere, nel 2000, l'accesso a internet come diritto fondamentale dell'uomo e a dare valore alla firma digitale), la crisi globale si è fatta sentire. E anche se l'Estonia resta la più dinamica delle «tigri Baltiche», le differenze regionali sono aumentate.
La frangia populista guidata dall'ex ambasciatore in Russia Mart Helme, 70 anni, ha soffiato sul fuoco dello scandalo che ha coinvolto la banca Danske: secondo l'accusa, 200 miliardi di denaro dall'ex Unione Sovietica sarebbero stati “ripuliti” attraverso le filiali estoni dell'istituto danese. Il caso è andato avanti per anni, almeno fino al 2015. Ma, a fare la differenza per EKRE, sono state soprattutto la retorica anti-immigrazione e la promessa di tagli alle tasse. Al contrario dei partiti tradizionali che, con la politica del rigore, hanno tagliato il debito portando l'Estonia fra i più virtuosi nell'Ue, i nazionalisti hanno raccolto il malessere della parte rurale del paese o dei piccoli centri cavalcando l'euroscetticismo e rilanciando l'idea di un referendum per l'uscita di Tallin dall'Ue (Estexit).
Una grande coalizione come quella del governo uscente?
Ora, per la Kallas si apre il grande risiko: con chi formare il governo? Prima del voto, la giovane Kaja ha escluso aperture all'ultradestra illiberale. E dunque, non le resta che tentare un'alleanza con le forze minori. Il centrodestra della Kallas ha vinto anche con la promessa di rendere l'estone l'unica lingua nelle scuole e nelle istituzioni pubbliche mentre i centristi hanno sempre coagulato il consenso dei russofoni difendendo anche l'uso del russo. E il rapporto con la Russia resta centrale per il futuro del paese baltico, fra i pochi a centrare l'obiettivo Nato del 2 per cento del Pil in spesa per la difesa. Non a caso, visti i timori del risorgente nazionalismo russo.
Dal 2016, i centristi erano il perno di una formazione con socialdemocratici e conservatori di Pro Patria. Le prime dichiarazioni della Kallas, all'indomani della vittoria, lasciano pensare che replicherà lo stesso schema per formare un governo. Vedremo se basterà.