Matteo Renzi: la strategia per il futuro
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Matteo Renzi: la strategia per il futuro

Il premier sta pensando a un gruppo di “responsabili” tra le varie forze politiche e a sostegno del governo, per rimpolparne i numeri parlamentari

A cosa pensava Matteo Renzi mentre, seduto a fianco del nuovo Presidente della Repubblica sulla landaulet presidenziale (sarebbe la Flaminia che i giornalisti si ostinano a chiamare "cabrio" o "decapottabile"), mentre osservava con espressione indecifrabile la (non densissima) folla plaudente?


Non aveva un’espressione troppo felice, il ragazzo toscano. Era solo perché non è abituato a fare il comprimario, e stavolta sapeva che gli applausi della folla e gli obbiettivi delle telecamere erano tutti per il compassato gentiluomo siciliano al suo fianco? O forse invece pensava al futuro?

Un futuro che il premier affronta ostentando la consueta sicurezza, godendosi il vento della vittoria che gli gonfia le vele, irridendo avversari e alleati. Anche in questo Renzi conferma di essere un politico diverso dai suoi predecessori. Dopo uno strappo, invece di lanciare messaggi rassicuranti, distensivi, aperturisti, sparge sale sulle ferite, persino su quelle dell’Ncd, fin qui sua alleata senza condizioni, punita per essersi permessa di sollevare timide obiezioni sul nome di Mattarella per il Quirinale.

Tanta sicurezza, che confina con l’arroganza, ricorda un po’ il Bettino Craxi del momenti di gloria. Immaginiamo che Renzi sappia, nonostante la giovane età, che Craxi impiegò molto poco tempo per passare da quegli atteggiamenti arroganti all’esilio di Hammamet.

Ed anche per questo ci domandiamo se tanta arroganza, tanto sfoggio di sicurezza, o di sicumera, non nasconda qualche preoccupazione di troppo. Forse erano queste a increspare di tanto in tanto, questa mattina, la fronte del vincitore della partita del Quirinale.

Per esempio la preoccupazione di avere troppe maggioranze, che potrebbe significare la possibilità di scegliere, ma anche il rischio di ritrovarsi a non averne nessuna.

Se Renzi vorrà governare fino al 2018, non gli basterà mandare in porto le riforme istituzionali. Su queste, a meno di stravolgimenti, è ragionevole prevedere che i soggetti che le hanno sostenute finora non possano, di punto in bianco, tirarsi indietro a titolo di ritorsione. Il percorso forse si farà più accidentato, ma potrebbero andare in porto.

Il fatto è che gli italiani non mangiano, non vestono e non abitano le riforme istituzionali. Queste sono un importante dato d’immagine, a lungo termine faranno bene al paese, ma non è su questo che Renzi manterrà o perderà il consenso di cui gode.

Esiste una serie di temi concreti, dirimenti, dall’applicazione del Jobs Act fino alla riforma delle banche popolari, per citare solo i più immediati e controversi, su cui il governo dovrà cercare una maggioranza in Parlamento, Nessuna delle tre sulle quali si è retto finora, infatti, sembra adeguata a garantirgli i numeri sufficienti.

È pensabile che la sinistra del Pd e i Vendoliani, solo perché il capo dello Stato è Mattarella, diventino più morbidi su questi temi? Più in generale, è possibile che abbiano rinunciato al proposito di battere il prima possibile un leader che considerano un corpo estraneo? La sinistra aspettava al varco Renzi, alle votazioni per il Quirinale, immaginando di impallinare il candidato, qualunque esso fosse, proposto dal Segretario del Pd.  L’abile Matteo, scegliendo Mattarella, ha stoppato questa manovra. I suoi avversari interni gliene saranno grati, al di là delle frasi di circostanza, o saranno ancora più incattiviti?

