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Marattin: "Non fate il funerale al renzismo"

Parla l'economista di Italia Viva che, sull'inchiesta "Open", la ex fondazione di Renzi, dice: "Ho fiducia nei magistrati"

iretto, sfacciato, irriverente, è il front-man televisivo di Italia viva, il partito appena fondato da Matteo Renzi. E ha fama, se non di «cattivo» di signor no, un po’ primo della classe. Con Panorama, però, Luigi Marattin oltre alla politica si lascia andare ai sentimenti. E senza mai imporsi con prepotenza. Un fatto che, di per sé, già costituisce notizia.

Marattin, lei è nato a Napoli ma poi ha girovagato tra Brindisi e Ferrara.

Mio padre Stefano è un ingegnere chimico in pensione. Mia madre Gilda, come si usava al tempo, seguiva papà nelle varie sedi che la Montedison gli assegnava.

Napoli è capitata tra gli spostamenti.

L’unico pianificato dai miei genitori. Vivevano a Brindisi ma hanno voluto a tutti i costi che nascessi sotto il Vesuvio.

E perché?

Sono entrambi partenopei.

Marattin non è un cognome propriamente di quelle parti.

Mio nonno era veneto, arruolato in Marina e di stanza a Napoli, dove portò tutta la sua famiglia. Morì ucciso in guerra, papà aveva pochi mesi di vita.

Che anno era?

Il 1943. Ma posso dirle anche il giorno, il 21 giugno, quello in cui si celebra San Luigi. Mi chiamo così per onorare quel nonno.

Lei è figlio unico.

Esatto.

I figli unici o sono troppo fragili o troppo sicuri di sé.

O entrambe le cose, come tutti.

Però il suo decisionismo piace alle donne, anche a quelle che stanno davanti alla tv. Lei è tra gli ospiti più richiesti dai talk.

Spero per quanto dico. E poi non ho occhi che per Gloria, la mia fidanzata.

Visto che ci siamo, le faccio una domanda che può imbarazzarla.

Sono pronto.

Maria Elena Boschi ha appena ammesso di aver segretamente coltivato per anni una storia d’amore. La voce di popolo sostiene che il suo uomo misterioso sia lei.

So che questa storiella circola da tempo.

Se vuole non ne parliamo.

No, anzi facciamo chiarezza una volta per tutte. Maria Elena è la mia migliore amica. Punto. Le chiacchiere su di noi sono fandonie. Come se ancora oggi non fosse concepibile l’amicizia tra un uomo e una donna. Incredibile.

Tuttavia lei sa chi è il suddetto uomo misterioso.

Potrei conoscerlo, sì.

Come si fa a estorcerle il suo nome?

Altre domande?

Ha 40 anni. I suoi genitori non le chiedono un nipotino?

Beh, la prima volta è stata quando avevo 15 anni d’età.

Vogliamo accontentarli?

Diamo tempo al tempo. Io e Gloria stiamo bene assieme da anni. Poi chissà. Di sicuro lei riesce a tenermi testa come nessun altro.

Non patisce nemmeno alcuni indomabili leghisti come Claudio Borghi?

Con tutto il rispetto, quando si parla di economia non temo nessuno.

E per questo si fa sentire. Il giornalista Alessandro Giuli l’ha definita «un picchiatore mediatico».

Ho fatto a botte una sola volta, per difendere una ragazza all’Erasmus, e mi è bastato. Però sì, se sulla mia strada trovo un cialtrone, mi accaloro. Ma è vero pure che mi piace avere buoni rapporti con tutti, Borghi compreso.

Con i Cinque stelle non mi risultano rapporti così civili.

In effetti da alcuni di loro potrei essere smentito. È la ragione per la quale non sono entrato nel governo, siamo troppo diversi. Né dimentico le frasi di Luigi Di Maio su Bibbiano, ancora mi feriscono.

Lei è social-dipendente.

Così dice la mia fidanzata.

Ma vuole anche obbligare le persone a fornire un documento per aprire un profilo sui social network.

Il web sta diventando una fogna dove si distorce la democrazia. E mentre i giornalisti pagano per i loro errori, peraltro spesso involontari, i cattivi utenti di internet no. Perché?

