L'altro de Magistris oltre Luigi: "Siamo i fratelli Castro di Napoli"
Artefice dei successi dell'ex magistrato, segretario del suo nuovo movimento. Punta al parlamento. Intervista a Claudio de Magistris
A Cuba si aprono alla democrazia i fratelli Castro a Napoli preparano la rivoluzione i fratelli de Magistris.
Luigi è Fidel? «È il fiume che trascina». Dunque lei è Raúl? «Il paragone mi lusinga e mi fa sorridere».
Fratello del sindaco che i napoletani hanno rieletto, Claudio de Magistris, alimenta il culto di Luigi: «È il nostro timoniere». Di sbandati? «Sono il meglio del paese e ci scrivono da tutte le province».
Claudio equipaggia, infatti, il nuovo movimento politico di Luigi de Magistris che si chiama “Dema”, il brigantino meridionale di tutti i diavoli e gli arruffati che «sarà un arcipelago aperto ad ambientalisti, meridionalisti, antagonisti, repubblicani. Aspiriamo a essere l’altra Podemos». È la nuova Internazionale degli infuriati e dei confusi? «È un circolo di romantici e decisi».
Capovolgendo la sorte del fratello minore, che è sempre la miniatura del maggiore, Luigi è il successo politico di Claudio: è la sua opera e non la sua copia. «Ho la presunzione di dire che sono importante». A Napoli ci sarà un altro de Magistris dopo de Magistris? «Escludo questo ma aspiro a tutto». Al Parlamento? «Perché no».
Per Luigi, Claudio ha curato le campagne elettorali da europarlamentare, da sindaco ed è stato responsabile del suo staff al comune. Oggi è segretario di Dema «che solo a Napoli è riuscita a far eleggere 60 consiglieri». È quindi il Rasputin di Luigi? «Sono e rimango un organizzatore di eventi, un ex impresario musicale. Ho messo a disposizione il software, ma Luigi ha costruito l’hardware».
Claudio seleziona i volontari e anima “L’Agorà”, uno spazio che è un po’ la “Sierra Maestra” dei de Magistris, ragiona con i centri sociali ma difende i capitali di Dolce e Gabbana e della famiglia Ferrero che proprio a Napoli hanno investito e continueranno a investire: «Perché fanno il bene di una città. Sono la speranza contro l’arretratezza».
Claudio è insomma la terra sotto i piedi di Luigi, è la sua necessità come il caffè lo era per il filosofo Michail Bakunin (Viaggio in Italia. edizioni Eleuthera) che proprio sotto il Vesuvio lo sorseggiava per trovare il lievito dell’anarchia. «Bevo caffè e ho ripreso a fumare». Anche Luigi fuma il sigaro dei “Barbudos”? «Non ha mai fumato e adesso cammina tanto per combattere la pancetta».
Nel suo ufficio in via Toledo dove ha sede l’associazione, stanza pratica da funzionario, Claudio muove gli uomini e ferma i pensieri, recluta i volontari della ribellione che sono per il sindaco di Napoli come le ragnatele per Spiderman; è il direttore artistico dei suoi sfrenati e sregolati comizi di liberazione che You Tube (21.353 visualizzazioni) ha ormai reso virali: «Io sono con te che non conti un cazzo! Sciogliete le catene! Potere al popolo! Renzi t’adda caga sotto. Granducato di Toscana dietro, Napoli capitale avanti. A ‘ma scassa!».
“Scassare tutto”, “Caga sotto”. C’è sempre lei dietro la prosa eversiva di suo fratello? «Non è eversione ma tensione che evapora». Siete fratelli anche nella lingua? «Sono un uomo di musica. Mi piace ascoltare». Cosa? «Miles Davis e John Coltrane. Possiedo oltre 7000 vinili». E da studente? «Pfm, Banco del Mutuo Soccorso, L’Orma». Era anche la colonna sonora di Luigi? «Preferiva Battisti, De André e i Pink Floyd».
Oggi Luigi è il punk della politica italiana e la sua bandana è quella del pirata che cannoneggia il diritto. L’età ha ribaltato i vostri caratteri? «Io annusavo la strada. Luigi consumava la carta. A scuola era più bravo lui». Da studente ha occupato? «Ho vissuto il periodo della pantera». E Luigi? «Studiava». Stesso liceo? «Sì. Il Pansini. Eravamo una famiglia benestante».
Una famiglia di magistrati e letterati. Tutti i de Magistris sono stati, sin dal Regno d’Italia, uomini di legge e il nonno materno era il grande italianista Luigi Russo, il sacerdote dell’idioma nazionale. Nella storia di famiglia c’è insomma la continenza e la prudenza che Luigi ha infranto lasciando la magistratura e indossando la camicia fuori dalla cintura, e poi inventandosi la figura del sindaco di strada, in pratica fuorilegge perché sospeso dalla legge Severino. «E invece è stata proprio la sospensione a cambiare Luigi. Ha cercato il popolo perché aveva paura. Il popolo si è dato a lui».
Suo fratello è un’emergenza democratica, incita alla sedizione, sfascia i conti pubblici, sta trasformando Napoli in un forno di sovversivi… «I napoletani lo amano perché incarna il Meridione che è sempre perseguitato come lo è stato lui per le sue inchieste».
Non erano eversive pure quelle? Infrazioni al codice, intercettazioni illimitate, macelleria di garanzie? «Erano inchieste serie e rigorose». Tutte le sue indagini sono state smontate dai giudici, hanno provocato la caduta di governi (Prodi), travolto uomini e famiglie; sono finite con assoluzioni piene dopo essere state annunciate a passo di marcia dai giornali. Si possono definire rigorose? «Il suo lavoro da magistrato ha risvegliato la Calabria». I suoi errori da magistrato hanno però fatto nascere un’associazione “vittime de magistris”. Lo sapeva? «Lo so. Ma la storia gli sta dando ragione. Gli uomini che ha indagato da pm sono ancora protagonisti di scandali». Non crede che sia meno pericoloso avere de Magistris in politica che in magistratura? «In politica Luigi può essere più incisivo».
