Lo Stato Islamico avanza in Libia
I miliziani jihadisti conquistano il villaggio di Harawa avvicinandosi ai terminal petroliferi di Sidra e Ras Lanuf
di Marta Pranzetti per LOOKOUT NEWS
Dopo la conquista tra il 6 e 7 giugno del villaggio costiero di Harawa, situato 70 chilometri a est di Sirte, in Libia lo Stato Islamico sta iniziando ad assumere dimensioni territoriali rilevanti. Con la presa di Harawa – che stando a testimonianze locali raccolte da Libya Herald si sarebbe arresa dopo il ritiro delle forze di Misurata – ISIS ha ormai il controllo di circa 200 chilometri di costa tra Sirte, Ben Jawad e Nawfaliya, situati vicino ai villaggi di Hun e Waddan e soprattutto a poca distanza dagli strategici terminal petroliferi di Sidra e Ras Lanuf. Senza dimenticare che occupa ormai stabilmente anche Derna in Cirenaica, a est di Tobruk.
Con una nuova operazione, i miliziani jihadisti stanno adesso avanzando per la prima volta verso ovest nel Golfo della Sirte. Il 7 giugno hanno attaccato un check-point militare presidiato da guardie armate afferenti alle milizie di Misurata, nei pressi di Abu Grain, 100 chilometri a sud-est di Misurata e quasi 300 chilometri a ovest di Sirte, la località più a ovest dove finora si sono riusciti a spingere.
La controffensiva di Tobruk contro l'Isis in Libia
L’8 giugno, un altro check-point militare è stato attaccato alle porte di Tripoli, lungo la strada che collega Tarhouna a Esbaieh. Secondo testimoni locali a colpire sarebbero stati anche in questo caso miliziani affiliati a ISIS, in aumento anche in quest’area che è stata roccaforte dei lealisti di Gheddafi. Se confermata, questa notizia dimostrerebbe non solo le capacità di conquista territoriali del gruppo jihadista ma anche il suo grande potere di permeabilità ideologica che consente a ISIS di ingrossare le sua fila e ottenere basi operative anche molto distanti dalla sua base principale di Sirte.
Gli ultimi negoziati ONU
Le ultime conquiste di ISIS in Libia coincidono con il vertice trilaterale che si è svolto al Cairo tra Egitto, Italia e Algeria il 7 giugno, organizzato per accelerare il raggiungimento di una soluzione politica nel Paese. Sempre secondo Libya Herald, riferendosi alla recente espansione territoriale del gruppo jihadista il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, in un incontro privato con il presidente egiziano Abdel Fatah Al Sisi, avrebbe parlato della necessità imminente che la comunità internazionale intervenga militarmente per contrastare ISIS in Libia. Affermazione che troverebbe, tra l’altro, conferma nelle dichiarazioni del ministro degli Esteri spagnolo Pedro Morenes, secondo il quale lo Stato Islamico in Libia andrebbe combattuto da una coalizione internazionale alla stregua di quanto avviene in Siria e Iraq.
Durante la conferenza stampa, tenuta a margine del vertice egiziano, Gentiloni ha comunque ribadito il sostegno dell’Italia al processo di formazione di un governo di unità nazionale, sottolineandone l’urgenza al fine di poter contrastare in maniera congiunta la minaccia terroristica e poter dare avvio a una collaborazione effettiva tra Libia e Unione Europea per fermare l’immigrazione clandestina.
Al Cairo l’incontro tra i ministri degli Esteri di Italia ed Egitto, Paolo Gentiloni e Sameh Shukri
L’8 giugno si è aperto a Skhirat, in Marocco, un nuovo round di negoziati mediati dall’ONU tra le varie fazioni libiche dopo gli incontri dei giorni scorsi ad Algeri e al Cairo. Per la prima volta alle trattative partecipa anche la Russia L’ultimo round di colloqui in Marocco risale a fine aprile, quando era stata discussa la bozza di un accordo per la formazione del nuovo governo di unità nazionale. Da allora non si sono però registrati passi in avanti.
“Per voi è giunto il momento di prendere anche le decisioni più difficili per arrivare alla pace”, ha affermato il responsabile ONU della missione in Libia (UNSMIL) Bernardino Leon, il quale continua a insistere sulla soluzione della creazione di un esecutivo formato da rappresentanti dei governi di Tobruk e Tripoli, convinto che un accordo sarà raggiunto entro il 17 giugno, prima del Ramadan 17 giugno. Un ottimismo che però, francamente, rispecchia poco la realtà della situazione in Libia.