Massolo: «Siamo in mondo senza guida e non sappiamo dove stiamo andando»
Iran, Palestina, Russia ed Ucraina oltre alle elezioni europee e le presidenziali Usa. Colloquio a 360° con l'ambasciatore su quello che sta succedendo sullo scacchiere internazionale (e che sempre più tocca ed interessa gli italiani)
«Quello che sta succedendo è che stiamo uscendo dall’ordine mondiale liberale, a guida occidentale e basato sul libero mercato, senza ancora sapere verso quale altro assetto stiamo andando». Iran, Medio Oriente, Russia-Ucraina, Taiwan… mai come in questi ultimi mesi la politica estera, solitamente snobbata dagli italiani, è diventata centrale nella nostra vita di tutti i giorni (non fosse altro per l’impatto diretto sul nostro portafoglio). Così cerchiamo informazioni, ascoltiamo, cerchiamo di capire, leggiamo.
«C’è in Italia una crescita della consapevolezza di quanto le vicende internazionali influiscano direttamente nella vita quotidiana in termini di sicurezza materiale e di potere d’acquisto» ci racconta l’Ambasciatore Giampiero Massolo, autore di «Realpolitik» libro scritto assieme a Francesco Bechis, un testo in cui una per una si trattano le crisi mondiali in corso cercando, se esiste, un filo conduttore. A partire dall’attualità, dalla decisione della Russia di modificare i confini marittimi con la Finlandia…
«Non è la prima volta - ci dice l’ambasciatore Massolo - che gli stati si arrogano il diritto di intervenire sulle zone marittime facendo un po’ di testa loro; sono situazioni che avvengono per lo più per ragioni economiche, legate soprattutto allo sfruttamento delle aree e questo mette uno contro l’altro il paese a cui conviene contro quello a cui non conviene. Ovviamente ci sono momenti sullo scacchiere internazionale in cui queste cose hanno un peso diverso; in questo caso la Russia lo fa in una zona strategica soprattutto in un momento di guerra nel centro dell’Europa in cui la Russia è proprio l’aggressore. Si tratta quindi di una forma di escalation e intimidazione».
Russia-Ucraina-Nato
«L’aggressione russa in Ucraina ha provocato un soprassalto, una sorta di ritorno in vita della Nato, lungi quindi dall’essere cerebralmente morta come diceva poco tempo fa Macron. Ha ritrovato il nemico e un ruolo che sembrava superato dalla storia; non è un caso che paesi storicamente neutrali come la Svezia e la Finlandia siano entrati nell’alleanza atlantica aumentando il confine tra Russia e Nato di 1300 km. Il nodo centrale in quell’area è ristabilire la deterrenza; sarà difficile se non impossibile stabilire un contatto per arrivare ad un qualche esito in Ucraina se prima non si raggiunge un livello appunto di deterrenza di un certo peso per evitare che Mosca chiuso il conflitto in Ucraina possa pensare in 3-4 anni di allargarsi ulteriormente ad altre zone dell’Europa. Non è un caso che il Cremlino stia cercando di alzare la tensione proprio nella speranza di minare la coesione e la deterrenza occidentale».
L'Ambasciatore Giampaolo Massolo(Ansa)
Europa alla vigilia delle elezioni
«La politica in tutte le latitudini cerca il consenso, questo vale per l’Europa, per le prossime presidenziali negli Stati Uniti. E anche per la Russia, dove Putin per cercare di mantenere il potere - che laggiù è una cosa diversa dal vincere le elezioni - deve comunque saper mantenere l’appoggio ed il consenso di quegli oligarchi, degli apparati della difesa e sicurezza, della Russia più profonda più sensibile ai richiami del nazionalismo. L’Europa in questo momento ha il problema di rafforzare la consapevolezza di doversi difendere. Si trova davanti a tre sfide centrali per il proprio futuro: la prima è quella di creare una efficace difesa europea senza però perdere per strada gli americani: perché una deterrenza efficace verso Putin senza Washington non sarebbe credibile. La seconda sfida è quella della transizione energetica dove c’è anche un tema di fasi e tempi: quanto accelerare e quanto frenare, quali le conseguenze sull’apparato industriale europeo e quali i problemi con la concorrenza asiatica o statunitense. Poi c’è il terzo tema, quello dell’immigrazione per accentuarne la dimensione europea. Su questi temi Bruxelles è chiamata ad uno scatto di reni e questo indipendentemente da come vada il voto del 9 giugno prossimo».
