Mdp lascia la maggioranza: cosa (non) cambia
Già da tempo il PD cercava nuovi alleati. Ma lo strappo dei bersaniani rende ancora più aspra la battaglia interna tra ex compagni di partito
Quando Federico Fornaro ha paragonato Gentiloni a Mussolini, lo strappo tra Mdp e il Pd si è consumato in maniera irreparabile. L’intervento del senatore di Mdp dal palco allestito fuori dal Senato per la manifestazione contro il Rosatellum si accoda al “non ci sono le condizioni per il dialogo con il Pd” di Miguel Gotor e all’annuncio della capogruppo al Senato, Cecilia Guerra: Mdp esce dalla maggioranza.
Poi il 24 ottobre la salita al Colle dei capigruppo che non fa che formalizzare quello che da mesi si consuma già nelle aule parlamentari e che aveva toccato il suo punto più evidente con le dimissioni di Filippo Bubbico dalla carica di Sottosegretario al Ministero dell’Interno. Lui che aveva resistito nella sua posizione governativa pur avendo partecipato alla scissione degli ex bersaniani dal partito di governo.
Guardando alla cronaca lo strappo non cambia quindi le sorti del governo che già da tempo è costretto a cercare nuovi alleati negli scranni parlamentari pur di far tornare i conti in aula.
Perché è importante
Semmai da oggi inizia una nuova fase personale tra gli ex compagni di partito. L’aver paragonato Gentiloni a Mussolini nella scelta di aver posto il doppio voto di fiducia e aver invitato anche il Movimento 5 stelle sul palco della manifestazione a parlare, ha segnato lo spartiacque su ogni ipotesi di dialogo. Scenario in cui non ha mai creduto molto nessuna delle parti in causa.
Perché se da un lato sono stati offerti ramoscelli d’ulivo, sotto il tavolo sono continuati a volare i coltelli. Il 24 ottobre altri cinque senatori dem hanno annunciato che faranno mancare il loro sostegno al Rosatellum e probabilmente usciranno dal Pd. Si tratta di nomi di peso per il partito in grado di portare con sé altri pezzi. Così il Pd rischia di perdere anche Vannino Chiti, Walter Tocci, Luigi Manconi e Claudio Micheloni in quel ramo del parlamento dove il governo si regge sul filo.
L'ultima partita della legislatura
Intanto il 27 ottobre inizia al Senato l’ultima grande partita della legislatura: la sessione di bilancio.
Si tratta della legge più importante dell’anno parlamentare, quella che stabilisce gli impegni di spesa dello Stato. Una legge sulla quale Mdp nei giorni scorsi ha chiesto interventi precisi. È un’altra partita che si apre per un governo in scadenza ma che vede gli ultimi metri sempre più in salita e con una base sempre più logora.
Sarà una legge di bilancio dal sapore elettorale che cercherà con interventi precisi di dare alcune risposte a parti di elettorato in attesa. Una pesca allo strascico nei malumori della gente, cercando di dare qualche risposta ai mal di pancia di chi da tempo ha scelto il voto di protesta. La fatica degli ultimi giorni fa ipotizzare che si potrebbe andare al voto anche prima di quel 4 marzo che era stato cerchiato sul calendario. Intanto si aspetta di vedere come andranno le elezioni in Sicilia, quando i partiti avranno modo di misurarsi con l’elettorato, come in una prova generale del voto del 2018.