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Malattia di Lyme: la prima epidemia dovuta al cambiamento climatico

Il contagio avviene tramite il morso delle zecche, la cui diffusione è agevolata dalle temperature più miti

Nel 2014 l'EPA, agenzia governativa americana per la protezione dell'ambiente, ha inserito nella terza edizione del suo rapporto sul cambiamento climatico quattro nuovi "indicatori" per tracciarne e misurarne l'impatto. Questi includevano il numero di giorni di picco nell'uso del riscaldamento e della climatizzazione nel corso dell'anno (che mostrano che gli americani usano più energia per raffreddare piuttosto che per riscaldare), incidenza degli incendi, livello e temperatura dell'acqua dei Grandi Laghi e infine la malattia di Lyme.

"La malattia di Lyme è oggi la più diffusa e rilevante patologia trasmessa da vettore con diffusione nelle zone geografiche temperate", si legge sul portale di epidemiologia dell'Istituto Superiore di Sanità. "Ed è seconda, per numero di casi, solo alla malaria fra le malattie che richiedono un vettore artropode per la diffusione". A trasmettere il batterio è infatti il morso di una zecca, principalmente del genere Idoxes come la zecca dei boschi (Ixodes ricinus) o la zecca dei cervi (Ixodes scapularis).

Colpa del riscaldamento

Un interessantissimo saggio dal titolo Lyme - The First Epidemic of Climate Change, di Mary Beth Pfeiffer, appena uscito negli Stati Uniti, è il primo a esplorare il legame tra il riscaldamento globale e l'aumento esponenziale della popolazione di zecche, che ha a sua volta causato un aumento abnorme di casi di malattia di Lyme.

Scalano montagne, attraversano confini, si spingono di decennio in decennio sempre più a nord. Le zecche hanno raggiunto nel nuovo secolo altitudini e latitudini che si ritenevano impossibili. In realtà questi artropodi hanno sempre viaggiato anche per lunghe distanze, a bordo di uccelli migratori, ma una volta giunte in zone climaticamente ostili non sopravvivevano. Ora che la temperatura globale è in aumento, semplicemente molte più zecche resistono in un'area geografica sempre più ampia, il che ne spiega l'impressionante diffusione.

Il CDC, Centers for Disease Control and Prevention, altra agenzia governativa americana che in questo caso si occupa di salute, non usa la parola "epidemia" per descrivere la malattia di Lyme. Preferisce il termine "endemico", che definisce come "presenza costante e/o prevalenza abituale di una malattia o di un agente infettivo in una popolazione all'interno di un'area geografica". Secondo Pfeiffer si tratta di una pericolosa sottovalutazione del problema dal momento che, come scrive l'autrice, stiamo palando di "una malattia che produce circa da 300.000 a 400.000 nuovi casi negli Stati Uniti ogni anno, si trova in almeno 30 paesi e probabilmente in molti altri, e sta crescendo rapidamente in tutto il mondo. La malattia di Lyme si sta muovendo, esplodendo, diffondendosi come un'epidemia".

Diagnosi difficile

Un caso emblematico è quello del Canada, che si trova oggi nella stessa posizione degli Stati Uniti negli anni '80. Il secondo paese più grande del mondo, spiega Pfeiffer, ha visto crescere i casi di Lyme 12 volte dal 2009 al 2013. Qui la malattia sta di fatto diventando un vero problema di salute pubblica. Solo che qui, come in Australia, dove la malattia non si era mai vista, il rischio è che i medici non si aspettino di trovarla e quindi finiscano per diagnosticarla con ritardo, il che è particolarmente pericoloso perché si tratta di una patologia nella quale la diagnosi tempestiva incide moltissimo sul successivo decorso.

La zecca responsabile della diffusione della malattia contiene il batterio Borrelia: in meno del 10% dei casi di puntura c'è il rischio di contrarre la malattia. La puntura è molto spesso indolore il che rende difficile accorgersene e intervenire tempestivamente. Già, perché alla zecca occorrono parecchie ora per inoculare il batterio nel sangue, ore nelle quali deve restare attaccata alla pelle dell'ospite umano. Se si fosse consapevoli della sua presenza e la si staccasse subito dalla pelle, senza toccarla con le dita, si ridurrebbe drasticamente il rischio di contagio.

La zecca va staccata utilizzando "una pinzetta a punte sottili, il più possibile vicino alla superficie della pelle, e rimossa tirando dolcemente cercando di imprimere un leggero movimento di rotazione", consigliano gli esperti dell'Iss. E' molto importante stare attenti a non schiacciare il corpo per evitare di causare un rigurgito che aumenterebbe la possibilità di trasmissione di agenti patogeni. Dopo la rimozione la pelle va disinfettata, ma va evitata la tintura di iodio. Se il rostro è rimasto nella pelle va estratto con un ago sterile. Quindi è bene fare la profilassi antitetanica.

I sintomi cambiano con l'andare del tempo. Dopo 30-40 giorni dalla puntura compare un eritema di forma circolare che può essere anche molto grande e può spostarsi in altre parti del corpo, accompagnato da febbre sopra i 38°, stanchezza e mal di testa. A questo punto bisogna iniziare il trattamento antibiotico. Se la malattia non viene diagnosticata subito può diventare cronica, con conseguenze anche molto gravi perché può portare all'insorgenza di altre malattie come artrite, meningite, neuropatie, disturbi del sonno, dermatite, miocardite.

Pochi progressi

I primi a essere infettati dal batterio portato dalle zecche furono dei bambini che risiedevano in una zona costiera del Connecticut negli anni '70, nei pressi della cittadina che ha dato il nome alla malattia. I loro sintomi erano quelli dell'artrite reumatoide e tutti patirono le dure conseguenze di non aver ricevuto una diagnosi tempestiva, molti persero anni di scuola afflitti da affaticamento, dolori articolari, problemi di apprendimento, confusione e depressione.

Nei decenni trascorsi da quando questi sfortunati pionieri della malattia sono stati infettati, sostiene Pfeiffer, sono stati fatti pochi progressi per controllare le zecche, proteggere le persone dai morsi, testare con certezza il patogeno Borrelia burgdorferi e, soprattutto, curare adeguatamente gli infetti. Le zecche Ixodes possono, a volte, trasmettere due, tre o quattro malattie in un solo morso. E il patogeno che trasportano è così intelligente che le zecche infette sono più efficienti nel trovare la preda rispetto alle zecche non infette.

Autodifesa

In Europa un sistema di sorveglianza della malattia di Lyme ancora non c'è, quindi è difficile dire quali possano essere da questo lato dell'Atlantico le dimensioni del fenomeno. Ma sappiamo che anche da noi il numero di zecche è in aumento.
Tra le contromisure per limitare il rischio di un incontro ravvicinato con una zecca, aiuta indossare abiti chiari (rendono più facile vedere la zecca), coprire le gambe con calze chiare e pantaloni lunghi, indossare un cappello. Inoltre evitate di toccare l'erba lungo il margine dei sentieri e di addentrarvi nelle zone in cui l'erba è alta: è qui le zecche si acquattano in attesa dell'arrivo di un malcapitato.

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Marta Buonadonna