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Merkel-Macron: perché l'asse è già cosa morta

Le difficoltà politiche del cancelliere in Germania minacciano la tenuta dell'Europa. Se così fosse la Francia non potrà che soccombere

Solo pochi mesi fa il rilancio dell’Europa sembrava cosa fatta. L’elezione trionfale di Emmanuel Macron all’Eliseo e la scontata conferma di Angela Merkel al quarto mandato come cancelliere facevano ipotizzare a molti osservatori un nuovo asse franco-tedesco. La riedizione moderna della solida alleanza politico-economica che ha trascinato l’Europa reduce dalla guerra del 1945 sino ai primi anni Duemila.

Ma, come il detto popolare suggerisce, "la meraviglia dura tre giorni". Cosa soprattutto vera per Macron, che oggi appare un lento diesel di seconda mano (ma quanto somiglia a Giscard d’Estaing, classe 1926!) rispetto alla fiammeggiante fuoriserie “venduta” in campagna elettorale. E Angela Merkel ha sì vinto le elezioni, ma adesso deve pagare un debito politico ai suoi nuovi alleati e questo incaglio potrebbe essere la tomba del rilancio europeo.

Se infatti è vero che gli alleati della CSU chiederanno alla Merkel di stringere le maglie in tema immigrazione (la cosiddetta Obergrenze), altrettanto faranno i liberali del FDP che chiederanno ancora più rigore e austerità nei confronti dei partner europei.

Wolfang Schäuble lo ricorderemo come un moderato dal cuore d’oro. Sembra una barzelletta, ma non lo è. Il leader dei liberali si chiama Christian Lindner, ha quasi l’età di Macron, e qui finiscono le analogie. Come il secondo è europeista, il primo no. Punto. Non vuole la condivisione del debito europeo, leggi Eurobond. Non vuole il ministro unico delle finanze europee. Non vuole la Grecia tra i piedi se la Grecia non serve più a galvanizzare la bilancia commerciale tedesca, già alle stelle.

La strategia di Macron è quindi già morta perché se è vero che Grecia, Spagna e Italia sono bombe a orologeria pronte a esplodere, la Francia in termini di pareggio di bilancio è messa male. Macron ha vinto le presidenziali (e le amministrative) con una linea precisa: cambiare le regole dell’austerità europea per permettere il rilancio di tutta l’economia continentale, senza dimenticarsi dei parenti poveri, ma nemmeno di quelli illustri decaduti, vedi Parigi appunto.

Macron guardava a Berlino ma Berlino intanto guardava già verso la "Giamaica", il nome che viene dato alla futura coalizione di governo nero-giallo-verde tra CDU, liberali e verdi. Se gli ultimi cercheranno di tutelare il lato “sinistro” del programma del cancelliere, sul lato opposto la Merkel dovrà dare il meglio di sé per non cedere alla doppia pressione, su migranti e su finanze, che gli stanno portando gli alleati scomodi della CSU bavarese della FDP di Lindner.

In un mondo dove il trumpismo non è ancora dottrina ma in ogni caso influenza l’agenda politica internazionale, se la Germania dovesse virare verso un atteggiamento “egoistico” - attraverso il tetto al numero di migranti e il rigore più assoluto verso i partner europei in difficoltà finanziaria – l’Europa cambierà volto.

Dopo Brexit, solo la Germania avrà la statura economico-finanziaria per affrontare il prossimo decennio con una prospettiva di crescita; per questo è cruciale l’esito della lotta di potere in corso queste ore a Berlino. Se Merkel dovesse soccombere alle richieste drastiche dei suoi nuovi alleati, l’integrazione europea riceverebbe un colpo quasi mortale.

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Alessandro Turci

Alessandro Turci (Sanremo 1970) è documentarista freelance e senior analyst presso Aspenia dove si occupa di politica estera

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