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La nuova grande crisi tra Israele e il mondo arabo

Intanto, in Giordania, una vicenda ancora tutta da chiarire, ha aperto una querelle diplomatica tra il governo di Gerusalemme e quello di Amman

Dopo tre giorni di scontri a Gerusalemme est e in Cisgiordania per la Spianata delle Moschee, Israele mette nel mirino le organizzazioni islamiche, in particolare Hamas, ritenendole le principali fomentatrici delle violenze.

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In un blitz notturno, invece, l'esercito israeliano ha arrestato numerosi alti esponenti di Hamas in Cisgiordania, fra cui un ex ministro, un parlamentare e cinque miliziani liberati anni fa nel contesto di uno scambio di prigionieri.

"Il governo israeliano sta giocando con il fuoco e rischiando di innescare una grande crisi con il mondo arabo ed islamico", ha dichiarato il presidente della Lega Araba, Ahmed Abul Gheit. "Gerusalemme è una linea rossa che arabi e musulmani non possono accettare che venga toccata", ha poi aggiunto.

Un ordigno pronto a esplodere

La reazione di Hamas è stata di sfida aperta: "Questa massiccia campagna di arresti - ha tuonato Abdel Rahman Shedid - è la dimostrazione migliore che le forze di occupazione stanno perdendo il controllo della situazione".

Mentre la Turchia cerca di mobilitare l'opinione pubblica islamica sulla questione della Spianata, Israele sta sondando il terreno con Paesi arabi moderati, fra cui Egitto e appunto Giordania, nel tentativo di escogitare una soluzione che da un lato consenta di rimuovere i metal detector, ma dall'altro garantisca che al suo interno non vengano più trafugate armi.

Dall'estero si moltiplicano gli appelli alla calma. Fra tutti spicca quello del Papa, che oggi ha lanciato un'invocazione "alla moderazione e al dialogo" e ha pregato "affinché il Signore ispiri a tutti propositi di riconciliazione e di pace".

Il mistero dell'ambasciata in Giordania

Nel bel mezzo di tutto questo, poi, in un clima di tensione crescente, nell'ambasciata israeliana ad Amman, una guardia di sicurezza è stata attaccata da due giordani e ha reagito uccidendo entrambi, aprendo una crisi diplomatica tra i due Paesi.

Secondo una prima ricostruzione, un gruppo di falegnami doveva installare mobili in uno degli appartamenti in cui vivono le guardie di sicurezza israeliane, nel pressi del complesso dell'ambasciata, nel quartiere di Rabieh.

A un certo punto la guardia israeliana sarebbe stata aggredita con un cacciavite da uno dei falegnami presenti. L'ufficiale, vice responsabile della sicurezza in loco, è rimasto leggermente ferito e ha reagito sparando e uccidendo l'aggressore.

E' rimasto ferito da una pallottola vagante anche il padrone di casa, un medico che era anche lui presente in casa e che è deceduto poco dopo, in ospedale. L'operaio, Mohammed Jawawdeh, aveva 17 anni appena, è morto sul colpo.

Domenica sera, dopo la riunione di emergenza presso il ministero degli Esteri a Gerusalemme, il governo israeliano aveva deciso di evacuare immediatamente tutto il personale dell'ambasciata, nel timore di rappresaglie che avrebbero potuto portare a disordini e tentativi di attaccare la sede diplomatica.

Tuttavia le autorità giordane hanno impedito alla guardia di sicurezza coinvolta nell'incidente di lasciare il Paese perché vogliono un'inchiesta.

Israele al momento rifiuta di consentire l'indagine sostenendo che la guardia ha l'immunità diplomatica in base alla Convenzione di Vienna.

Il braccio di ferro sulla possibile inchiesta ha fatto ritardare l'evacuazione dell'intero team diplomatico israeliano ad Amman.

AHMAD GHARABLI/AFP/Getty Images)
Polizia israeliana nel luogo dello scontro a fuoco con i terroristi, Gerusalemme, 14 luglio 2017

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Redazione