Kazakistan, il presidente è stufo e vuole cambiargli il nome
Nazarbayev è intenzionato a eliminare il suffisso "stan" per non essere confuso con gli altri Stati dell'Asia Centrale ritenuti inferiori
E' l'ultima trovata del sultano Nazarbayev, che regna incontrastato da decenni in Kazakistan. Il nome del suo Paese non gli piace più e ha deciso di cambiarlo. Più di ogni altra cosa al presidente kazako non va giù quel suffisso "stan", che omologa la sua nazione a tutti gli altri stati dell'Asia centrale, considerati da Nazarbayev come sostanzialmente inferiori.
Il presidente-imperatore si è espresso chiaramente durante una visita a una scuola elementare di Atyrau, sostenendo che, nonostante abbia una popolazione di poco più di 2 milioni di persone e non sia - secondo il Nazarbayev pensiero - minimamente "attraente", la Mongolia catalizza l'interesse degli stranieri perché è l'unico Paese centro-asiatico senza lo -stan finale.
Insomma, il presidente-sultano vuole eliminare lo -stan della discordia e ribattezzare il Kazakistan "Nazione Kazhaka" o altro da decidere. Per il momento però ha solo lanciato la pietra nello stagno, ma non si sa bene come e quando procederà al cambio di nome. Nazarbayev ha anche annunciato che chiederà al popolo kazako cosa ne pensa attraverso un referendum. Un'assoluta novità in un Paese dove - de facto - il "popolo" è l'ultima ruota del carro.
Il suffisso -stan è una derivazione dal persiano ed è la caratteristica di sette Paesi centro-asiatici (Kazakistan, Tajikistan, Uzbekistan, Kyrgyzstan, Turkmenistan, Afghanistan e Pakistan). Viene dalla parola istan, che in lingua persiana significava "terra". Secondo Nazarbayev, però, il suffisso omologa tutti i Paesi creando confusione. Cosa per certi aspetti vera, dato che persino John Kerry, il segretario di Stato Usa, una volta è incappato in un increscioso tranello verbale, parlando di un Paese immaginario, il Kyrzakistan, frutto del mix tra Kazakistan e Kyrhyzistan.
C'è da dire che diversi altri Paesi nel mondo hanno cambiato il loro nome. Come lo Zimbabwe, che inizialmente si chiamava Rhodesia in onore del britannico che l'aveva colonizzato. E ancora, la Birmania rinominata Myanmar dalla giunta militare nel 1989, causando feroci polemiche con le opposizioni presenti nel Paese asiatico.
In ogni caso, il Kazakistan di Nazarbayev potrà anche rifarsi il look, cambiare nome, mettere nel cassetto un suffisso scomodo, ma non basterà certo questo a cambiare la sua realtà, che è quella di una delle più longeve dittature del pianeta.
Insomma, ad Astana, la capitale nata dal nulla sulla scia del culto della personalità del settuagenario presidente, l'unico ex papavero comunista ad essere sopravvissuto alla caduta del Muro e ad essere tuttora in sella, il nome del Paese è l'ultimo dei problemi, soprattutto per oppositori e dissidenti, verso i quali il regime di Nazarbayev è solito usare il pugno di ferro.
Secondo la classifica di Freedom House, il Kazakistan è tutto fuorché un paese "libero", e detiene la maglia nera per quel che riguarda libertà civili e diritti dell'uomo. E anche sul fronte del business, gli investitori stranieri sanno bene che il regno di Nazarbayev è anche il regno delle mazzette, visto che secondo l'indice annuale sulla percezione della corruzione è inchiodato al 140esimo posto tra i Paesi più trasparenti del pianeta. Per intenderci, a pari merito (o sarebbe meglio dire demerito) con il Laos e l'Uganda.
Pe rla cronaca, la Mongolia, con pochi abitanti e presa di mira per il suo nome senza -stan da Nazarbayev, si attesta all'80esimo posto. L'idea che cambiandogli nome il Paese possa salire in classifica e raggiungere i rivali mongoli è del tutto fantascientifica. C'è da lavorare ancora molto in Kazakistan e non basterà cancellare col bianchetto uno -stan per cominciare a camminare sulla strada della democrazia e delle libertà civili, che ad Astana sono merce ancora introvabile.