La legge più indecifrabile che ci sia
Si faccia una prova con le 133 pagine della Manovra di Bilancio 2025... Dovrebbe essere, se non semplice, almeno comprensibile. Perché parla di come disporre dei soldi dei cittadini. Ma non è così
Un cittadino dovrebbe poter esercitare il diritto di leggere un testo legislativo e capirlo senza dover ricorrere a un esperto. Se questo è vero in ogni caso, per qualsiasi atto legislativo, lo è evidentemente in modo ancora maggiore per ciò che riguarda i conti dello Stato e in particolare la «Legge di Bilancio». In questa normativa, infatti, c’è scritto quanti soldi dovranno entrare nelle casse dello Stato e quanti soldi dovranno uscire l’anno successivo alla Legge stessa. In questi giorni il governo ha varato la Legge di Bilancio per il 2025. Ho provato a leggerne alcune parti e, oggettivamente, tra rimandi ad altre leggi, citazioni di commi e di articoli vari, rimandi legislativi da altre leggi ancora, per capirci qualcosa ci vuole la pazienza di Giobbe e anche con quella non si arriva a quasi nulla.
Facciamo un esempio relativo al «Riordino delle detrazioni». All’art. 16-ter, al primo punto, si legge: «Fermi restando gli specifici limiti previsti da ciascuna norma agevolativa, per i soggetti con reddito complessivo superiore a 75 mila euro, gli oneri e le spese per le quali è prevista una detrazione dell’imposta lorda, dal presente testo unico o da altre disposizioni normative, considerati complessivamente, sono ammessi in detrazione fino a un ammontare calcolato moltiplicando l’importo base determinato ai sensi del comma 2 in corrispondenza del reddito complessivo del contribuente per il coefficiente indicato nel comma 3 in corrispondenza del numero di figli, compresi i figli nati fuori dal matrimonio riconosciuti, adottivi, affidiati o affiliati, previste nell’art. 12, comma 2, del presente testo unico». Se non vi è ancora scoppiato il cervello o, nel caso dei maschi, due organi rotondi posti a metà del corpo, vi segnalo che ho scelto uno dei brani più semplici.
Sfido chiunque, cittadino comune dotato di capacità intellettive, a capirci qualcosa. Da notare, tra l’altro, che questa bozza di «Manovra di Bilancio» conta ben 133 pagine per un totale di 144 articoli. Il 144° è il più semplice di tutti, infatti recita così: «La presente legge, salvo quanto diversamente previsto, entra in vigore il 1° gennaio 2025». E su questo lo capisce anche uno talmente cretino da non rendersi conto neanche di essere cretino (la maggioranza dei casi). Detto in termini scientifici si tratta del cosiddetto «drafting legislativo e semplificazione normativa», termine che proviene dall’inglese e che indica l’attività volta a redigere testi normativi e tradurre in termini tecnico-giuridici le scelte politiche operate dal legislatore. L’Accademia Treccani, quest’anno, ha dato vita a un Master intitolato così: «Drafting e semplificazione normativa. Chiarezza ed efficacia linguistica degli atti legislativi e amministrativi». Iniziativa encomiabile perché, in pratica, significa insegnare a coloro che devono scrivere le leggi come redigerle in modo che siano comprensibili al cittadino comune.
C’è di mezzo il diritto fondamentale di ognuno a capire le leggi che lo riguardano, direttamente o indirettamente. Poiché in questo caso si tratta di leggi che riguardano la tassazione è evidente che tale diritto assume un valore ancora maggiore perché la tassazione altro non è che un contratto tra lo Stato e il cittadino contribuente. Ma come fa quest’ultino a essere parte attiva in un contratto con lo Stato non comprendendo il testo nel quale questo contratto è stato scritto? Infatti, nella presentazione del Master della Treccani, c’è scritto che «Questo innovativo programma è pensato per formare professionisti capaci di affrontare le sfide della semplificazione normativa... Un’iniziativa che conferma la missione di Treccani per promuovere l’evoluzione della lingua italiana e il suo ruolo cruciale anche nella scrittura delle norme. L’accuratezza linguistica è infatti fondamentale per garantire chiarezza e precisone del diritto». Non si poteva dire meglio.
Del resto, quella del drafting legislativo è questione che si dibatte in Italia dal Dopoguerra, cioè dal secolo scorso, ma a oggi stesso siamo ancora assai indietro. Diciamo che il punto non riguarda il governo direttamente perché l’esecutivo non è il soggetto che scrive le leggi ma ne fornisce solo i contenuti. È poi l’apparato burocratico che scrive le norme. Ma è comunque un problema politico perché riguarda il rapporto fra legge e cittadini, un rapporto costitutivo del patto stesso che regge la democrazia.