Maria, storia di una vittima
Un nome di fantasia, ma una storia vera, di quotidiani maltrattamenti. Fino al giorno in cui ha avuto il coraggio di chiedere aiuto
La chiamiamo Maria, perché questo è il nome di molte donne. È una tra le migliaia che negli anni si sono avvicinate al Cadom, il Centro Aiuto alle Donne Maltrattate che ha sede a Monza.
Il Cadom è uno dei 70 centri italiani che lavorano per le donne maltrattate raccolti nella rete D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza. Ha bussato qui nel 2012, il suo matrimonio con un uomo che l’ha avuta accanto e l’ha maltrattata per oltre vent’anni si era chiuso due anni prima con la separazione. Ma il problema non era del tutto rimosso, in attesa di trovare una sistemazione definitiva l’uomo viveva ancora in casa e lei attraversava un momento delicato. Quello che segue una decisione importante e sofferta, quando subentra lo smarrimento: "E adesso?".
È arrivata piena di timori, in cerca di risposte che, ha scoperto poi, poteva trovare solo in se stessa. Perché è questo il lavoro del Cadom, donne che si mettono al servizio di una di loro in difficoltà: ascoltano, accolgono, accompagnano ma non hanno soluzioni preconfezionate e uguali per tutte, perché ogni violenza fa storia a sé. Qui una donna può trovare, oltre a un percorso di colloqui con le volontarie del gruppo, una consulenza psicologica e legale, ma non un’abitazione o un lavoro.
"A cosa mi è servito il Cadom? A capire che ero in grado di scegliere e ragionare, a confortarmi e comprendere che non ero io la responsabile di quello che era successo alla mia famiglia, a me e ai miei due figli". Maria non ha mai subìto violenza fisica, ma in quegli anni ha vissuto uno stillicidio di minacce, denigrazioni e tradimenti che hanno mandato in frantumi la sua autostima e l’hanno convinta che il problema fosse lei, la sua pochezza. "La difficoltà più grossa è stata quella di trovare il coraggio di raccontare a qualcuno la mia storia: non l’avevo mai fatto prima, né la mia famiglia né gli amici erano al corrente di quanto succedeva, mi vergognavo".
Chi aveva intuito qualcosa, naturalmente, erano i figli, che l’hanno sostenuta e convinta che la separazione fosse l’unica scelta possibile. Maria ha accettato l’ingiustizia di una consensuale che è andata a tutto vantaggio dell’ex pur di uscire da una situazione insostenibile e, grazie a questo percorso, ha trovato il coraggio di sporgere denuncia quando, ormai fuori dalla sua vita, lui ha continuato a tormentarla. L’azione giudiziaria è ancora in corso per lei, ma il suo lavoro al Cadom può dirsi concluso perché lei ora ha tutti gli strumenti per iniziare una nuova vita. L’uomo nero oggi, è solo un brutto ricordo.