Al Vomero, dove i fratelli De Magistris sono cresciuti, Claudio e Luigi hanno maneggiato i brocardi di papà Giuseppe e non il libretto rosso di Mao, hanno respirato la pulizia concettuale dei testi di Piero Calamandrei e non il grasso rivoluzionario di Lev Trockij . «E però, in camera, anche noi avevamo il poster di Che Guevara». Claudio racconta che nella stessa camera che hanno condiviso da fratelli, Luigi è tornato quando è stato eletto sindaco di Napoli coccolato sempre da mamma Marzia che gli ha cucito la toga in una notte e che gli appoggiava il vangelo sul comodino. «È stata la madre partenopea delle commedie di Eduardo: friarelli e carezze, casa e pazienza. Ci ha viziati da piccoli. Non ci siamo staccati da grandi». Sua madre era di sinistra? «Sicuramente». E suo padre? «È sempre stato un moderato. Quando Luigi ha lasciato la magistratura ha sofferto molto». Oggi lo riconoscerebbe da tribuno? «Aveva già compreso la sua scelta».
Minore per età, Claudio oggi è in realtà maggiore per controllo. E' più basso nella voce e più acuto nei silenzi: è la calma della fretta. Claudio è la corda seria di Luigi che di lui dice: «Senza Claudio nulla sarebbe iniziato. È il mio ponte con Napoli». Luigi è la corda pazza di Claudio perché «senza Luigi tutto sarebbe rimasto uguale. È il mio porto a Napoli».
Scambiandosi affettuosità i due fratelli infiammano il Sud. «Appicciano ‘o foco» dicono a vico Purgatorio dove si sciolgono per Luigi «o’ sindaco», ma riconoscono l’autorevolezza di «o’frate» che è anche «o’ ragionatore». Claudio spiega che il segreto della riconferma a sindaco di Luigi e di quello che «vi ostinate a chiamare populismo è in realtà il carisma dei leader. Dietro Luigi non c’è la furia di Robespierre ma l’analisi di Gramsci, ci sono i ribelli dello storico Hobsbawm e non i lazzari che fustigava Benedetto Croce».
A Napoli, invece, credono che dietro de Magistris ci sia solo l’altro de Magistris, appunto Claudio, uomo di mare aperto che però trova la serenità nel chiuso delle montagne tra boschi larghi e querce fitte. Negli anni, Claudio è riuscito a far sposare la plebe dei Quartieri Spagnoli con i professori dell’università “L’Orientale”, a far incrociare Pino Aprile e i suoi “terroni” con i borghesi ricercati che divorano i gialli di Maurizio De Giovanni. «Entrambi hanno generosamente scritto per noi alcuni contributi sulla città» rivela con soddisfazione Claudio.
Hanno scritto per Luigi o per Claudio? «Per Napoli». Vi siete sdoppiati come la mela che ha più sapore quando si spacca e la luna che è mezza e piena a secondo delle fasi? «I napoletani ne hanno eletto uno ma ne lavorano due». Gratis? «Sono il primo in Italia a essere stato criticato per aver lavorato in un ente pubblico gratuitamente».
Nominato da Luigi capo del suo staff, Claudio ha rinunciato allo stipendio. «Hanno così setacciato i miei dati e scoperto che per due anni non ho percepito redditi. Sono stato accusato di essere precario e di bastarmi poco». Non aveva un contratto con l’Idv di Antonio Di Pietro per ben 64 mila euro? Ha iniziato con la rivoluzione ma è con la politica che ha trovato l’agiatezza? «Svolgevo la mia professione. Proprio per questo non ho pesato sulle casse del comune». Oggi come vive? «Vivo dei miei risparmi e in futuro percepirò da Dema un rimborso spese. Purtroppo il cognome mi ha danneggiato». Averla nominata capo staff non è stato un ennesimo guasto della famiglia in politica? «La famiglia è la sicurezza della lealtà. La nomina fatta da Luigi prevedeva appunto la fiducia come parametro». Ormai Luigi si sente un plusvalore, anzi, dice che “piace troppo. È un dato di fatto”. È sbronzo di vanità? «Sofia Loren ha detto che un bello guaglione». Piaceva più Luigi o Claudio da ragazzo? «Acchiappavamo entrambi».
Per i napoletani che per Luigi si sono superati nel registrare soprannomi (Giggino banderas, ‘a sacchetta, ‘a manetta, billioner, ‘o sentimentale, no global, ‘o skipper, ‘o timoniere, ‘a paghetta, ‘o scassatore, ‘o floppe, coppa a gaffe) Luigi è invece ‘o sciupafemmine. Si riconosce? «Sono riservato». È lo psicanalista di Luigi? «Forse la sua coscienza». Vi scrivete lettere come i fratelli Van Gogh? «Ci scriviamo brevi messaggi su WhatsApp». Litigate? «Come tutti i fratelli che si dànno i pugni perché non possono darsi i baci». Il destino dei fratelli è quello di allontanarsi. Luigi ha divorziato da tutti: Grillo, Di Pietro, Travaglio. Finirete per dividervi? «Ci siamo ritrovati e ci capiamo». Non vi basta aver “scassato” e invaso Napoli come la “Baia dei Porci”? «Scassare significa aprire. In realtà l’abbiamo liberata. Grazie a noi, Napoli è città aperta».