La leggenda dell'autogolpe di Erdogan
Benché priva di riscontri la tesi sostenuta da Gülen continua a trovare adepti. Sulla stampa internazionale, sui social e anche in Turchia
Autogolpe. Il primo a ipotizzare che Erdogan abbia organizzato un colpo di Stato fasullo per poi fare piazza pulita di tutti i suoi oppositori - giudici, giornalisti, professori universitari, attivisti politici, medi e alti ufficiali delle Forze armate turche - è stato Fethullah Gülen, il predicatore e magnate dei media turchi che vive in Pennsylvania divenuto, dopo averne sostenuto l'ascesa, il più acerrimo nemico del presidente turco.
«Come credente non posso muovere accuse senza avere prove... ma alcuni leader organizzano falsi attentati suicidi per rafforzare il loro potere, e questa gente ha questo tipo di idee in testa» ha detto Gülen a caldo, mentre Erdogan lo indicava ai suoi - dall'aereo presidenziale dove si trovava in quelle ore concitate - come l'organizzatore del complotto contro di lui e ne chiedeva inutilmente l'estradizione agli Stati Uniti.
Alcuni leader organizzano falsi attentati suicidi per rafforzare il loro potere, e questa gente ha questo tipo di idee in testa
Chiariamo subito una cosa: non ci sono prove né che Fethullah Gülen sia dietro il colpo di Stato ma nemmeno che Erdogan abbia organizzato una messinscena per far fuori tutti i suoi avversari, anche coloro che - a giudicare dai tempi stretti con cui il governo turco ha arrestato, licenziato e ritirato il passaporto, umiliato decine di migliaia di persone in tutti i gangli dello Stato turco - erano già sulla black list del presidente turco ma magari nulla c'entravano con il golpe.
Quello che semmai è ragionevole sostenere è che Erdogan stia ora approfittando del mancato golpe per regolare i conti con i suoi nemici o quelli che riteneva tali. Non che l'abbia organizzato, che se ne stia servendo: non è una sottigliezza. Così come, del resto, è ragionevole sostenere che il tentato colpo di Stato sia stato in qualche modo agevolato dagli americani, se è vero - come parrebbe ormai accertato - che i caccia ribelli sono stati riforniti in volo dall'aviazione Nato con base a Incerlink. Dire di più parrebbe oggi un azzardo.
Un tweet con una foto dei soldati arrestati dalla polizia turca@Twitter
La Turchia, del resto, è un Paese spaccato esattamente a metà. C'è l'Istanbul cosmopolita e tollerante ma ci ci sono anche gli anatolici trazionalisti delle campagne che sono la base elettorale di Erdogan. C'è l'esercito che, nonostante il repulisti compiuto dagli erdoganisti anche prima del tentato golpe, continua a essere ed autopercepirsi come il Garante dell'Unità nazionale e che, in larghe parti, continua a considerare il presidente turco come un usurpatore. Ma ci sono anche pezzi di popolo che considerano il presidente turco come il più autentico rappresentante della sovranità nazionale - nonché guida dell'Islam sunnita - in lotta con gli imperialisti americani. Come ci sono - e il ruolo è stato ampliamente sottovalutato dai media internazionali - i progressisti, militanti di sinistra, i nazionalisti laici e moderati, i curdi delle città che - memori forse del dramma che furono i colpi di Stato del passato - hanno subito disobbidito ai golpisti scendendo in strada insieme agli odiati erdoganisti e facendo così fallire il tentato colpo di Stato.
Ad alimentare la teoria della messinscena sono alcuni fatti, o stranezze, in quelle concitate ore dopo la proclamazione del colpo di Stato. Perché l'aereo presidenziale con a bordo Erdogan, decollato da Bodrum all'1.43, ha potuto volare per ore sui cieli a nord ovest della Turchia con tanto di trasponder acceso e identificativo internazionale senza che i caccia dell'esercito ribelle provassero ad abbatterlo? Che razza di colpo di Stato è quello in cui al presunto dittatore viene risparmiata la vita? Ma ci sono anche altre stranezze che alimentano la leggenda dell'autogolpe: è ormai acclarato che verso le 23 le teste di cuoio putchiste hanno fatto irruzione nei palazzi lussuosi dello Grand Yazici Turban, il club esclusivo sul mare nei dintorni di Marmaris dove si trovava Erdogan con la famiglia.
