La Cassazione bacchetta i Tribunali ecclesiastici
Annullamenti troppi numerosi e semplici. Così lo Stato mette i freni alla Sacra Rota (come vuole Papa Francesco)
Già Benedetto XVI richiamò più volte la Sacra Rota per rafforzare il rispetto all’indissolubilità del matrimonio cristiano, esortando i giudici rotali a non cedere a richieste “soggettive” per ottenere la dichiarazione di nullità di matrimoni invece validi sotto ogni profilo.
“ Il bene altissimo” della riammissione alla Comunione, secondo l’allora Papa, non poteva infatti prescindere dalla verità basandosi su una realtà fittizia dove sono stati calpestati i valori della carità, della solidarietà e dell’amore.
L’amore che diventa un “guscio vuoto” era quindi il pericolo che il Papa voleva scongiurare davanti al prolasso degli annullamenti rotali. Ma, alla luce dei fatti concreti, nulla è poi cambiato tanto che per arginare la pericolosa china presa dai Tribunali ecclesiastici è intervenuta a gamba tesa la Corte di Cassazioneche con la pronuncia a Sezioni Unite n. 16379 depositata il 17 luglio scorso, ha dato uno stop alla delibazione indiscriminata degli annullamenti dei matrimoni concordatari.
Sicché da oggi non è più possibile rendere efficace civilmente l’annullamento ecclesiastico nei casi in cui i coniugi abbiano convissuto per più di tre anni: la convivenza va interpretata, dice la Cassazione, “agli effetti della Costituzione e della Carta dei diritti europea”.
In verità, il riconoscimento di tali sentenze trova già un limite serio nell’istituto stesso della delibazione, che prevede che la Corte d’Appello non possa riconoscere i provvedimenti contenenti disposizioni contrarie all’ordine pubblico italiano. Ed infatti, già in passato la Suprema Corte era stata investita della questione.
Nel 2011, gli Ermellini avevano riconosciuto la contrarietà all’ordine pubblico di una sentenza ecclesiastica pronunciata vent’anni dopo la celebrazione del matrimonio, per contrarietà all’art. 29 della Costituzione (tutela della famiglia).
Infatti, in caso di matrimonio protrattosi “per un tempo considerevole”, sarebbe contrario ai principi dell’ordinamento giuridico rimettere in discussione la validità del consenso espresso in seguito al consolidamento del rapporto nel tempo. (Già allora, peraltro, la Cassazione richiamava la precedente sentenza n. 19809/2008 resa a Sezioni Unite).
In un mondo in cui tutto, ormai, è dinamico e precario, ed i cambiamenti, anche nei rapporti personali, avvengono in maniera rapidissima, ritenere consolidato un rapporto dopo tre anni di convivenza non pare poi così rivoluzionario.
Lo è, invece, l’intento sotteso (ma chiaramente leggibile) alla decisione in commento: quello di porre finalmente un freno alle sentenze ecclesiastiche ed alla loro prevaricazione tranciante su quelli che sono i diritti ed i doveri dei coniugi sanciti dalla legge italiana, in vigenza e rispetto del principio di laicità dello Stato.
L’avvenuta delibazione di una sentenza ecclesiastica, infatti, porta con sé la totale cancellazione del matrimonio e dei suoi effetti giuridici, compreso il diritto al mantenimento da parte del coniuge debole.
Proprio per questo motivo, i casi di strumentalizzazione del procedimento ecclesiastico sono sempre stati innumerevoli e, dunque, la riconferma della Cassazione non può che essere accolta con favore, laddove i moniti di Papa Benedetto XVI prima e Papa Francesco poi sono rimasti lettera morta.
Per i Giudici rotali sarebbe stato meglio far passare ai credenti il messaggio che, anche in caso di totale dissoluzione del vincolo matrimoniale, non si dovrebbe mai far mancare al coniuge i mezzi di assistenza, dovuti o meno, in virtù di una carità cristiana e di solidarietà e buon senso che la Chiesa mai ha rinnegato.