L'infinito patrimonio del Capo dei Capi
L'ultimo sequestro del Ros dimostra che Totò Riina è ancora capace di gestire il suo patrimonio illecito
“Non è facile individuare il patrimonio illecito che Totò Riina nasconde tra prestanomi e familiari, ma il sequestro di oggi, se pur poca cosa, è sicuramente un segnale positivo e soprattutto dimostra che nonostante voglia far credere di essere in fin di vita riesce ancora ad amministrare i suoi possedimenti”.
Sono le parole dell’onorevole Angela Napoli, ex consulente della Commissione parlamentare Antimafia e presidente dell’associazione Risveglio ideale, dopo l’ultimo colpo inferto dai Carabinieri del Ros, al patrimonio immobiliare e societario del Capo dei Capi.
Gli uomini del Raggruppamento operativo speciale e quelli del Comando Provinciale di Palermo e Trapani hanno sequestrato al boss ai suoi familiari beni per un valore complessivo di circa 1,5 milioni di euro.
Un sequestro milionario
Il provvedimento ha riguardato varie società, una villa, 38 rapporti bancari e, soprattutto, numerosi terreni del padrino corleonese.
“In questi ultimi anni sembrava che i riflettori si fossero accesi solo sulle condizioni fisiche di Riina e sulla opportunità che potesse o meno finire la pena in una cella di un carcere- precisa Angela Napoli – ed invece questa operazione, pone l'attenzione anche su un altro aspetto ovvero sulle reali capacità che ha ancora Riina: il boss è sì malato, ma è capace di esercitare il suo potere di Capo e di amministrare i suoi beni. E purtroppo ne ha ancora moltissimi che sono fonte di sostentamento per lui e i suoi familiari”.
La famiglia del capomafia detenuto dal 1993, infatti, come dimostra anche quest’ultima indagine, ha potuto contare su molto denaro, malgrado i numerosi sequestri di beni subiti nel tempo e a fronte dell'assenza di redditi ufficiali.
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Un fiume di soldi in contanti
La moglie del padrino, Ninetta Bagarella, ad esempio, è riuscita a emettere tra il 2007 e il 2013 assegni per oltre 42.000 mila euro a favore dei congiunti detenuti.
“E’ indispensabile, oggi più che mai, un’attività di intelligence sul patrimonio economico-finanziario di Riina che è davvero imponente, quindi questo deve essere considerato come uno dei tanti sequestri che verranno effettuati in futuro”.
Oltre alla villa a Mazara del Vallo, sono stati posti sotto sequestro beni che si trovano nelle province di Lecce e Brindisi che risultavano formalmente intestati a Antonino Ciavarello, genero di Salvatore Riina ma anche le società Rigenertek, AC Service e Clawstek. Le imprese commerciano in autovetture e, stando agli esiti delle indagini patrimoniali, sono state costituite con denaro sporco.
L'inchiesta, infatti, è nata dai redditi dichiarati negli anni da Riina e dai suoi congiunti da cui è stato possibile ipotizzare l'utilizzo di mezzi e di risorse finanziarie indubbiamente illecite.
A Riina i terreni della curia di Corleone
E’ ormai storia il rapporto controverso dei mafiosi con la religione così come la loro profonda devozione verso la Madonna. E anche Riina, ovviamente, non poteva fare eccezione tanto che il suo “rispetto” verso la Madonna lo aveva persino condotto ad acquistare i terreni dell'azienda agricola dell'ente Santuario Maria Santissima del Rosario di Corleone appartenente alla Curia, il cui valore è stato stimato in centinaia di migliaia di euro.
Dalle indagini è emerso che Riina e la sua famiglia controllavano e gestivano l'appezzamento di terreno del santuario attraverso Vincenzo Di Marco, storico giardiniere e autista del boss e, dal 2001, attraverso suo figlio, Francesco Di Marco.
Ma erano il padrino corleonese e i suoi che di fatto decidevano sia sull'utilizzo dei terreni che sulla distribuzione delle rendite, esautorando il legale rappresentante dell'azienda.