Come è stato possibile che la guardia presidenziale abbia potuto reagire al fuoco con determinazione, spostando addirittura il presidente in un hotel vicino?
Perché non è stata subito schierata pesantemente l'aviazione, come fece in quello che è passato alla storia come il golpe perfetto, quello del generale Augusto Pinochet che, infatti, come primo atto, fece bombardare la Moneda dove si trovava Salvador Allende? Perché la giunta non ha preso pesantemente in mano tutti i media del Paese quando sembrava che il golpe potesse avere successo?
Che golpisti sono inoltre quelli che non usano l'aviazione contro l'albergo dove si trovava Erdogan, che non decapitano subito la testa del serpente, che non sparano sulla folla che non rispecchia il coprifuoco? Ingenui? Disorganizzati? O solo rispettosi di quella Costituzione repubblicana che dicevano di voler ripristinare?
Che golpe è quello infine che non incenerisce l'aereo presidenziale - rivelato dai radar - nonostante la mente del complotto fosse - a quanto pare - il capo dell’Aviazione turca, Akin Ozturk?
È probabile che Erdogan, in questi giorni, stia approfittando del putch per regolare i conti con i suoi nemici, molti dei quali - ribadiamolo - erano in piazza a difendere la democrazia turca nelle ore concitate del golpe insieme ai loro avversari erdoganisti. È anche possibile che i poteri speciali che il governo si è autoattribuito per un periodo di tre mesi - arrivando a sospendere persino la Convenzione dei diritti umani - siano l'occasione per reprimere tutte le voci dissenzienti, per ridisegnare da capo - senza ammetterlo pubblicamente - la Costituzione materiale della Repubblica laica e militarista di Ataturk. Il ché potrebbe produrre, sotto la cenere, nuove e future frizioni con un pezzo dell'esercito, oggi con le orecchie basse ma pronto chissà - quando le acque si saranno calmate - a riallacciare trame contro il governo Erdogan.
La Turchia è tutt'altro che pacificata. E non è un caso, non può esserlo, il fatto che Erdogan - che non è mai stato così potente come oggi - abbia chiesto ai suoi di rimanere in piazza: ad aver preso parte attivamente al golpe sono state la seconda e la terza armata, quelle vicine al confine con la Siria, e vicine alla base Nato di Incerlink, le più numerose dell'esercito turco. Non piccole brigate. Il golpe non è stato una farsa.
Se il golpe non ha avuto successo, la responsabilità è tutta dei suoi organizzatori che l’hanno male preparato e peggio attuato sul piano della tecnica militare
La verità forse, a proposito di autogolpe, è quella sostenuta su L'Indro da Eugenio Di Rienzo, professore ordinario di Storia Moderna della Sapienza, nonché attento osservatore di questioni geopolitiche:
«Se il golpe non ha avuto successo, la responsabilità è tutta dei suoi organizzatori che l’hanno male preparato e peggio attuato sul piano della tecnica militare: numero insufficiente dei reparti impegnati nella congiura, ruolo preponderante svolto da ufficiali di medio-alto livello, mancata esautorazione del Premier, degli Stati Maggiori, dei responsabili delle forze dell’ordine che ha impedito di paralizzare la catena di comando formale. I ribelli, inoltre, hanno incredibilmente sottovalutato la capacità di reazione del Governo, dei reparti lealisti e della contro-insurrezione popolare favorevole a Erdoğan. Nella notte del 15-16 luglio sono confluite su Istanbul le masse di emigrati dell’Anatolia insediatisi nel vastissimo hinterland della città del Corno d’Oro. Sono loro, per primi, ad aver decretato la disfatta del putsch. Sono loro ad aver fermato a mani nude i blindati golpisti che sono stati frettolosamente abbandonati dai loro equipaggi, composti, molto probabilmente, da altri anatolici che non hanno voluto tirare sui loro compaesani. E’ con questa Turchia che, piaccia o no, Europa e Usa avranno a che fare d’ora in poi, non certo con gli ospitali, cortesi, raffinati, cosmopoliti stambulioti che fanno la delizia dei turisti occidentali.»