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(Musulmani in preghiera a Matera)
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Matera, Gravina, Altamura ed il boom delle moschee abusive

Viaggio in tre località del sud dove locali diventano luoghi di culto per i musulmani tra le preoccupazioni dei cittadini e l'impotenza dei comuni

Una cosa è in aumento nel Sud d’Italia: le moschee. A Matera, Capitale europea della cultura fino al 2033, come anche ad Altamura e a Gravina, si tratta di posti presi in affitto in zone defilate dal traffico, ma in pieno centro, dove non si fa chiasso e dove spesso i residenti nemmeno si accorgono della presenza dei nuovi vicini di casa, se non fosse per il fastidio provocato da comportamenti diversi da quelli occidentali.

I musulmani si muovono in piccoli gruppi e sono tutti uomini, tranne qualche rarissima eccezione. Abbiamo raccolto le voci di Anna, Sabina e Lucilla alle quali si è aggiunta la rabbia di Jimmi, il sogno di Ahmed e gli occhi sorpresi del sindaco della città dei Sassi, Domenico Bennardi che ci dice di non sapere assolutamente nulla dell’esistenza di una moschea in città e di non essere mai stato invitato a visitarla. “Immagino, di non essere stato invitato a visitare la moschea per timidezza, paura del giudizio. O forse si tratta di una semplice dimenticanza da parte di persone che cercano di integrarsi. Andrò a visitare la moschea e a conoscerli perché mi rendo conto delle difficoltà dei processi d’integrazione e di inclusione. Un esempio è quello che avviene a livello scolastico, dove le attività messe in campo sono impegnative per consentire agli studenti stranieri di seguire un percorso completo”.

Poco distante da Palazzo di città c’è Anna. Lei fa la commessa in un negozio di abbigliamento a 50 metri dal luogo di culto. Svoltato l’angolo eccola apparire sull’uscio del negozio. “Quando finisco di lavorare non mi sento più sicura. Spesso incontro gruppi di musulmani che si trattengono fuori dal vicolo dove sta la loro moschea. Loro si riuniscono per pregare, sono innocui. E poi so bene che la mia città è tranquilla, ma a volte faccio fatica a uscire dal negozio da sola perché ho paura. Sì, mi capita di avere paura perché quando incontro tanti uomini tutti insieme mi sento gli occhi addosso. Girano sempre in piccoli gruppi e incontrarli di sera può intimorire. Da noi, alle 8.30 c’è poca gente in giro perché è ora di cena e il buio e gli occhi addosso mettono timore”.

Anche Sabina, mentre siede al banco della gelateria dove lavora, ci tiene a dire la sua. “Questa zona di Matera è cambiata. E’ in pieno centro storico e, con l’apertura della piccola moschea, non tutto è come prima. Abbiamo visto aumentare la presenza di uomini nel quartiere. Non sono invadenti, sembrano molto tranquilli. Però, vederli in maniera massiccia e assembrata a parlare tra loro in una lingua straniera, dà la sensazione di sentirsi esclusi perché non si capisce quello che dicono. Di donne se ne vedono pochissime. Ne ho viste 3 o 4, sempre accompagnate da uomini, insomma mai sole e in famiglia. Se dovesse aumentare il numero di uomini in giro in questa zona, potremmo avere problemi con la nostra clientela. Per adesso gli orari non coincidono. Comunque, noi siamo a poche decine di metri dalla moschea che rimane in quel vicolo stretto. Per accedervi, bisogna superare l’arco. Quindi, noi non sappiamo cosa succede oltre l’arco”.

E in effetti, di fronte alla piccola moschea, ricavata in un lamione con pochissima luce, e dove spesso i fedeli sono costretti a pregare sistemando i tappetini fuori dal locale, c’è un mini market che vende prodotti orientali anche molto frequentato. E’ qui che Ahmed racconta di aver fondato un’associazione con 250 persone, prevalentemente bengalesi, e aver affittato un locale dove si prega insieme. Questo per lui è motivo di grande orgoglio e il prossimo passo è acquistare i locali per assicurare spazi di preghiera anche alle donne. Mentre per Jimmy, che di mestiere fa il ristoratore, la situazione è più complessa. Si pone mille domande sui permessi richiesti dalle istituzioni per poter aprire le attività. “Sono arrabbiato. Noi ristoratori dobbiamo stare attenti anche al tipo di luce che scegliamo di mettere nei locali. Mi chiedo come fanno gli stranieri ad ottenere il permesso per aprire i negozi. Pagano un affitto altissimo che arriva fino a 2500,00 Euro al mese. Non vendono granché e la luce che scelgono è il neon”. Anche Lucilla si lamenta. “Qui a Matera, gli stranieri sono in grado di pagare affitti altissimi. Anticipano anche due anni di mensilità, mentre noi facciamo fatica”.

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Rosita Stella Brienza

Laureata in Scienze della Comunicazione all'Università Lumsa di Roma; Master in Business e Comunicazione all'Istao di Ancona. Giornalista dal 2008 per Repubblica, La Nuova del Sud e Panorama.it. Dal 2015 collaboratrice a Radio Laser

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