Iran
«In questi anni, all’interno di un paese fortemente teocratico, si è sviluppata una generazione più giovane che non ha fatto la rivoluzione e che nel tempo ha assunto un peso sempre più rilevante specie nel complesso militare-industriale. Si tratta di una generazione più propensa al rischio, ad andare a vedere le carte dei competitors, a militarizzare il programma nucleare. Raisi rappresentava un punto di equilibrio tra questi Pasdaran e il mondo ultra conservatore ma allo stesso tempo appartenente ad un clero in qualche modo prudente. Adesso vediamo cosa succederà, vediamo il prossimo presidente da che estrazione proverrà. Se dovesse provenire da questa nuova generazione, porterebbe il paese su posizioni più assertive, quelle ad esempio che hanno dato il via all’azione diretta contro Israele. Per quanto riguarda invece l’opposizione interna dobbiamo ricordare come sia difficile trovare al mondo una nazione in cui ci sia uno scollamento così ampio tra il regime e l’opinione pubblica. Il paese reale non si riconosce in chi lo guida. Nell’opposizione tuttavia manca totalmente chi riesca a tradurre le sue istanze in movimento politico organizzato. Non ci sono leader, non c’è un movimento, c’è solo spontaneismo e questo non potrà mettere a rischio il governo».
Israele-Palestina
«Bisogna salvaguardare la prospettiva dei due stati: è essenziale per stabilizzare la Regione. E tuttavia mi chiedo se questo sia il momento giusto per azioni di riconoscimento formale che sembrano essere delle fughe in avanti, al di fuori di intese tra le due parti in conflitto. Il riconoscimento dello Stato palestinese dovrebbe avvenire nell’ambito di un accordo complessivo che dia sicurezza ad Israele, sicurezza ai paesi arabi moderati e, mi spingo oltre, che scoraggi l’Iran di fomentare instabilità contenendole le ambizioni regionali. Questi sarebbero gli elementi di un accordo complessivo, di un nuovo equilibrio, dove tutto si tiene. Sotto traccia ci si sta lavorando. Le fughe in avanti rischiano di accentuare ulteriormente le contrapposizioni».
Ambasciatore Massolo, esiste un legame tra tutte queste situazioni di crisi, esiste una spiegazione a tanta instabilità?
«Quello che sta succedendo è che stiamo uscendo dall’ordine mondiale liberale, a guida occidentale, basato sul libero mercato, senza ancora sapere verso quale altro assetto stiamo andando. Credevamo di avviarci verso un dualismo Cina-Stati Uniti, ma non sta accadendo perché molti Stati non vi si riconoscono. Non siamo nemmeno in un sistema multipolare, perché non ci sono ancora poli equivalenti che si confrontano. In questo momento siamo in una situazione in cui nessuno è in grado di dettare da solo tutti i temi dell’agenda globale. Un mondo acefalo, senza guida. Vedremo come si assesterà. Oggi coesistono tre filiere: quella della sicurezza, ancora dominata dagli Stati Uniti. Quella della convenienza e dei commerci condizionata dalla Cina. Quella della tecnologia dominata dalle big tech. Questi tre aspetti coesistono tra di loro, ma al momento ancora senza una sintesi. La maggioranza dei Paesi rifiuta di allinearsi ad una o all’altra filiera e preferisce schierarsi secondo l’interesse del momento. Una transizione ancora non breve…»