Lucia Annibali, donna del 2013
Ecco perché l'avvocato, sfregiata con l'acido, meriterebbe un premio
Lui aveva un'altra da alcuni anni e inoltre stava per diventare padre. Nessun dubbio per l'avvocatessa urbinate 36 enne Lucia Annibali: la sua relazione con il collega coetaneo Luca Varani non aveva futuro. Meglio imprimerle subito la parola fine.
Una scelta logica e naturale, che avrebbero fatto molte altre donne nella medesima situazione. A lei, però, è costata davvero troppo. Anzi, un prezzo inestimabile: il suo futuro.
Lucia non potrà mai più essere la donna di prima. L'acido le ha sfigurato il volto, ma soprattutto ha lasciato ferite enormi nel suo cuore.
Troncando il rapporto che la legava a Varani non poteva immaginare che in lui si sarebbe risvegliato il mostro addormentato forse da sempre. L'ex fidanzato infatti non sapeva darsi pace per l'abbandono subito e dopo vani tentativi di riconquista era passato all'attacco con appostamenti, telefonate persecutorie e minacce alternate a gesti intimidatori.
In un'occasione era addirittura riuscito a entrare nell'appartamento della donna con l'intento di manomettere i fornelli della cucina in modo da provocare un'esplosione letale; in seguito, per maggior tranquillità, aveva deciso di rimanere nell'ombra e di ricorrere a terzi per portare a compimento i suoi misfatti.
Per questo ha assoldato due albanesi, Rubin Ago Talaban e Altistin Precetaj, che hanno accettato in cambio di 2000 euro.
Così, quel fatidico 16 aprile, circa due settimane dopo un primo tentativo fallito - mentre Varani è impegnato altrove in una partita di calcetto tra amici, tanto per vantare un alibi attendibile -, tutto si compie come da copione. Al suo rientro nella casa pesarese, l'avvocatessa trova Talaban ad attenderla. Un fiotto di acido solforico la investe in pieno viso. L'affronto fatto a Varani dalla donna è stato vendicato.
Lucia non si lascia ingannare dalle apparenze. Capisce tutto, subito e davanti ai soccorritori accusa l'ex fidanzato quale mandante dell'aggressione. L'uomo (intenzionato a fuggire negli Usa) finisce quindi in manette già il giorno successivo, seguito a breve distanza di tempo da Talaban e Precetaj. Il 9 dicembre, nel tribunale di Pesaro, ha avuto luogo la prima udienza del processo per direttissima a carico di Varani e dei suoi sicari, tutti accusati di tentato omicidio e lesioni personali gravissime. La seconda fase, che si svolgerà con rito abbreviato, è stata invece fissata per il 21 febbraio prossimo.
Nel frattempo, Lucia è tornata a vivere. Gli ultimi sette mesi non sono stati comprensibilmente facili per lei, divorata dal dolore fisico e contemporaneamente costretta a combattere quel sordo senso di “vergogna” che subdolamente cerca di farsi largo nelle donne cui l'acido poteva corrodere persino l'anima.
Ma Lucia non ha accettato il ruolo di vittima che la società circostante ha già studiato per lei.
No. La vergogna, l'autocommiserazione, la sterile disperazione non le appartengono: “Devo pensare a me e a guarire il più possibile, lo devo a me stessa. Voglio riordinare la vita partendo proprio da quello che mi è successo”. Ha le idee chiare e non lo nasconde. “Mi piacerebbe moltissimo aiutare in qualche modo gli ustionati, occuparmi delle donne schiacciate da uomini inetti e incapaci di convivere con le loro fragilità”, ha precisato nel corso di un'intervista rilasciata qualche mese fa.
Ora più che mai, dopo aver sperimentato la ferocia sul proprio corpo, Lucia si ritiene fermamente decisa a combattere la violenza maschile in tutte le sue forme. Lotterà con e per le donne, respingerà al mittente il significato recondito del male ricevuto. Non permetterà mai che la fragilità folle e disumana di un uomo possa lasciare tracce indelebili anche nel suo avvenire.
Sfidando se stessa e le convenzioni comuni, è uscita allo scoperto. Ha affrontato a testa alta i suoi aguzzini nelle aule tribunalizie, ha scelto di aprirsi a quella larga parte del mondo civile che non riconosce alcune legittimità giustificativa ai soprusi perpetrati in nome di un presunto orgoglio maschile. E la sua determinazione non è passata inosservata.
In occasione della Giornata internazionale della violenza contro le donne il Presidente Giorgio Napolitano l'ha nominata Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana. L'onorificenza le è stata conferita “per il coraggio, la determinazione, la dignità con cui ha reagito alle gravi conseguenze fisiche dell'ignobile aggressione subita”. “Il comportamento di Lucia Annibali”, precisa inoltre la nota rilasciata dal Quirinale, “costituisce un fermo invito a reagire e a guardare al futuro rivolto a tutte le donne vittime della violenza maschile. La Presidenza della Repubblica con questa scelta emblematica esprime il proprio generale incoraggiamento alle campagne, alle iniziative, alle associazioni che si impegnano per contrastare un fenomeno così terribile e, in particolare, vuole sottolineare ancora una volta quanto sia importante l'adesione convinta e numerosa degli uomini alla irrinunciabile battaglia ricordata dalla Giornata del 25 novembre”.
Lucia Annibali è diventata suo malgrado simbolo di questa lotta contro lo spettro della violenza di genere, che annovera, nel 1013 quasi alle spalle, 128 femminicidi registrati solo in Italia e 1500 donne vittime dell'acido nel mondo.
Ma alla popolazione femminile cui si sente legata da un vincolo inscindibile di solidarietà, l'avvocatessa lancia un messaggio forte e significativo: “Vogliatevi bene, tanto, tantissimo. Credete in voi stesse e sappiate che ogni atto di violenza subita non dipende mai da voi che amate l’uomo sbagliato ma da lui che lo commette. Agli ustionati come me invece dico di tenere duro e avere pazienza, tanta pazienza”.