La Cina e la Luna
In queste ore il “Coniglio di Giada” si aggira sulla superficie lunare: i progressi tecnologici di Pechino sono impressionanti e gli USA potrebbero non mantenere a lungo l’egemonia nello spazio
(Lookout News )
Dopo Stati uniti e Unione Sovietica, anche la Repubblica Popolare di Cina è sbarcata sulla luna. Nessun astronauta ha toccato la superficie dell’unico satellite terrestre, ma un robot denominato “Coniglio di Giada” è atterrato sabato notte nella pianura vulcanica nota come Sinus Iridum (baia degli arcobaleni) alle 04:35 ora di Pechino, dopo dodici giorni di viaggio.
La notizia della missione spaziale “Chang'e-3”, cui è stato dato un enorme risalto in patria e molto poco in Occidente, ha invero una grande importanza: non solo perché era dal 1976 che non si tentava un allunaggio (l’ultima volta erano stati i sovietici, con il Rover-2), ma anche perché si è trattato di “un successo totale” della missione, come non ha esitato a definirlo Ma Xingrui, comandante in capo del programma lunare della Cina.
Il rover, la cui missione dovrebbe esaurirsi in tre mesi, è sbarcato dal modulo lander e ha già iniziato a inviare foto sulla terra, dalle quali non si può non notare la bandiera rossa cinese che campeggia sul fianco del robot. Altro elemento patriottico è senz’altro nel nome del razzo propulsore che ha spedito in orbita il “Coniglio di Giada”: il vettore è stato chiamato “Lunga Marcia 3B”, ad evocare il momento più epico della storia comunista della Cina, mentre il Coniglio di Giada deve il nome a un antico mito cinese che vuole appunto che un coniglio “Yutu” accompagni la dea Chang' nel viaggio verso la luna (il nome è stato scelto attraverso un sondaggio online a cui hanno partecipato oltre 3 milioni di utenti).
Lo scopo del viaggio
Lo scopo del viaggio sulla Luna è ufficialmente lo studio geologico del suolo lunare, per mapparne la struttura e la crosta fino a diverse centinaia di metri in profondità. Un primo passo per poi procedere a future missioni, scadenzate tra il 2017, il 2020 e il 2025, quando Pechino ha previsto una passeggiata lunare di astronauti, o meglio “taikonauti”, in carne e ossa.
Intanto, però, qui si cerca l'elio-3, un isotopo dell’elio che sulla terra viene usato per le ricerche sulla fusione nucleare ma che, sfortunatamente, sul nostro pianeta è rarissmo (mentre si stima che abbondi sul suolo della Luna, depositato sulle rocce grazie al vento lunare).
Dunque, fuori dalla propaganda, ancora energia, ancora nucleare. Questo l’orizzonte tecnologico che la Cina disegna per i prossimi vent’anni e per il quale sembra ben equipaggiata: riportano le cronache che sia il rover sia il lander sono alimentati da pannelli solari, ma alcune fonti suggeriscono che trasportino anche unità di radioisotopo per il riscaldamento (Rhus), contenente plutonio-238, per mantenere la giusta temperatura durante la freddissima notte lunare (le oscillazioni del termometro sono comprese in una forbice che va da +150 °C e raggiunge -150 °C la notte).
Inoltre, altre misconosciute nuove tecnologie saranno testate in questa occasione, cosa che fa del programma spaziale cinese oggi uno dei più avanzati, se è vero quanto affermato alla BBC anche da Andrew Coates, della Mullard Space Science Laboratory della UCL: “Ho avuto la fortuna di vedere un prototipo di rover a Shanghai pochi anni fa, è un meraviglioso traguardo tecnologico”.
Ancor più solennemente, un ingegnere spaziale cinese che lavora al programma lunare, ha definito la missione “una componente importante delle attività dell'umanità per sondare l'uso pacifico dello spazio”.
La nuova corsa allo spazio
Anche gli Stati Uniti, tra settembre e ottobre, avevano lanciato una missione lunare, denominata “Ladee”, acronimo di “Lunar Atmosphere and Dust Environment Explorer”, salutato dalla NASA alla maniera tipica degli americani, ovvero con un tweet: “Siamo diretti verso la Luna!” aveva scritto un ingegnere dell’agenzia governativa, in maniera fin troppo entusiastica. Scopo di Ladee: misurare l’atmosfera e la polvere lunare e testare le comunicazioni laser con la terra. Ma la notizia non ha raccolto particolare interesse.
Mentre il balzo cinese impressiona - o dovrebbe impressionare - il mondo per rapidità e competenza nell’esecuzione. Per stessa ammissione del governo cinese, è come se Pechino volesse comunicare al mondo che sta facendo “qualcosa che nella storia solo altri due Paesi hanno fatto prima, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica”.
Dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, oggi restano in corsa per il primato spaziale solo gli americani che però, colpevoli anche i deficit nel bilancio e le diminuite risorse a disposizione per via della recessione passata, negli ultimi anni hanno investito sempre meno nelle missioni spaziali. Ciò nonostante, la sfida del pianeta Marte potrebbe riservare grandi sorprese e ridestare l’ammirazione del mondo per la NASA.
Chi invece annuncia risultati soddisfacenti è nientemeno che l’Iran: la Repubblica Islamica due giorni fa - quasi nelle stesse ore in cui il Coniglio di Giada raggiungeva la Luna - ha, infatti, trionfalmente comunicato che il razzo sonda suborbitale “Kavoshgar Pajuhesh” è stato lanciato con successo nello spazio, con a bordo una scimmia astronauta chiamata “Fargam”. Secondo quanto riferisce l’emittente IRIB, la biocapsula inviata dall’agenzia spaziale iraniana, dopo avere raggiunto un’altezza di 120 km, è tornata sulla terra dopo 15 minuti, con la scimmietta sana e salva.
Certo, i progressi iraniani restano ben poca cosa rispetto all’allunaggio cinese. Ma è a suo modo anche questo un segnale indicativo del rinato interesse di numerosi governi per lo spazio e per il nostro misterioso e amatissimo satellite. Anche se il fatto che l’attrattiva principale nei confronti del “dark side of the moon” sia concentrata soprattutto sulle attività estrattive di minerali per l’energia nucleare, delude un po’ le aspettative dei romantici sognatori.