Chi è Massoud Barzani, leader degli indipendentisti curdi iracheni
Ex combattente, figlio di un eroe della Resistenza, grazie al referendum in Kurdistan consolida la sua immagine di patriarca del popolo curdo. E il suo potere
Come prevedibile, il referendum sull'indipendenza del Kurdistan iracheno, tenutosi il 25 settembre 2017, è stato un plebiscito di "sì". Mentre i curdi festeggiano, salgono le tensioni con il governo centrale di Baghdad e i Paesi vicini, in particolare la Turchia di Tayyip Erdogan, che da anni sostiene il governo curdo-iracheno di Massoud Barzani ma non tollera i venti indipendentisti curdi nella regione, temendo un effetto contagio.
Massoud Barzani, presidente del Governo regionale curdo e leader del Pdk (Partito democratico del Kurdistan), ha ottenuto ciò che voleva. Anche all'interno del Kurdistan iracheno, è stato lui il più convinto sostenitore del referendum, mentre il Puk (Unione Patriottica del Kurdistan) si è mostrato favorevole ma prudente e il Gorran (Movimento del Cambiamento), la terza forza politica interna, decisamente contrario. Quest'ultimo spinge piuttosto a un'autentica democratizzazione della regione, a partire dall'elezione di un nuovo presidente.
Leader degli indipendentisti curdi iracheni, ex combattente ma anche fine stratega, scopriamo meglio chi è Massoud Barzani e quali potrebbero essere i suoi piani.
Massoud Barzani, il patriarca dei curdi
Baffetti contenuti, inseparabile turbante, uomo riservato che raramente concede interviste, Massoud Barzani dal 2005 è presidente del Kurdistan iracheno. 71 anni, padre di otto figli, è anche "padre" delle speranze indipendentiste curde.
I suoi tantissimi sostenitori ostentano il suo ritratto con fervore. Lui, dal canto suo, proprio con il referendum vuole consolidare la sua immagine di patriarca del popolo curdo, impegnandosi a portare avanti il sogno secolare di uno Stato curdo, cent'anni fa promesso, a volte a un passo, sempre deluso.
Buon sangue non mente: Massoud è figlio di Mustafa Barzani, eroe delle Resistenza curda in Iraq e fondatore del Pdk, partito di maggioranza all'interno del parlamento curdo iracheno, legato alla famiglia Barzani. Anche lui ex Peshmerga (combattente curdo), Massoud Barzani ha affrontato a testa alta, senza cedere, le tante minacce e pressioni contro il referendum.
Il 25 settembre si è presentato al centro elettorale di saladino, nel nord della capitale Erbil, dove ha il suo ufficio e la sua residenza. Erano le 8.30 ore locali e ha votato "sì" all'indipendenza, senza rilasciare alcuna dichiarazione.
Cosa pensano i detrattori di Massoud Barzani
All'interno del Kurdistan iracheno non mancano però divisioni politiche. Ad alcuni osservatori attenti, il referendum sembra soprattutto una carta giocata da Massoud Barzani proprio per risolvere questioni intestine. Negli ultimi anni, infatti, la sua figura è stata delegittimata: il suo mandato di presidente sarebbe dovuto scadere nel 2013 e invece è stato prolungato due volte, in maniera ritenuta illegale dai rivali politici.
Secondo i suoi detrattori, che sognano comunque l'indipendenza, l'intento di Massoud Barzani è usare il referendum per aprire lunghi negoziati con Baghdad e rimanere quindi al potere. Ne trarrebbe vantaggio anche il suo clan Barzani, a partire dal figlio Masrour, capo dell'intelligence, e dal nipote Nechirvan, primo ministro.
Cosa ha promesso Massoud Barzani
Il referendum è solo di carattere consultivo e il suo risultato non è legalmente vincolante, anche perché considerato illegale dal governo di Baghdad. Quasi tutta la comunità internazionale, con l'eccezione di Israele, si è schierata contro il referendum.
Ora, però, le autorità di Erbil sentono dalla loro l'inedita legittimità di negoziare l'indipendenza "in nome del popolo del Kurdistan". Massoud Barzani ha garantito che le trattative con le autorità centrali continueranno: potranno durare due anni o due mesi, dipenderà dalla volontà del governo iracheno.
La finalità è risolvere una serie di contenziosi, tra cui quello relativo alla gestione delle ingenti risorse petrolifere del Kurdistan e dei territori occupati negli ultimi anni dai Peshmerga, durante la guerra all'Isis.