Gianfranco Fini indagato: la parabola dell'ex presidente della camera
ANSA/Ettore Ferrari
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Gianfranco Fini indagato: la parabola dell'ex presidente della camera

Bocciato dagli elettori alle elezioni, scomparso dalla scena politica, l'ex presidente della Camera è oggi indagato dalla procura di Roma per riciclaggio

È scomparso dalle schede elettorali e riappare tra i fascicoli giudiziari.

Indagato dalla procura di Roma per riciclaggio, l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha già rassicurato: “Non ho nessuna intenzione di tornare alla politica attiva”.

Si sa, infatti, che in Italia le indagini sono valori sul campo, sono strumenti di difesa pelosa, sono il pretesto del perdente che subito dopo la consegna di un avviso di garanzia non si corruccia ma anzi esulta: “Vedete, ce l’hanno con me”.

Insomma, va detto che Fini ci ha almeno risparmiato, per il momento, il lamento del perseguitato. Del resto è stato lo stesso Fini a dire al Fatto Quotidiano, riguardo alla casa di Montecarlo: “Ammetto. Sono stato un coglione”.

Eccezionale esempio della famiglia italiana come guasto, Fini è l’ennesimo caso di politico rimpicciolito dalla casa, che è sempre un bene posseduto a insaputa, è già ricordato più per i guai del cognato che per il passato da presidente.

Donata ad Alleanza Nazionale e acquistata a prezzo da saldo (330 mila euro e rivenduta 1 milione e 400 mila euro) dalla moglie dello stesso Fini, Elisabetta Tulliani, la casa di Montecarlo non ha tanto segnato la parabola di Fini, ma è la futura ipoteca alla memoria, è la macchia che copre la tela.

Montecarlo, che è la città dell’azzardo, non solo ha perduto Fini ma ci ha fatto perdere la destra, ci ha consegnato un maldestro marito ma si è presa un abile segretario di partito.

E c’è da credere che pure Fini sia stordito, le sue interviste lo confermano, da questo inferno di società off shore, labirinti di conti, profitti illeciti che hanno portato oggi la Guardia di Finanza a sequestrare 7 milioni di euro a Sergio e Giancarlo Tulliani, suocero e cognato di Fini.

Ebbene, è vero che Fini ha giustamente “fiducia nella magistratura”, ma è la destra che non ce l’ha più in lui, nei “colonnelli” (li ricordate? La Russa, Gasparri e Matteoli) e neppure in Giorgia Meloni, che è già post destra, più roba da coatti che materia da Prezzolini.

Consegnati alle teche il “Che fai mi cacci?”, che Fini rivolse a Silvio Berlusconi, ingiallite le copertine a sinistra del “Compagno Fini”, di una famiglia politica sono rimasti i coriandoli, le foto in bianco e nero, i tweet di Gasparri e gli occhialetti di Italo Bocchino. Prima ancora dell'indagine, quello di Fini era già stato un viaggio al termine della notte.

Da Fiuggi a Montecarlo. È questa la strada dove si è smarrita la destra. 

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Carmelo Caruso