Pure lei è stato un cattivo utente, in passato ha offeso Nichi Vendola e la Lega.

Non ho nulla da farmi perdonare, quelle due frasi sono state estrapolate dal contesto.

A proposito di contesto. I leader dei principali partiti italiani non sono laureati. Chi è fuori luogo, lei o loro?

Io nasco economista, mi sono formato tra Italia, Regno Unito e Stati Uniti. Dal 2008 sono ricercatore a tempo indeterminato all’Università di Bologna dopo aver superato un concorso durissimo. Se sono in politica è solo per le mie competenze. Devo però riconoscere che in Italia non esiste una scuola di formazione per i leader di partito. Lo si diventa in base ad altri canoni, che rispetto profondamente.

È sincero?

Assolutamente sì. Anche se credo che all’Italia servirebbero le scuole politiche che la Prima Repubblica coltivava.

Quella Repubblica è caduta su Tangentopoli. Anche i renziani rischiano di sparire per le inchieste della magistratura?

Proprio no, state tentando di celebrare il funerale a gente ancora molto viva.

Lei che idea si è fatto sulla Fondazione Open?

La premessa è che personalmente con Open non c’entro nulla. Lo specifico per chiarire che non conosco nel profondo le ragioni della difesa. Però due cose voglio dirle.

Prego.

La prima è che la magistratura deve fare il proprio lavoro. Tuttavia, finché non c’è una sentenza inviterei tutti a rimanere calmi.

La seconda?

Da quanto ho letto e capito, siamo davanti a finanziamenti tracciati, in chiaro, non occultati. L’accusa è che i finanziatori avrebbero ottenuto dei vantaggi da norme di carattere generale. Mi pare un impianto accusatorio pericoloso per la democrazia. Chi stabilisce se una legge è buona o cattiva per tutti? Ancora gli elettori, mi pare.

Ecco, parliamo di elettori. Alle Politiche del 2018 hanno punito duramente il Pd comandato da voi renziani. Che cosa avete sbagliato?

Il Paese era pieno di cicatrici economiche e sociali. Quanto all’immigrazione, l’ottimo Marco Minniti è arrivato al Viminale troppo tardi. Insomma, dovevamo essere più prudenti nel dire che in Italia stava andando tutto bene. La crisi finanziaria era stata superata, i problemi della gente no.

Dal 2014 al 2018 è stato consigliere economico prima di Renzi e poi di Paolo Gentiloni. Differenze tra i due?

Paolo è meno dinamico ma più metodico, per esempio ha composto uno staff esemplare, guidato da Antonio Funiciello. Con Matteo il metodo te lo puoi scordare, però è coraggioso come pochi, è famoso nel mondo per il suo estro.

Un paragone calcistico?

Gentiloni è un regista alla Andrea Pirlo, Renzi un fantasista come Diego Armando Maradona.

Maradona ha avuto carriera breve.

Ma no, all’epoca le carriere duravano meno di adesso. E comunque un leader crolla soltanto quando arriva un altro a sostituirlo. Non mi pare che nel fronte anti-sovranista ci sia uno più bravo di Matteo.

Sarà contento Nicola Zingaretti.

Zingaretti nemmeno ci tiene: ha vinto il congresso affermando il principio di un Pd senza leader.

Intanto, Italia viva è inchiodata al 5 per cento.

Mi sono ripromesso di non guardare i sondaggi almeno fino all’autunno del 2020. Siamo una start-up, i bilanci si fanno dopo anni. D’altronde anche Lega, Fratelli d’Italia e Cinque stelle si sono consolidati nel medio periodo.

Lei è ottimista. Ma come si immagina la sua vita senza parlamento?

La politica è una passione, l’ho cominciata al liceo e praticata già da giovane. Ma non è il mio lavoro. L’insegnamento mi manca e poi c’è la vita privata negata mentre ho la priorità di costruire il futuro insieme a Gloria. Mi mancano persino i miei amici inseparabili dai tempi del liceo, Buzzo e Mezzo.

Il suo soprannome?

Gigi, a Ferrara mi chiamano tutti così.

E Gloria come la chiama?

Se permette, questo lo tengo per me...  

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Carlo Puca