Macron ammette gli errori francesi in Libia. E l'Italia?
Ci sono voluti sette anni ma lo ha fatto. Ecco perché anche in Italia chi non ha avuto il coraggio di opporsi a Sarkozy dovrebbe fare doppia autocritica
“Un grave errore”. Un metodo sbagliato. Un’azione militare priva di una chiara tabella di marcia, politica e diplomatica. Che ha avuto il risultato di rovesciare il regime di Gheddafi, ma anche di gettare la Libia in una vera crisi e indebolire la sicurezza nei Paesi vicini.
Queste, in sintesi, le parole di Emmanuel Macron al termine della sua ultima visita in Tunisia. Ci sono voluti sette anni perché un presidente francese ammettesse che attaccando la Libia nel 2011, la coalizione trainata dalla Francia e sostenuta in primis da Gran Bretagna e Stati Uniti, invece di stabilizzare il Nord Africa e dare la vittoria alle primavere arabe, ha prodotto solo caos, miseria e violenza.
Può farlo, Macron, perché la decisione fu di quel bullo mondiale che era Nicolas Sarkozy. Tedeschi e italiani ricordano ancora con sgomento che Sarkozy non informò preventivamente neppure loro dell’imminente ordine di attacco. Quando lo comunicò, i suoi caccia erano già in volo.
La stessa uccisione del dittatore, braccato, ferito, brutalmente linciato e giustiziato con una pallottola nella tempia, è tuttora un giallo. Il suo convoglio in fuga verso il deserto fu individuato dai droni americani e bombardato dagli aerei francesi. Il resto è avvolto nel mistero, anche se i video “amatoriali” del linciaggio e dell’uccisione hanno fatto il giro del web.
Le altre relazioni internazionali
In passato, Gheddafi aveva avuto fortissimi dissidi con un altro presidente francese, Valery Giscard d’Estaing. Che avrebbe tentato di farlo eliminare. Al G8 dell’Aquila, le scorte di Sarkozy e del Colonnello quasi vennero alle mani per una banale questione di precedenza tra i due leader. Segno di un attrito neanche sotterraneo, e di una competizione durissima che nel caso di Sarkozy (come in altro contesto con Giscard d’Estaing) non aveva solo risvolti d’interesse nazionale francese in Africa, ma personali. Forse di più, giudiziari.
Berlusconi non amava certo Gheddafi, ma insieme a lui aveva chiuso il contenzioso coloniale con la Libia e stretto un patto d’amicizia italo-libico (cosa mai riuscita ai francesi con l’Algeria). Già pressato sul fronte interno dall’offensiva giudiziaria e dal presenzialismo “monarchico” del presidente Napolitano, Berlusconi si ritrovò chiuso nella tenaglia di quello che presto si sarebbe rivelato un autentico complotto con sponde in Italia e Europa. Lui era il presidente del Consiglio e non voleva la guerra contro Gheddafi, sia per tutelare la stabilità di un paese per noi strategico in un momento in cui si prospettavano accordi commerciali importanti, sia perché si sentiva legato da un impegno d’onore al Colonnello. Per via di quel “trattato di amicizia”.
La Francia di Sarkozy, spalleggiata dalla Gran Bretagna e dagli USA, agì da spregiudicata potenza regionale, e col pretesto nobile dell’appoggio ai ribelli delle primavere arabe e della difesa dei civili di Bengasi minacciati dall’esercito tripolino del Colonnello, in realtà a tutela dei propri interessi economici soprattutto nei settori dell’energia e delle infrastrutture, e contro i successi italiani nell’area, spinse il pulsante dell’azione militare.
Le conseguenze oggi
La destabilizzazione della Libia dura ancora. È responsabilità della Francia più che di qualsiasi altro Paese. Parigi dovette persino contenere i danni collaterali ai propri interessi nell’Africa subsahariana, in particolare nel Mali, perché i mercenari di Gheddafi si ritrovarono arruolati nelle frange jihadiste e alleandosi con i Tuareg del deserto conquistarono Timbuctu.
Adesso Macron ammette il “grave errore”. Ci sono voluti sette anni, ma è già tanto che lo abbia fatto. In Italia, alla notizia non è stato riservato un grande spazio. Eppure, la sera in cui fu deciso di andare alla guerra al fianco dei francesi (in realtà l’Italia mise a disposizione le basi militari, il territorio come trampolino per i raid francesi e inglesi), chi si appiattì sulla linea di Parigi “imponendo” l’entrata in guerra dell’Italia fu il presidente Napolitano. Dal quale è difficile aspettarsi un’autocritica come quella di Macron.
Se da anni l’Italia si trova a dover fronteggiare una emergenza migranti nel Mediterraneo, deve ringraziare chi volle la caduta di Gheddafi. Ma un’altra scelta era possibile. Lo dimostrò la Germania di Angela Merkel, che si astenne e non partecipò all’attacco.
La Francia, almeno, faceva i propri interessi contro i nostri. Ma chi in Italia non ha avuto il coraggio di opporsi a Sarkozy dovrebbe fare doppia autocritica. Perché fu una decisione non soltanto sbagliata, ma contraria all’interesse nazionale.