Meloni sola nel patto anti-inciucio. E gli altri che fanno?
L'unica firma è la sua, mentre tutti gli altri partiti si lasciano le mani libere per eventuali accordi nel caso le cose andassero male
Il giuramento anti-inciucio nelle ultime ore ha diviso la coalizione di centro destra. Berlusconi lo ritiene dannoso, Salvini non ha tempo e per Giorgia Meloni è fondamentale. Così tanto, che ieri ha raccolto a Roma i candidati di Fratelli d'Italia per giurare insieme che non ci saranno mai accordi con il Movimento 5 stelle, né tantomeno con il Pd.
All'appuntamento erano stati invitati anche Berlusconi e Salvini che però hanno dato forfait, suscitando parecchi malumori tra gli esponenti di Fratelli d'Italia che per suggellare la solennità del giuramento hanno chiuso l'appuntamento del cinema Adriano, con una trasferta all'Altare della Patria dove la leader Meloni ha deposto una corona di fiori in memoria degli italiani uccisi nelle foibe.
Se l'impegno di Giorgia Meloni è chiaro, l'assenza degli altri due leader lascia aperti diversi scenari per la gestione post elettorale, facendo trasparire che neanche nella coalizione più vicina alla vittoria ci sia piena unanimità sulla roadmap da seguire all'indomani del 4 marzo.
Nuovi contatti tra Renzi e Berlusconi
In effetti, questa mattina, diversi quotidiani rivelano un riavvicinamento tra Berlusconi e Renzi, il quale alla trasmissione InMezz'ora di Lucia Annunziata si è dichiarato pronto ad un nuovo Patto del Nazareno.
Di certo al leader del Pd non resta che un accordo con Forza Italia per poter sperare di contare qualcosa nella prossima legislatura.
Con il Pd in calo e la terra bruciata con cui il segretario si è progressivamente circondato, non gli rimane tanta scelta su possibili future alleanze, ora che anche Prodi lo ha "scaricato" definitivamente.
Un governo per cambiare la legge elettorale
Inoltre, se l'esito delle urne non fosse quello sperato dalla coalizione di centrodestra, con le mani “libere” Berlusconi potrebbe aprire a un Gentiloni bis che si occupi prima di tutto di modificare la legge elettorale e portare in aula la manovra finanziaria per tornare nel più breve tempo possibile alle urne, ma comunque non a ottobre.
Così come non è esclusa un'intesa tra Salvini e Di Maio su pochi punti di programma che vanno dall'immigrazione all'abolizione della legge Fornero.
Basta un piano b?
E' chiaro che con la legge elettorale in vigore, fortemente proporzionale, ognuno in questi ultimi giorni di campagna elettorale cerca di tirare quanta più acqua al suo mulino, per poter sperare di prendere un voto più degli altri, utile nel momento delle trattative post elettorali.
E' un tutti contro tutti che si giustifica anche all'interno di quelle che potrebbero essere le future coalizioni di governo. D'altronde il dibattito interno tra Salvini e Berlusconi si incentra soprattutto su chi prenderà quel voto in più utile a indicare il futuro premier.
Naturalmente, il tema dei voti è centrale per tutte le forze in campo, da destra a sinistra, che in queste ore sono intente a studiare un piano B, C e D, nel caso le cose, alle elezioni, non andassero benissimo.