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ANSA/ ANTONINO DI MARCO
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M5S: i grillini e il loro padrone

Tra insofferenze del fondatore e i programmi à la carte di Luigi Di Maio, chi entrerà in Parlamento sarà sottomesso al sistema Casaleggio-Rousseau

Al principio era il verbo, la parola di Beppe Grillo con le sue invettive comiche e violente contro il progresso, l'industria, le banche, la crescita, l'Europa e naturalmente la casta dei politici. Il verbo era Grillo, il suo blog dettava la linea.

Un po' Minosse un po' come il Briatore di The Apprentice, con un cenno cooptava e promuoveva, o condannava ed espelleva.

Alla destra del padre sedeva Gian Roberto Casaleggio, beatificato già in vita quale un Mosè della democrazia diretta con gli algoritmi al posto delle tavole.

Poi, la conquista di 163 seggi parlamentari e di una ventina di sindaci, diede al movimento una base nella vituperata democrazia rappresentativa.

Risultato? Quasi un terzo degli eletti non resse la prova dell'obbedienza pronta, cieca e assoluta e reietti dal padre padrone trasmigrarono altrove.

Ora, in vista delle elezioni il Grillo garante, forse stanco forse annoiato forse timoroso che la libertà di pensiero possa contagiare i futuri eletti, ha impresso una nuova stretta ancora più autoritaria.

Senza sorprese, capo politico è stato nominato il trentunenne Luigi Di Maio il più svelto e il più trasformista della brigata.

È di Pomigliano ma è talmente senza radici che potrebbe essere nato ovunque. Ha annusato tanti mestieri ma non ne conosce nessuno, nemmeno quello di vice presidente della Camera ruolo regalatogli - indovinate da chi? - a ventisei anni. Manco Napoleone Bonaparte.

Rimandato in sintassi italiana e geografia politica, è purtuttavia il candidato premier del movimento e così vestito a nuovo traduce in politichese la rivoluzione 5 Stelle.

Pur di imbucarsi nei salotti buoni ha già accantonato le vecchie parole d'ordine: Alleanze? "Con chiunque ci sta".

Referendum sull'euro? "Voterei sì, ma non è detto che lo facciamo".

Jobs Act? "Abrogato".

Articolo 18? "Restaurato".

Reddito di cittadinanza? "Solo ai poveri".

Per non essere da meno di altri candidati annuncia 100 miliardi di spese in più da coprire con tagli alla Cottarelli o - che differenza fa? - aumentando il disavanzo e il debito.

Ma lasciamo Di Maio alle sue chiacchiere, il potere vero nel o sul movimento non è il suo, il potere vero ce l'ha Davide Casaleggio e l'Associazione Rousseau di cui è presidente, amministratore unico e tesoriere.

È infatti a questa Associazione e alla sua "Piattaforma" che sono delegate le modalità di consultazione degli iscritti, la gestione delle votazioni e il conteggio dei voti.

Non basta: "Ciascun parlamentare italiano, europeo e consigliere regionale eletto sotto il simbolo dei 5 Stelle si obbliga (cioè è obbligato!) ad utilizzare la "Piattaforma Rousseau" come principale mezzo di comunicazione e a erogare un contributo mensile di euro 300 destinato al mantenimento della stessa piattaforma".

Ecco spiegata la democrazia diretta o digitale: il movimento, per statuto, "si obbliga" a obbedire a Davide Casaleggio e a finanziare lautamente l'associazione che detiene il monopolio delle decisioni e delle comunicazioni.

Questo articolo è stato pubblicato sul settimanale *Panorama* l'11 gennaio 2018 con il titolo: "I grillini e il loro padrone".

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Claudio Martelli