E che dire di Ncd? Un partito umiliato in modo esplicito, persino brutale, quasi a sottolinearne l’irrilevanza. È pensabile che Alfano non provi nemmeno a far finta di reagire? E se non lo farà (l’uomo non è proprio l’emblema del coraggio) in quanti lo abbandoneranno ancora? Al Senato la maggioranza è gracilissima…

Rimane Berlusconi. Molti avevano immaginato che fra il leader del centrodestra e il presidente del Consiglio ci fosse un rapporto politico e personale che andava al di là delle riforme. Renzi, con la sua scelta sul Quirinale, ha smentito in modo plateale questo scenario. 

Naturalmente questo non rimarrà senza conseguenze. Berlusconi sarà costretto, al di là delle sue stesse intenzioni, ad irrigidire il proprio atteggiamento. Gli uomini più favorevoli alla trattativa con Renzi ne escono ovviamente indeboliti e forse delegittimati. Gli oppositori interni, quando Renzi ha annunciato il nome di Mattarella, saltavano di gioia in Transatlantico, senza neppure curarsi di mascherare la loro soddisfazione. E ora approfittano dell’occasione per “bombardare il quartier generale”. E’ evidente che, comunque si concludano le vicende interne al maggior partito del centro-destra, le cose non saranno più come prima.

Naturalmente Lega e Grillini sono fuori da ogni possibile gioco. 

E allora cosa rimane a Renzi? L’arma atomica delle elezioni anticipate. È uno strumento potente, capace di ricompattare parlamentari riottosi ma terrorizzati alla prospettiva di perdere posto e stipendio. Chi si oppone oggi a Renzi ha la certezza matematica di non rimettere piede in Parlamento, almeno non nelle liste del Pd.  

Ma, come insegna la storia degli ultimi 70 anni, l’arma atomica ha un limite, che ha impedito fortunatamente ad Usa e Urss di farne uso anche nei momenti peggiori della guerra fredda. La potenza che avesse deciso di usare le testate nucleari, infatti, avrebbe inferto danni terribili all’avversario, ma avrebbe subito danni altrettanto terribili al proprio territorio e alla propria popolazione. Le armi atomiche non sono mai state usate non per ragioni morali, ma perché non sarebbe convenuto davvero a nessuno.


L’arma atomica di Renzi ha lo stesso problema. Fino a quando non sono state portate a termine la riforma elettorale e quella costituzionale, ogni elezione politica, qualunque fosse il risultato, renderebbe Renzi più debole di oggi in Parlamento, o quantomeno al Senato. E quindi ancora più costretto a venire a patti con qualcuno, probabilmente proprio con Berlusconi, visto che le elezioni probabilmente porterebbero alla scomparsa di Ncd dalla scena parlamentare. 

Dunque Renzi fino all’approvazione della riforma costituzionale, per la quale oltretutto ha bisogno dei voti di Forza Italia, non può usare credibilmente il ricatto elettorale.

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Cosa gli rimane ancora? Matteo e i suoi stanno lavorando da tempo a un piano di emergenza: la creazione di un gruppo di “responsabili”, parlamentari raccolti fra grillini dissidenti, Ncd in fuga, centristi allo sbando e magari anche qualche transfuga azzurro, che potrebbero mettere insieme un gruppo di “ascari” a sostegno del governo per rimpolparne i numeri parlamentari. Un’operazione uguale e contraria a quella realizzata a sostegno del governo Berlusconi nella scorsa legislatura, quando la rottura del Popolo della Libertà e l’uscita di Fini e dei suoi posero a rischio i numeri del governo. 

Inutile aggiungere che i poveri “responsabili”, nel 2010/11 furono fatti oggetto dalla sinistra di ogni possibile insulto, scherno, contumelia, sarcasmo, accuse di corruzione e di ogni altra possibile infamità.

Oggi per l’innovatore Renzi, il ragazzo proiettato verso il futuro, il leader vincente, il progressista senza se e senza ma, reggersi sui voti degli Scilipoti e dei Razzi del 2015 sarebbe non solo imbarazzante, ma anche difficile da reggere a lungo.

Erano questi, abbiamo motivo di credere, i pensieri che oggi si affollavano nella mente di Renzi, distraendolo dall’affascinante spettacolo dei Corazzieri a cavallo che scortavano la Flaminia 335 nella salita verso il Colle più alto…


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